
Insomma, parto con la speranza di non rimanere delusa. Però mi piace l’idea di andare a respirare l’aria del festival di Modena. Arrivo al Salone delle feste di Correggio e mi trovo in un piazzale con un gruppo di adolescenti indiani che giocano a cricket.
Il Salone delle feste è un capannone con nemmeno tanta gente ad aspettare per lo spettacolo del maestro. Insomma, si respira mica una grande aria di festival…
Entriamo in sala: tribune scomodissime di metallo, la scena ad angolo. Conto i fari: circa 90 tra domino, pc e par… Guardo il pubblico, non riconosco quasi nessuno. Iniziano ad abbassare le luci. Il maestro entra in sala, in pochi se ne accorgono, si siede poco lontano da me, mi emoziono, è bello come nelle foto, con quegli occhi stretti e buoni che ti fa venire voglia di abbracciarlo e dirgli grazie. Assisto allo spettacolo, ogni tanto mi volto a guardare il maestro che osserva e non si scompone, una mano scende sotto il cuscino e poi torna sul grembo. E’ delicato. Ha i piedi piccoli.
Mi sento colpita da questi interrogativi, e non posso che raccontare il mio personale rapporto con lo spettacolo in questione, difficile rimanere fredda e analitica e ‘recensirlo’. Non sono un critico, né uno studioso, dò consigli per andare a teatro, da spettatrice e da teatrante quale sono.
Rimango senza parole di fronte alla bravura dell’attrice, alla delicatezza delle musiche in scena di Francesco Agnello, al senso di profonda intimità che mi trasmette questo saggio/show/favola del grande Peter Brook.
Kiara Copek alla ricerca di risposte e di nuovi interrogativi. Kiara Copek emozionata come una bambina trovandosi a meno di mezzo metro dal grande maestro, che entra ed esce senza dare nell’occhio, anzi nascondendosi quasi, per evitare l’accalcarsi dei tanti fanatici pronti a turbare quell’ascetica pacatezza.
Ecco così che, alla mia sinistra, ha luogo un altro spettacolo, ancora più intimo, ancora più profondo: lo spettacolo degli sguardi tra il regista e la sua attrice, i sorrisi abbozzati, le note sul taccuino, gli sguardi fugaci a controllare le reazioni del pubblico. E davvero ci si rende conto che ha ragione lui, Brook, dicendo che il teatro è lo strumento per comprendere le leggi del cielo. Un rito divino. Qualcosa di impalpabile e, a volte, non raccontabile.
Consiglio: Peter Brook, almeno una volta nella vita, va visto.
Una ricerca teatrale di Peter Brook
con Miriam Goldschmidt
musica Francesco Agnello
testo Peter Brook, Marie-Hélène Estienne
basato su testi di Antonin Artaud, Edward Gordon Craig, Charles Dullin, Wsewolod Emiljewitsch Meyerhold, Zeami Motokiyo e di William Shakespeare
traduzione tedesca Miriam Goldschmidt
regia Peter Brook
cooperazione artistica Lilo Baur
musica Francesco Agnello
luci Philippe Vialatte
assistente alla regia Tina Speidel
production managers Eric Bart, Matthias Wyssmann
produzione Schauspielhauses Zürich
direttori di produzione Eric Bart, Matthias Wyssmann
coproduzione Teatro Garibaldi di Palermo / Bart Production tour manager Reinhard Bichsel
organizzazione Aldo Miguel Grompone, Roma
durata: 1h 02′
applausi del pubblico: 3’ 18”
Visto a Correggio (RE), Salone delle feste, il 12 ottobre 2008
Vie Contemporanea Festival – prima nazionale