Paolo Spaziani, l’ultimo hombre

Paolo Spaziani
Paolo Spaziani
Paolo Spaziani

Ben diverso dal roboante Napoli Teatro Festival Italia, il capoluogo partenopeo ha visto – dopo la chiusura della rassegna – un altro evento significativo anche se molto meno “appariscente”.
Ad ospitarlo il Teatro Spazio Libero, storico punto di partenza cittadino della ricerca multimediale e spettacolare.
Nato nel 1965, lo spazio segue da sempre le vie particolari del nuovo modo di esprimersi del teatro contemporaneo. Parliamo di esperienze legate a spettacoli su Andy Warhol, Marcel Duchamp,  fino ai rapporti con il Beat 72 di Roma, con la “Gaia Scienza”, il gruppo Fluxus, Strimbaci e Pedrotti di Milano. E, ancora, Teatri Uniti, Luca De Fusco, Mario Martone e Toni Servillo, che hanno cominciato proprio da qua.

Parliamo di ricerca non solo teatrale, visiva e soprattutto recitativa, ma anche di scelte  culturalmente innovative e profonde. Facciamo allora un passo indietro e ricordiamo la realtà culturale e politica che, negli anni Settanta e Ottanta, era rappresentata dagli “scantinati”, luoghi in cui il teatro italiano distruggeva la propria tradizione e ad essa si ribellava. Se queste scelte artistiche colpiscono ancora oggi è perché sono legate ad un’avanguardia che ha modificato per sempre la struttura di base del nostro teatro. Come si faceva teatro, come si intendeva la scena in quei luoghi e in quegli anni? Ad essere diversi non erano solo gli spazi, ma soprattutto l’approccio con la gente: si parlava di pura interpretazione artistica, di cultura, di comunicazione, non dell’ossessiva e contemporanea ricerca del successo di pubblico.

Prima assoluta per il Sud Italia è “El Ultimo Hombre”, testo dell’autore spagnolo contemporaneo Leopoldo Maria Panero, poeta inedito in Italia e tradotto per l’occasione da Alessandro Di Francesco. Interprete atteso a Napoli, fortemente voluto dalla direzione artistica di Spazio Libero, Paolo Spaziani è un attore molto noto negli spazi off fin da quando, nel ’97, fondò con Letizia Corsini il Ginnungagap Teatro. Il suo lavoro si ricollega a un’avanguardia già passata ma che ha lasciato il segno, conquistando il semplice aggettivo di “contemporaneo”.

Il pubblico entra in una sorta di caverna, in uno scantinato di un quartiere elegante e ricco. Si respira aria di altri tempi e si osservano le pareti laccate da colori sgargianti. Dal fondo di questi cunicoli arriva Spaziani: il fumo delle sigarette, incessantemente accese e spente durante la performance, comincia ad avvolgerci. Capelli lunghi, pantaloni retrò, volto senza età, comincia a leggere fogli che strabordano da un leggio, scivolano per terra, riempiono il tavolino.
Unico compagno di scena di Spaziani è il microfono: l’attore lo tormenta, lo afferra, lo avvolge con le mani, lo respira, vi si avvinghia, dando inizio ad un immaginario rapporto sessuale.
I fogli sono un diario, quello dell’autore spagnolo, descrizione poetica di una vita segnata da follia, abuso di alcool, droghe e sesso estremo in un linguaggio senza dubbio esplicito.

Spaziani non si limita a immedesimarsi nel personaggio, a identificarsi con esso; piuttosto potremmo quasi parlare di possessione: come se Panero si servisse del corpo e della voce dell’attore per gridare i propri sentimenti.
L’impatto con sonorità vocali differenti, di alti e bassi, urla e sussurri è disorientante. Basta chiudere gli occhi per “vedere” e sentire l’autore. Riproducendo sonorità violente sia dal punto di vista fonetico che emotivo, Spaziani scuote, sconvolge, fa provare realmente dolore e comprendere la ribellione del protagonista. Non si tratta più di un semplice reading ma di ricerca, scoperta, analisi del pubblico e di se stessi.
Lo stesso Spaziani ha spesso affermato di voler stimolare il pubblico ma non con effetti particolari e ricercati, semmai con la scelta opposta: creare una drammaturgia in fieri che nasca e muoia in diretta.
Il pubblico viene guidato dall’attore senza però sembrarne schiavo; si crea invece una sorta di flusso che passa incessantemente dall’interprete agli spettatori e viceversa. Uno spettacolo inaspettato, da seguire con attenzione e con animo predisposto a lasciarsi trasportare.

EL ULTIMO HOMBRE
testi: Leopoldo Maria Panero
traduzione: Alessandro Di Francesco
produzione: ScenaOnirica, Teatro Spazio Libero
uno spettacolo di Paolo Spaziani
durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 2’ 30’’

Visto a Napoli, Teatro Spazio Libero, il 30 giugno 2010

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No comments

  1. says: Precisione

    Paolo è del ’65 e non credo che a 9 anni (nel ’74) abbia fondato con Letizia il Ginnungagap Teatro!
    Per la liberarsi della filologia, bisognerebbe prima averla imparata!
    Precisione, signori giornalisti, precisione!

  2. says: Errata corrige

    Più che di filologia, in tal caso sarebbe più consono citare la cronologia. 🙂
    Grazie per la segnalazione, abbiamo provveduto a correggere.

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