L’Orazio di Paolo Mazzarelli e la mancanza di padri

Orazio (ph: Manuela Giusto)
Orazio (ph: Manuela Giusto)

Ispirato all’Amleto di Shakespeare, lo spettacolo è andato in scena al Teatro Menotti di Milano

La figura di Orazio è da sempre enigmatica. Amico di Amleto, a lui spetta il compito di sopravvivere per raccontare la storia. Dal nome stesso è la ragione della parola, una sorta di coscienza percepita soltanto dal protagonista e vissuta invece come presenza fastidiosa da tutti gli altri. Uno spettatore in scena che, non per nulla, sopravvive a tutto.

Paolo Mazzarelli, nella sua messinscena “incautamente ispirata dall’Amleto di W. Shakespeare”, lo sceglie come pretesto per parlare di teatro al teatro. E’ un giovane attore che non riesce a “ingranare” e che vive in un edificio teatrale di proprietà del padre della sua amica Anna, anch’egli artista di palco a pochi passi dal fallimento.
Orazio, non riuscendo a vivere d’arte, lavora come educatore in un centro d’accoglienza per minori dove cerca un senso ad un’esistenza precaria e, soprattutto, priva di maestri.
Anna crea l’occasione per il riscatto di entrambi: un bando della Regione premierebbe il vincitore con un’ingente somma di denaro che salverebbe l’edificio e la carriera dei due uomini.

L’incastro tra generazioni è però più complesso del previsto, e porta a galla il tema più che attuale del rapporto tra padri distratti e presuntuosi e figli disorientati e spaventati. Così l’”Amleto”, faticosamente scelto per il bando, non decolla e fa emergere con ancora più forza la conflittualità che sottende i rapporti. Le prove per la preparazione dello spettacolo sono una tragicommedia raffinata, inaspettatamente tenuta insieme da Ahmed, ospite del centro d’accoglienza in cui lavora Orazio (e coinvolto come protagonista della performance), che cerca di guardare oltre per raggiungere l’obiettivo.

L’impianto registico e drammaturgico prevede due storie parallele ma complementari. Da un lato le vite dei protagonisti, dall’altro i personaggi dell’”Amleto”. E’ il teatro che si interroga solo apparentemente su sé stesso ma che, in realtà, vuole fare luce sulla mancanza di padri che le nuove generazioni avvertono (non soltanto nell’arte) e il senso di vuoto che gli adulti non riescono a colmare. I tre giovani protagonisti si fanno così rappresentanti di molti gruppi sociali, e lo fanno con maestria. Al contrario di quanto emerge dal copione, Mazzarelli riesce a farsi realmente maestro e “padre” della performance e della cura dei suoi interpreti.

Non mancano interessanti cambiamenti scenici, come lo squarcio inatteso del fondale durante lo svolgimento delle prove dell’”Amleto” che, unitamente al cambio emozionale del recitato, ci catapulta in una dimensione diversa.

La quotidianità disturbante, pronta ad allontanarci dal rito per ricondurci alla pochezza delle problematiche di tutti i giorni, fa costantemente capolino dalle quinte per stoppare l’azione. E’ qui che la regia cerca di dar vita a pillole di comicità pur nell’assoluta tragicità del contenuto principale. Difficile dire se si tratti realmente di commedia, certamente si resta di fronte ad un tentativo più che riuscito di andare oltre alle definizioni classicamente intese.

Orazio – incautamente ispirato dall’Amleto di W. Shakespeare
testo e regia Paolo Mazzarelli
con Antonio Bandiera, Beatrice Vento, Francesco Jacopo Provenzano, Paolo Mazzarelli
scene e costumi Paola Castrignanò
sound design e musiche originali Luca Canciello
luci Carlo Pediani
maschere Tiziano Fario
aiuto regista Gianluca Bonagura
produzione Teatro Stabile di Bolzano – a.ArtistiAssociati – Compagnia Orsini

durata: 1h 20′
applausi del pubblico: 2′ 55”

Visto a Milano, Teatro Menotti, il 1° marzo 2024

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