La compagnia milanese Quelli di Grock propone, per la seconda stagione di fila, la sua re-interpretazione del capolavoro goldoniano “La Locandiera”. Fedele al suo linguaggio, che proviene dalle esperienze di clownerie, mimo e studio del corpo, Quelli di Grock, con la regia di Valeria Cavalli e Claudio Intropido, propone un lavoro particolare, certamente lontano da quello che siamo abituati a vedere con autori come Goldoni.
E in effetti sono anni che la compagnia propone spettacoli che cercano di portare al pubblico le atmosfere e i ritmi di testi classici attraverso una rilettura del tutto personale. Rilettura che, questa volta, fa sì che Mirandolina, la storica locandiera, sia interpretata da un uomo.
Il cast, totalmente maschile, dimostra come sia possibile trattare un personaggio come Mirandolina rendendolo perno centrale dello spettacolo, com’è nell’opera goldoniana, ma snaturandolo nella sua forma espressiva più evidente: la parola. Mirandolina, infatti, si muove sulla scena e diventa motore centrale della vicenda senza parlare mai. La fisicità unica di Andrea Ruberti, mimo storico della compagnia, riesce a trasmettere al pubblico più di quello che potrebbe dire con le parole. La locandiera diventa qui un personaggio magnetico, ambiguo e intrigante, percorso da una forza viva, che forse ha più elementi sensuali ed erotici di quanti ne avrebbe voluti l’autore, e capace di raccontare una Mirandolina moderna in modo interessante e coinvolgente. Le sinuosità Ruberti e la sua capacità di far esprimere il corpo portano ad entrare nella vicenda con curiosità e desiderio, senza mai domandarsi il motivo del suo mutismo: perché braccia, schiena, gambe ed occhi dell’attore parlano già da sé.
Discutibile, invece, la scelta drammaturgica di far interpretare le due dame, Ortensia e Dejanira (Alessandro Larocca e Max Zatta, per altro ottimi attori), da due uomini vestiti da donne. Se la figura di Mirandolina, magistralmente interpretata, ha infatti un senso e può rappresentare la donna di oggi (moderna, seduttiva, indipendente e capace – pur vagamente distante da quella inventata da Goldoni – proprio per il suo carattere di donna-maschera, che non parla e si muove sulla scena solo grazie alla gestualità raffinata), le due dame con parrucca e vestito offrono momenti più vicini al cabaret. Uno straniamento per lo spettatore, pronto ad accogliere il carattere grottesco di Quelli di Grock e l’energia dei suoi attori, ma meno certi momenti di avanspettacolo nazional-popolare tirati un po’ troppo per le lunghe.
Interessante, al contrario, la figura di Fabrizio (Enrico Ballardini), che apre lo spettacolo con una riflessione sull’amore per Mirandolina e ci conduce nella locanda, quasi fosse lui il narratore della vicenda. Il personaggio, che per tutto lo spettacolo sembra relegato ad una posizione di sfondo, costretto a muoversi secondo le esigenze e le trame della protagonista, ha in realtà un ruolo chiave, che verrà svelato solo alla fine. Sarà infatti lui a sposare Mirandolina, e lo dirà nel modo più semplice del mondo, chiudendo in una frase tutte le dissidie amorose tra i contendenti della donna, il conte, il marchese e il cavaliere.
Gli altri personaggi vengono raccontati restando fedeli al testo ma anche a se stessi, offrendo un’interpretazione farsesca e caricaturale. Forse un po’ troppo in alcuni casi, quando l’ammiccamento diventa più importante del messaggio, ma mai nel caso del Marchese di Forlimpopoli e del Conte di Albafiorita (Igor Loddo e Maurizio Salvalalio), che riescono a far ridere e commuovere delle loro miserie con pochi gesti: una recitazione grottesca di lazzi e motti che, in altri momenti, offre profondità e poesia, raccontando la pochezza di personaggi borghesi tesi solo alla ricerca di arricchimento e status sociale.
Seppure un po’ frammentato e con qualche momento di stasi, lo spettacolo è godibile e la bravura degli attori, tutti, accompagna lo spettatore alla scoperta di una nuova “Locandiera”, dove le belle musiche di Gipo Gurrado (che collabora da anni con la compagnia) assecondano i momenti poetici e portano respiro a tutto il lavoro.
Fino al 28 marzo.
tratto da Carlo Goldoni
regia: Valeria Cavalli e Claudio Intropido
con: Enrico Ballardini, Alessandro Larocca, Igor Loddo, Marco Oliva, Andrea Ruberti, Maurizio Salvalalio, Max Zatta
durata: 1h 30′
applausi del pubblico: 02′ 04”
Visto a Milano, Teatro Leonardo da Vinci, il 12 marzo 2010