Grandissima è stata l’emozione provata in molti momenti delle quasi cinque ore e mezzo di spettacolo che hanno caratterizzato l’edizione vista a La Scala di Milano e diretta da Daniel Barenboim con la regia di Guy Cassiers, scene e luci di Enrico Bagnoli, e costumi di Tim Van Steenbergen.
Sigfrido è la seconda giornata della tetralogia de “L’anello del Nibelungo” che il teatro milanese ha deciso di proporre per intero. L’esecuzione della tetralogia è cominciata il 13 maggio 2010 con l’“Oro del Reno”, che ne rappresenta il prologo, e proseguita il 7 dicembre dello stesso anno con “La Valchiria”, la prima giornata. L’ultima opera del Ring, “Il Crepuscolo degli Dei”, sarà presentata nel corso della prossima stagione, in cui cadrà il bicentenario della nascita di Wagner.
Per onorare il grande musicista, La Scala proporrà inoltre, a giugno, due cicli della tetralogia completa, che qui non veniva presentata tutta insieme (in una settimana, come da desiderio del compositore) dal 1938. Tutte e quattro le opere, dirette da Daniel Barenboim, saranno firmate da Cassiers.
Ma torniamo al “Siegfried”, che fu rappresentato per la prima volta il 16 agosto 1876 a Bayreuth, in occasione della prima esecuzione completa della tetralogia.
Molto difficile e complesso narrare i fatti dell’opera, che rimandano a diverse saghe nordiche. Ci proviamo, attenendoci ai fatti più importanti.
Il “Sigfrido”, come si è detto, prosegue nel racconto ciò che è accaduto ne “La Valchiria”, che si conclude con la condanna di Brunilde al sonno eterno, circondata da un cerchio di fuoco che solo un eroe senza paura potrà varcare per svegliarla.
La sua colpa è stata quella di aver tentato, contro la volontà del padre, il dio Wotan, di salvare Siegmund e aver fatto fuggire la sorella Sieglinde con il bimbo in grembo, frutto dell’incesto.
Quel bimbo sarà Sigfrido, che verrà allevato dal subdolo nano Mime, con l’intento di servirsi di lui. Diventato adulto, riforgiata la spada Nothung del padre, ucciderà il drago Fafner, custode dell’anello fatato, plasmato con l’oro rubato al Reno che lo renderà invincibile.
Forte di questa conquista, riuscirà a superare il cerchio di fuoco, conoscendo la paura dell’ignoto e i palpiti dell’amore davanti a Brunilde, e con un bacio la sveglierà innamorandosene, ricambiato.
Il racconto è altresì puntellato dalle premonizioni degli Dei: Wotan travestito da viandante e Erda, la dea della terra, che prefigurano il loro crepuscolo.
Come si vede una trama complessa che affonda nei miti della tradizione tedesca ma ulteriormente imbevuta di molte eco misticheggianti, che a nostro modo di vedere appesantiscono tutta l’opera.
Prendere o lasciare, dunque? Noi rimaniamo a metà (e ci scusino i wagneriani doc), lasciando molto ma prendendo anche parecchio, e rimanendo incantati davanti a diversi momenti dell’opera, soprattutto a quelli dove il sinfonismo dei temi proposti (i famosi leitmotiv che Wagner chiamava Grundthema) si sposano perfettamente, senza ridondanze di sorta, con ciò che vediamo in scena: l’antro di Mime, la costruzione della spada, gli incanti della foresta, i temi dedicati a Fafner, a Wotan e Erda, il risveglio di Brunilde.
E’ anche doveroso rammentare che ben dodici anni intercorsero nella stesura da parte del compositore tedesco tra il secondo e il terzo atto (nel frattempo aveva scritto “Tristano e Isotta” e i “Maestri cantori” ) senza che in qualche modo l’ispirazione musicale venisse interrotta. Tornando alla Scala, è molto arduo proporre un’edizione convincente del Sigfrido, oggi e soprattutto in Italia, sia dal punto di vista interpretativo (mancando la tradizione, non ci sono infatti cantanti italiani che possano cantare i vari ruoli e difatti non c’è nessun italiano nell’edizione proposta), sia e soprattutto scenicamente, dove la reinvenzione del contesto è assai rischiosa, sempre in bilico com’è tra mito e fiaba.
Nella versione vista a Milano, Guy Cassiers, Enrico Bagnoli e Tim Van Steenbergen preferiscono di gran lunga il ferro reinventato dalla luce al legno, lasciando alle immagini in movimento, soprattutto, gli incanti della natura.
L’antro di Mime del primo atto è composto infatti da pavimenti e pareti fatti di cubi e gabbie di ferro. Meglio, a nostro avviso, pur nella sua poetica semplicità, la foresta del secondo atto, evocata con delle cascate di teli, dove la luce riesce a rendere le diverse atmosfere, e con il drago Fafner e le sue magie costruite con un semplice lenzuolo multiforme, variamente illuminato con mimi che lo accompagnano.
Di semplice ed evocativa fattura, dove ancora la luce la fa da padrone, anche l’abitacolo di Erda, i fuochi che circondano Brunilde e la montagna dove dorme la figlia di Wotan ed Erda, fatta di cartapesta: scenografie queste, sempre accompagnate da efficaci proiezioni di suggestiva atmosfera. Scuri tutti i costumi, che anche qui non ammiccano mai al contesto naturale in cui si svolge la vicenda, ma rimandano sempre al cupo destino che sovrasta tutti i protagonisti.
Nessuna delle voci in campo ci ha particolarmente incantato, pur nella loro corretta interpretazione, tranne forse Alexander Tsymbalyuk, che dà consistenza scultorea alla voce di Fafner, il drago e Rinnat Moriah (l’uccellino del bosco). Ma dobbiamo anche dire che Lance Ryan, nei panni di Siegfried, possiede senz’altro il ‘phisique du role’ del personaggio.
La grande forza dello spettacolo è però affidata soprattutto alla direzione di Barenboim, che riesce ad esaltare anche tutte le piccole sottigliezze e le ricerche timbriche che invadono i temi e si rincorrono nella partitura wagneriana, restituendoci in pieno ciò che il compositore tedesco pretendeva dalla sua musica.
Siegfried (Der Ring des Nibelungen)
Direttore: Daniel Barenboim
Regia: Guy Cassiers
Scene: Guy Cassiers e Enrico Bagnoli
Costumi: Tim van Steenbergen
Luci: Enrico Bagnoli
Video: Arjen Klerkx e Kurt D’Haeseleer
Cast:
Siegfried: Lance Ryan
Mime: Peter Bronder
Der Wanderer: Terje Stensvold
Alberich Johannes: Martin Kränzle
Fafner Alexander: Tsymbalyuk ErdaAnna
Larsson Brünnhilde: Nina Stemme (23, 27, 31 ottobre; 4 novembre) Iréne Theorin (18 novembre)
Stimme des Waldvogels: Rinnat Moriah
Danzatori: Yuta Hamaguchi, Albert Garcia Sauri, Christophe Linéré, Uri Burger, Gabriel Galindez Cruz
In coproduzione con Staatsoper unter den Linden, Berlino
In collaborazione con Toneelhuis- Antwerpen
Durata: 5h 25’
Visto a Milano, Teatro alla Scala, il 17 novembre 2012
Alessio Di Benedetto Lucia Petitti
VIAGGIO DI UN ARTISTA NEL TEMPO-LA VIA DELLA TERRA DI MEZZO
http://alessiodibenedetto.jimdo.com/novita-2013/
IN OCCASIONE DEL BICENTENARIO DELLA NASCITA DI
RICHARD WAGNER (22 MAGGIO 1813, ORE 4,20)
IL ROMANZO DELLA SUA AFFASCINANTE VITA E DEI SUOI VIAGGI NEL TEMPO
http://alessiodibenedetto.blogspot.it/
IL LIBRO DI COMPONE DI 260 PAGINE E 148 IMMAGINI (OTTAVO A COLORI, EURO 20), LA MAGGIOR PARTE SCATTATE DA LUCIA PETITTI DURANTE IL NOSTRO VIAGGIO IN GERMANIA DI 3 ANNI FA. COMPRENDE LE FOTO DEI LUOGHI PIU’ SUGGESTIVI DAI CASTELLI DI LUDWIG DI BAVIERA A MONTSEGUR, DA ENGE, LA VERDE COLLINA DI ZURIGO A TRIBSHEN, DA VENEZIA, NELLE SUE ANTICHE FOGGE, A STARNBERG, ALLA CAPPELLA VOTIVA, DA ROSENINSEL DOVE WAGNER E LUDWIG S’INCONTRAVANO CON SISSI, DAI DIPINTI DI NEUSCHWANSTEIN A HOHENSCHWANGAU, DA LINDERHOF A BAYREUTH, DALLE PRINCIPALI SCENE DELLE OPERE WAGNERIANE AL COMPLOTTO PER ASSASSINARE IL RE ARTISTA DI BAVIERA, DAI DISCHI VOLANTI NAZISTI AL DISCORSO DI WAGNER NEL BUNKER DELLA CANCELLERIA CON HITLER PER ALCUNI CHIARIMENTI SULL’APPROPRIAZIONE INDEBITA FATTA A DANNO DELLA SUA MUSICA DAL DITTATORE DEL NAZIONALSOCIALISMO, DALLA STORIA DEI CHAZARI AL SIONISMO, DA VILLA WAHNFRIED AL TEATRO DI BAYREUTH, DALLE SCIE CHIMICHE AL SISTEMA HAARP E AGLI OGM, DALL’USURA BANCARIA FINO AI SUPERVIRUS E MICROCHIP, DAL CLUB BILDERBERG ALLA CLONAZIONE, FINO ALLE PREVISIONI PER IL FUTURO PIU’ LONTANO DELL’UMANITA’ ATTRAVERSO I CUNICOLI SPAZIOTEMPORALI DELL’ARTE WAGNERIANA…