Controllo remoto. Il ‘new visual theatre’ degli Orthographe

Controllo remoto
Controllo remoto
Controllo remoto – Ortographe (photo: viefestivalmodena.com)

Puntuale è tornato a Roma la scorsa settimana Le vie dei festival, un festival dei festival che, all’inizio d’autunno, porta nella capitale il meglio visto nelle rassegne estive italiane ed estere.
Dopo l’exploit dell’anno scorso con due eccezionali spettacoli diretti dal regista lettone Alvis Hermanis, quest’anno il festival – diretto dall’inscindibile coppia Natalia Di Iorio e Aldo Ambrosi – ha scelto, come si legge nel comunicato stampa, di “fermare lo sguardo sul panorama italiano del nuovo teatro. Questa scelta è la rivendicazione di un valore, il segno di una vicinanza nel momento in cui la stretta economica sembra rendere ancora più incerta la vita del teatro”.

Tra le realtà in ascesa di questo nuovo teatro ci sono certamente gli Orthographe, che hanno presentato al Teatro India il loro ultimo lavoro, “Controllo remoto”.
In scena assistiamo alla fine del teatro, o meglio del teatro narrato e recitato, a vantaggio di un teatro totalmente assente di materiale umano, dove la dittatura della tecnologia (composta da software sofisticati uniti ad un paio di proiettori di diapositive, un ventilatore, una macchina da fumo e un telo) prende il sopravvento sulla scena, la invade, la conquista. Ma soprattutto conquista il pubblico perché il messaggio arriva, forte e chiaro.
Gli Orthographe mettono così in scena il teatro della fine, della speranza ma anche del mondo. È un teatro della catastrofe, dove le guerre sono la materia prima che viene rappresentata proseguendo per quadri di varia intensità. Si comincia con la Guerra di Secessione americana, con diapositive che fluttuano sui teli spostati dal vento. Quasi una guerra romantica.
Si prosegue con la guerra “classica”, quella di trincea condotta ancora dagli uomini. Per finire con le guerre di oggi, apocalittiche, combattute tramite controllo remoto dalla stanza dei bottoni, qui risolte scenicamente in un tripudio di laser e monitor. E mentre vecchie e nuove battaglie mettono in guardia lo spettatore, l’unica speranza diventa una renna pupazzo, che genera simpatia ma si affloscerà anche quella.

Spettacolo vibrante, deciso e poetico; inserito a pieno titolo nella nuova scena, quella che si potrebbe definire “new visual theatre”, ossia un teatro visionario dove il movimento che comunica non è necessariamente o solo umano. Gli Orthographe (così come i cugini Muta Imago, Santasangre, Pathosformel, Anagoor, Città di Ebla e altri ancora) hanno una propria peculiarità, che fa sì che la performance risulti sincera e innovativa, motivata da una ricerca tecnico-artistica di qualità unita a una poetica dell’immagine proposta con personalità.

Un’ultima considerazione: vista la dilagante offerta di questo teatro non teatro, che ha sempre più l’accezione di performance visiva, vien da chiedersi se varrebbe la pena di cominciare a proporre questi spettacoli nei musei di arte contemporanea, in forma breve, per cercare di allargare il pubblico, per scandagliare nuove possibilità e nuovi circuiti e non rimanere nella nicchia dei “teatranti di ricerca”, che frequenta festival dove si vede sempre la stessa gente.

CONTROLLO REMOTO
regia e soggetto: Alessandro Panzavolta
ambientazione sonora: Lorenzo Senni
consulente alla fotografia: Cesare Fabbri
elettronica tecnica e scenografie: Marco Amadori
software: Michele Verità
tecnici in scena: Marco Amadori e Angela Longo
in coproduzione con: Productiehuis Rotterdam/ Rotterdamse Schouwburg
con il supporto di Emilia Romagna Teatro Fondazione.
durata: 43’
applausi del pubblico: 1’ 25’’

Visto a Roma, Teatro India, il 24 settembre 2009
Le vie dei festival

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