La denuncia di Garcia Lorca nell’estetica della Piccola Compagnia della Magnolia

La casa di Bernarda Alba

Una scacchiera di ruoli con pedine nere ma dai bianchi visi di porcellana. Che sembrano muoversi in maniera sincopata, frenetica, all’interno di quella che è la casa e la vita della vecchia Bernarda Alba.
Il testo del 1936 di Federico Garcia Lorca (terminato due mesi prima dell’uccisione per mano dei nazionalisti) fa parte di una trilogia incentrata sul ruolo della donna e sulla sua sottomissione nella Spagna rurale degli anni ’30.

Bernarda Alba, dispotica madre di cinque giovani donne, dopo la morte del secondo marito impone a tutte le figlie un lutto esibito nell’assoluto divieto di ogni contatto con il genere maschile. Unica eccezione è per la maggiore, Angustia, predestinata a sposarsi con Pepe.
Sarà l’invidia delle altre e la relazione clandestina della più giovane, Adela, con lo stesso Pepe, a scatenare rancori e veleni all’interno della famiglia, fino a condurre Adela al suicidio.

La Piccola Compagnia della Magnolia allestisce lo spettacolo in coproduzione con il Théâtre de l’Épée de Bois della Cartoucherie di Parigi, che lo crea nel 2001 al Teatro Espada de Madera di Madrid. È Antonio Dìaz-Floriàn, fondatore nel ’69 del Théâtre de l’Épée de Bois, a curare la regia: “Crediamo che Lorca in quest’opera non abbia voluto dipingere delle donne, ma degli esseri con l’anima e il corpo deviati da principi che la Bibbia stessa ci insegna. Eva, la prima donna, simbolo del male: si deve ad ogni costo reprimere il demone che in lei si rifugia”. E così, sul finale, a tutela delle apparenze, le ‘verità’ che Bernarda Alba impone sulle lacrime delle altre quattro figlie sono il totale silenzio sull’intera vicenda e l’invocata verginità della suicida Adela.
E se in alcuni istanti l’asfissia della madre pare quasi in difficoltà nel tenere strette le catene delle proprie figlie, sarà lo stesso anelito – irrealizzabile – di libertà a bruciarne le anime. Degli uomini si deve avere timore e riverenza, insegna Bernarda a ragazze strattonate fra desideri carnali che neppure lei può inibire del tutto. Fino ad intravedersi perfino l’omosessualità, conosciuta e sofferta dallo stesso Lorca, nascosta sotto i ricami dei veli da Chiesa.

Le sette protagoniste, ridotte a nane dalla posizione in ginocchio a sottolineare una condizione di sudditanza e fatica, vogliono ricordare le Meninas di Velasquez o le figure di Goya. L’inquietudine dei visi bianchi, su cui domina il nero degli occhi e dei vestiti a lutto, è incisivo. A calcare l’atmosfera anche una recitazione antinaturalistica, definita dalla stessa compagnia barocca, che punta sulla mimica facciale tanto da trasformare i personaggi quasi in maschere. Ed è proprio l’intero contesto, sottolineato dai tre grandi candelabri a terra e dalle quindici candele accese, a stridere in un ambiente come quello in cui viene riproposto lo spettacolo a Bollengo. Troppa luce, incapace di nascondere un teatro di paese che si sarebbe preferito vedere sprofondare in un buio avvolgente, migliore cornice agli incisivi e grotteschi quadri estetici che le attrici sanno creare fin dall’arrivo in teatro.

LA CASA DI BERNARDA ALBA
di Federico Garcia Lorca
regia: Antonio Dìaz-Floriàn
assistenza alla regia: Graziella Lacagnina e Davide Giglio
direzione d’attore: Giorgia Cerruti
con: Giorgia Cerruti, Luisa Accorsero, Raffaella Tomellini, Noemi Scala, Claudia Martore, Valentina Tullio, Andrea Romeri
ideazione costumi: Abel Alba
atelier costumi : G. B. Botta, D. Giglio, A. Picari, C. Nigra
scenografia: David Léon
luci: Pascal Perez
durata: 1h 22’
applausi del pubblico: 1′ 45”

Visto a Bollengo (TO), piazza del Municipio, il 14 settembre 2008
Festival Morenica

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