Un teatro “Nazionalpopolare” nel senso più comune del termine: è forse questa la frontiera verso cui ci vuole condurre Serena Sinigaglia con quello che potrebbe essere definito uno spettacolo-manifesto, andato in scena nella ‘casa’ della compagnia, in quel Teatro Ringhiera della periferia milanese.
Lontano dalla figura di intellettuale distante dal popolo, organico come denunciato da Antonio Gramsci nel 1934 e citato ad inizio dello spettacolo, l’Atir vuole proprio parlare a quel “popolo”, anzi, lo si vuole rendere protagonista!
E proprio della storia dell’uomo comune e del suo rapporto con la cultura e in particolare con la televisione, il lavoro scritto da Renata Ciavarino ci racconta in una sorta di conferenza teatrale a tre voci.
Al centro della narrazione c’è una donna di 42 anni (interpretata dalla stessa Sinigaglia, che riveste il ruolo con sfumature autobiografiche) che, dopo una scanzonata ma fedele ricostruzione storica dell’origine e della diffusione della televisione in Italia, racconta il suo percorso umano e professionale, legato in modo indissolubile alla storia del mezzo televisivo, a cui – confessa – non sa resistere.
A far da contraltare alla sua tentazione verso linguaggi e forme di vita e comunicazione più comode c’è un grande fratello interiore, una sorta di coscienza intellettuale critica, interpretata da Mattia Fabris.
La protagonista è nata nel 1973, troppo tardi per aver partecipato al ’68 e ai movimenti studenteschi, troppo tardi per avere caldeggiato i movimenti femministi, ma in tempo per far parte di quella generazione che, per la prima volta nel corso della storia, ha avuto la possibilità di guardare quattro ore al giorno la televisione come nutrimento per la propria crescita, anche sentimentale.
Così, mentre ad inizio spettacolo frammenti opachi ripercorrono scene tratte dall’episodio Isole del “Caro Diario” di Nanni Moretti, in cui è evidente una denuncia della dipendenza provocata dalla televisione, nel corso della pièce la protagonista snocciola i momenti salienti della sua storia di telespettatrice.
Si sovrappone il racconto di Arianna Scommegna, che ricorda con candore il potere rassicurante della dimensione domestica di fine anni ’60, con quelle sorelle Kessler che dal piccolo (e spesso comunitario) schermo proponevano una visione del mondo allegra e disimpegnata.
Qualche anno dopo la piccola telespettatrice scopre i cartoni: Remì senza famiglia, Mimì e le ragazze della pallavolo, ma soprattutto inizia la sua educazione sentimentale: Lady Oscar docet.
Gli anni passano, e le ore davanti al teleschermo pure; tra un telequiz e un telefilm, Serena approda all’età adulta e decide di impegnare la sua vita per il teatro.
Sono gli anni ’90 e Milano trema sotto i colpi di tangentopoli, ma proprio dal mondo della tv arriva l’uomo nuovo, destinato a cambiare le sorti politiche del Paese: Silvio Berlusconi.
La cultura di massa scivola sempre più in basso, la tv ha sdoganato il trash e lo rende materia alta, a cui, un po’ per il linguaggio semplice e immediato un po’ per il potere rassicurante e consolatorio, nessuno sa resistere. Nemmeno i duri e puri.
Appassionata, energica, lucidissima, la Sinigaglia torna in scena con compagni di lavoro ormai consolidati: un Mattia Fabris molto in forma e una sempre versatile Arianna Scommegna.
Quando il flusso di coscienza della Sinigaglia sembra essere finito, ecco l’arrivo sul palco di Paolo Mottana, professore di Filosofia dell’educazione ed Ermeneutica della formazione all’Università di Milano Bicocca, che in un breve intervento sottolinea come la televisione, mezzo demonizzato da molti intellettuali, ci abbia in realtà salvato da molte relazioni umane scomode; di come, con il potere alienante di uno schermo, ci abbia protetto da scontri e fastidi.
“Nazionalpopolare” non vuole infatti demonizzare la tv e nemmeno la cultura di massa, sebbene le immagini che vediamo scorrere a fine spettacolo siano un medley amarissimo del peggio della tv contemporanea.
L’intento pare così da un lato documentaristico (e per il pubblico dei 40enni anche in certo qual modo nostalgico), dall’altro una manifestazione poetica di riforma del linguaggio teatrale, che diventa popolare per farsi capire e apprezzare da tutti, come in parte già manifestato anche con il progetto di teatro seriale “6Bianca”, appena concluso, di cui la Sinigaglia ha firmato la regia per lo Stabile di Torino.
NAZIONALPOPOLARE – da Gramsci al gossip
regia: Serena Sinigaglia
drammaturgia: Renata Ciaravino
con Serena Sinigaglia, Mattia Fabris e Arianna Scommegna
video costumi: Federica Ponissi
luci: Sarah Chiarcos
scene Maria Spazzi
attrezzeria: Maria Paola Di Francesco
video: Elvio Longato
durata: 1h 15′
applausi del pubblico: 4′
Visto a Milano, Teatro Ringhiera, il 10 maggio 2015