Quando nel febbraio 2009 è scomparso Nico Garrone, storico critico de La Repubblica, tutti hanno avuto la sensazione di aver perso una di quelle colonne portanti, magari non proprio visibili ma vere, che tengono in piedi le case. Garrone era così, personaggio di emblematica calma, poco incline a inutili schiamazzi, ma operatore accogliente e instancabile, curioso e generoso, attento alle voci non starnazzanti.
Per questo il Comune di Radicondoli, dove da molti anni Garrone organizzava una piccola rassegna estiva sui nuovi linguaggi del teatro, ha voluto, poco dopo la sua scomparsa, creare una commissione che, con l’aiuto delle compagnie di tutta Italia, segnalasse l’attività dei migliori giovani critici teatrali e di arti performative. Il premio muove da un presupposto assai particolare: sono gli stessi artisti, i registi e le compagnie a fare la segnalazione, a indicare cioè alla commissione valutatrice – composta da Rossella Battisti, Valeria Ottolenghi, Enrico Marcotti e Sandro Avanzo – il nome di un “testimone” prezioso del loro lavoro, che abbia saputo magari stimolare la crescita di uno spettacolo attraverso il confronto.
Quando Anna Giannelli, che questa XXV edizione ha fortemente voluto, ha ricordato la presenza di Garrone prima della consegna dei premi, la sua voce si è rotta in una commozione di chi non ha parole per poter descrivere un’assenza. E Radicondoli 2011 effettivamente è stata un po’ taciturna, a sentire la voce di Garrone che non c’era. Ma non zitta.
“O ‘nsomma… Si fa ‘r’ festival vest’anno?”
“Si fa, sì!”.
E così è stata chiamata questa edizione: Si fa sì. Perché è come avrebbe voluto proprio lui. Un’edizione sicuramente di transizione, verso un nuovo progetto che dovrà fare i conti con molte variabili, ma che ha avuto la forza di non tacere, la tenacia di esserci, la voglia di continuare a dire sottovoce, in una terra meravigliosa, dove il sole tramonta fra colline gialle di grano.
Tre i premiati di quest’anno: Pietro Corvi della Libertà di Piacenza, Emilio Nigro de Il Quotidiano della Calabria, e il nostro Renzo Francabandera, il “panzer” di Klp e – per molti versi – uno dei volti del giornale più conosciuti proprio grazie ai video che gira ormai da anni.
Già, per una volta saremo autocelebrativi. Perdonatecelo come si fa con gli strappi di gola estivi.
Ma un premio non è mai fine a se stesso quando permette, al di là del riconoscimento, di incentivare forme nuove e più attente di interpretazione dei linguaggi della scena.
Renzo ha cercato tanti modi per far svettare le sue cronache teatrali. Utilizzando sì le parole ma anche la multimedialità, occasione ottima per le potenzialità offerte dalla rete. Così, con i videoreportage e le interviste dietro le quinte, Francabandera (e, con lui, chi – dietro le quinte – si carica dell’enorme lavoro di guardare, scegliere e montare quotidianamente le lunghe ore di girato) ha donato volto e voce a tanti personaggi del teatro italiano e non solo, tra cui molti artisti emergenti, quelli che magari ancora un volto “riconosciuto” non ce l’hanno.
Ma c’è anche un altro aspetto della sua cronaca teatrale: quello che passa attraverso l’illustrazione, la pittura. Tra le diverse forme di esplorazione, Renzo ha sperimentato questa personalissima forma comunicativa, menzionata anche nelle motivazioni del premio quale sorta di “video-live in forma grafica”.
Lui a teatro ci va sì munito di telecamera, ma anche con l’armamentario dell’illustratore: con inchiostri, pastelli a olio e decine di fogli bianchi. Tutto stipato in uno zaino. Il resto sono mani e occhi pronti a cogliere l’attimo nel buio della sala. I disegni, realizzati estemporaneamente durante la visione dello spettacolo, gli hanno valso nell’ultimo biennio numerose mostre in Italia e all’estero, oltre che la commissione da parte del Napoli Teatro Festival di illustrarne l’edizione 2010.
Dietro a queste forme ibride di racconto, c’è infine una parola importante che va ricordata ed è ri(n)corsa anche tra i redattori di Klp i giorni scorsi, in cui si sono svolti i nostri primi ‘stati generali’, ospitati a VolterraTeatro. Un vocabolo tirato spesso in ballo ma che occorrerebbe usare davvero con onestà intellettuale: informare, nel senso di scrivere (anche di teatro) come gesto civile, ben sapendo che – per citare le parole che Renzo ha usato per ringraziare (e, poi, lo giuriamo, mai più saremo così autocelebrativi) – “essere critico, oggi come ieri, significa in primo luogo e quasi etimologicamente indicare il proprio punto di vista, anche se scomodo e discorde. In un tempo di omologazione e di scarsa propensione all’approfondimento, invitare il pubblico ad acquisire strumenti di interpretazione e decodifica del linguaggio delle arti diventa una missione civile, un forte gesto di presenza nel panorama socio-culturale della propria comunità di appartenenza”.
E Klp spera, nel suo piccolo, di lavorare anche a questo obiettivo.