“I corpi di Elizabeth” all’Elfo: sesso, potere e femminismo nell’Inghilterra del ‘500

Ph: Laila Pozzo
Ph: Laila Pozzo

Per la prima volta in Italia la pièce di Ella Hickson sulla regina Elisabetta I Tudor, con Elena Russo Arman e Maria Caggianelli Villani

Fu un autentico primato quello della regina Elisabetta I: l’unica donna nubile a regnare per 44 anni su una grande nazione. Un personaggio destinato a lasciare il segno e a colpire l’immaginario. La sua Inghilterra avrebbe sconfitto la Spagna, diventando a sua volta “l’Impero su cui non tramonta mai il sole”.
Un’icona imperitura, Elisabetta. Nata nel 1533, a soli tre anni patì il trauma familiare della decapitazione di sua madre Anna Bolena, portata al patibolo da suo padre, re Enrico VIII.
Elisabetta fu regina d’Inghilterra e Irlanda dal 1558 al 1603. Dimostrò, nell’Europa patriarcale del Cinquecento, ciò che era capace di fare una donna senza essere moglie e progenitrice.

Dunque Elisabetta non fu solo un personaggio politico, ma anche un simbolo ante litteram dell’emancipazione femminile. Doveroso che il teatro voglia omaggiarla, tanto più che essa diede impulso alla cultura e alle arti. Il periodo aureo del teatro britannico, segnato dalla presenza di Shakespeare, è noto proprio come “età elisabettiana”.

È il Teatro dell’Elfo di Milano a portare per la prima volta in Italia il testo “Swive Elizabeth” (2019) di Ella Hickson, nella traduzione di Monica Capuani. La messa in scena di Cristina Crippa ed Elio De Capitani si intitola “I corpi di Elizabeth”. Il titolo si ispira al libro di Clara Mucci “I corpi di Elisabetta” (Pacini editore, 2009).
L’uso del plurale fa riferimento ai tratti molteplici e sfuggenti dell’identità di Elisabetta: la quattordicenne intrigante; la donna amata e detestata; la sovrana blandita, invidiata e minacciata, oggetto di dicerie a proposito di ripetuti amanti; la governante ostinata, che rifiutò il matrimonio e gli innumerevoli spasimanti.
Elisabetta passò alla storia come la “regina vergine”. Ma chi era veramente? Quanti erano i suoi corpi?
Già da orfana adolescente affascinò con i suoi lunghi capelli color ruggine la matrigna Catherine e il di lei ultimo marito Thomas Seymour. Una mente androgina, Elisabetta; un corpo desiderante cangiante, con il candore dell’adolescenza e le armi mature della seduzione.

Con “I corpi di Elizabeth” entriamo nella politica e negli intrighi sessuali della corte inglese: una roulette russa dove tutti potevano salire o precipitare in un attimo, passando dagli altari del trono all’ascia del boia.
Nella sala Fassbinder dell’Elfo, i corpi sono anche quelli messi in scena in maniera multipla da attrici e attori: Elena Russo Arman è la regina Elisabetta adulta, ma anche la matrigna e tutrice Catherine, e ancora, la sorellastra maggiore Maria la Cattolica. Maria Caggianelli Villani è Elisabetta versione teenager, poi la giovane cugina Kathrine Grey, e ancora una lavandaia. Cristian Giammarini è il nobile consigliere Cecil. Infine Enzo Curcurù dà vita a Thomas Seymour e a Robert Dudley, maestro di stalla e favorito della regina.

Un potente saggio su donne, potere e patriarcato. Un dramma intelligente, ironico, indignato, straordinariamente umano. Pur con qualche ridondanza, ciò che affascina del testo è la sua capacità di rendere i grovigli e le congiure di palazzo. D’altra parte, la regia evidenzia la centralità del corpo come strumento di seduzione e potere.
Le attrici offrono carne, sguardi, movenze a questo gioco, con gradazioni fisiognomiche e retroscena psicologici tutti da decifrare. Giammarini e Curcurù incarnano invece il mondo maschile: una manciata di pedine da spostare sulla scacchiera del comando; un nugolo di cicisbei manovrato dalla sovrana, nella misura in cui s’illude di esercitare un ruolo strategico.

Misticismo e sensualità. Ingenuità e morbosità. Russo Arman è una garanzia: acuta e spiritosa, coraggiosa e sfidante, ambivalente e divisiva. È capace di spaziare tra personaggi, registri e sfumature, e di evidenziare le contraddizioni tra l’essere, l’apparire e l’imporsi un aplomb come una galera. Brava Caggianelli Villani nei panni della giovane Elisabetta, al netto di qualche deriva bozzettistica nella caratterizzazione dei personaggi minori. Giammarini e Curcurù interpretano invece un mondo maschile di corte solenne, insinuante e laido.

La regia usa ai minimi termini il marchio di fabbrica Elfo, con espedienti visuali che si sforzano di non risultare didascalici.
La sobrietà è anche negli effetti sonori e nelle musiche intrise di spiritualità di Gianfranco Turco.
Carlo Sala realizza una scenografia raffinata di veli leggeri e cupi, con motivi floreali e foglie autunnali. Sembra un dipinto di Botticelli. Vi campeggia il cardo, simbolo della dinastia Tudor, con rose e trifogli. I veli stratificati ben rendono gli infiniti retroscena e il viluppo di trame, sentimenti e tresche condensati nella drammaturgia.

Il design luminoso di Giacomo Marettelli Priorelli è di rara finezza estetica. Le luci intime, lunari, disegnano paesaggi solipsistici e scenari dell’anima inestricabili. Oppure svelano il languore e l’adescamento dei corpi. Ancora, tratteggiano confortevoli atmosfere spirituali, attraverso il flebile luccichio di lumini e candele.
I magnifici costumi realizzati dalla sartoria dell’Elfo su disegno di Ferdinando Bruni, celebrano un’epoca sfarzosa e gli artifici magici dell’assolutismo. E acclamano un personaggio che ha marcato finanche la storia della moda.
In scena all’Elfo fino all’11 febbraio, lo spettacolo raggiungerà anche Venezia (9-12 maggio) e Padova (15-19 maggio).

I corpi di Elizabeth
di Ella Hickson
traduzione Monica Capuani
regia Cristina Crippa e Elio De Capitani
con Elena Russo Arman (Catherine Parr, Mary Tudor, Elizabeth Regina)
Maria Caggianelli Villani (Elizabeth Principessa, Katherine Grey, lavandaia)
Enzo Curcurù (Seymour, Dudley)
Cristian Giammarini (Cecil)
scene Carlo Sala
costumi Ferdinando Bruni
luci Giacomo Marettelli Priorelli
suono Gianfranco Turco
produzione Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile del Veneto

durata: 1h 55’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 25 gennaio 2024
Prima nazionale

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