La monsonica estate romana 2013 vanta poche attrazioni per lo spettatore alla ricerca di novità. Nello storico quartiere di San Lorenzo, luogo di artisti, sognatori, studenti e viaggiatori, per il secondo anno impera forse l’unico evento sopravvissuto alla decimazione causata da Roma Capitale e dalla mancanza di fondi per la cultura del Municipio II.
L’edizione precedente vedeva il Roma Fringe Festival incastonato tra gli alberi di Villa Mercede, circondato dalle bancarelle di Piazza del Verano, una festa di quartiere con salsicce alla brace e numerosi concerti nelle piazze. Quest’anno, invece, sembra ritrovarsi come un lupo solitario a combattere la pioggia e la crisi economica. Ma resiste grazie alla volontà e alle capacità di un piccolo giovane gruppo di organizzatori capeggiati da Davide Ambrogi, con l’aiuto di Marta Volterra.
Di fronte ad una cola e un succo di frutta l’incontro con Ambrogi ha sciolto nodi e questioni proprio sulle possibilità, le potenzialità culturali, i desideri e le difficoltà economiche di un festival di teatro off di stampo Fringe.
Davide Ambrogi ha 35 anni e lo sguardo curioso ed entusiasta di un ragazzino; come recita la cartella stampa, è “autore, musicologo e produttore teatrale. A metà degli anni Novanta si forma con Attilio Corsini. Da oltre dieci anni compone musiche per la scena e scrive per il teatro […] E’ ideatore e direttore artistico del Roma Fringe Festival®. Nel 2012 ha partecipato attivamente al Camden Fringe Festival (Londra). Sempre nel 2012 è stato invitato al Fringe Festival di Edimburgo per portare la sua esperienza al World Fringe Congress. Anche nel 2013 parteciperà ai lavori della World Fringe Society a Edimburgo”.
Dal settembre scorso, quindi poco dopo la chiusura della prima edizione, Ambrogi ha iniziato a lavorare alla realizzazione dell’edizione 2013 del Roma Fringe Festival, un evento della durata di un mese con 72 compagnie tra nazionali e internazionali per 230 spettacoli, nove per sera. Il bando per la selezione delle compagnie è stato chiuso a marzo: 200 compagnie valutate e 72 scelte.
Quasi un anno di impegno per un festival che ha ricevuto solo a maggio il patrocinio dal Municipio II (ex III). Una moltitudine di vite appese nell’attesa di una burocrazia attentatrice, lenta e troppo spesso disinteressata.
Come può un festival teatrale off inserirsi nella realtà dell’estate romana? Come è stato finanziato e come sopravvive?
Non riceviamo finanziamenti pubblici. Campiamo grazie alle compagnie che si autofinanziano. Io ci ho messo 8000 € di mio, che perderò… Quello che manca a questo festival sono i finanziamenti, gli sponsor; abbiamo anche pagato i soldi per l’occupazione del suolo pubblico, quindi zero. Se il primo foglio il Municipio te lo dà a maggio, come è possibile per noi ottenere uno sponsor? Ci vuole del tempo, almeno mesi prima. Il patrocinio lo abbiamo ottenuto ad aprile. L’8 maggio abbiamo ricevuto il primo foglio scritto. Per l’occupazione del suolo pubblico abbiamo aspettato che tornasse l’intero ufficio responsabile dalle ferie, nonostante avessimo già tutto pronto e consegnato molto tempo prima. Fino alla fine siamo rimasti con l’acqua alla gola.
Quanto costa ad una compagnia teatrale la partecipazione al Roma Fringe Festival?
Sono forte di questa seconda esperienza e del tutto aperto a trattare l’argomento con trasparenza assoluta. La formula proviene dall’estero, ed è quella di far autoprodurre le compagnie e far pagare loro il palco. Non è la rassegna classica ad inviti, ma autoprodotta. Mi rendo conto che per gli artisti italiani sia qualcosa di nuovo. Noi italiani siamo polemici per natura. “Mi fai pagare!”. Sì, ma poi l’incasso è tutto tuo. È un pacchetto: ti promuovi e vai in scena.
La formula del Fringe è appunto, per tradizione, l’autoproduzione. Da quel lontano 1947 in cui un gruppo di otto compagnie scartate dal Festival Internazionale di Edimburgo diedero vita a un evento off, a cui oggi partecipare è un onere economico molto alto. Cinquantamila euro è il costo di questo festival. Zero gli euro di finanziamento, non arrivati né da istituzioni né da sponsor privati. Eppure, in un’ottica di eventi a più ampio respiro, è un festival di piccola entità, distante perfino da certe sagre enogastronomiche.
Facciamo i conti in tasca anche a voi. Per quanto riguarda il Roma Fringe Festival le compagnie devono sostenere il costo di iscrizione di 20 €, il costo del palco per le tre serate previste di presentazione dello spettacolo selezionato (pari a 330 € totali), la promozione dello stesso (flyer, inviti, manifestini ecc.), le eventuali spese Siae e l’agibilità Enpals. L’organizzazione ricopre la grande fetta di comunicazione generale sull’evento.
La promozione dell’evento è quella più importante, ti fa finire su Rolling Stones, o sulla doppia pagina di La Repubblica… a questo ci pensiamo noi. Per me è una soddisfazione vedere la foto di una compagnia su Repubblica. Sono cose che mi appagano. Quest’anno ci sono state compagnie dall’Inghilterra e dalla Svizzera che hanno partecipato senza conoscere nessuno ma hanno avuto molto pubblico. La promozione le compagnie la devono fare bene: se il flyer non è invitante, se le righe di presentazione non sono scritte bene, il pubblico non è attratto. Anche se quest’anno i flop li abbiamo evitati anche con le compagnie più a rischio visibilità. Un minimo di pubblico lo hanno avuto tutti.
La cosa di cui siamo stati accusati l’anno scorso è quella di far pagare la quota alle compagnie, comunque la metà dei normali costi dei teatri: 330 € per tre serate. Però è vero anche che, se ci metti la Siae e l’Enpals, le difficoltà per le compagnie sono comprensibili.
Le compagnie italiane, quelle che potrebbero essere interessate a un fringe, arrancano infatti tra spese di produzione, promozione e di realizzazione delle repliche. Le difficoltà reali degli artisti, aumentate vertiginosamente in questi ultimi anni, fanno allora sì che, paradossalmente, la formula del fringe diventi quasi d’élite.
Noi avevamo proposto al PD, in fase di primarie ed elezioni, degli incentivi – per certi tipi di eventi – sulla Siae. Perchè far pagare 80 € come minimo che se ne incassi 10 sono l’800% dell’incasso? (e non il 20% come previsto). Perchè se una compagnia piccola fa al massimo 100 posti deve pagare l’800% dell’incasso e un Vasco Rossi allo stadio deve pagare il 20%? Chiediamoci queste cose. Stessa cosa per il minimo Enpals, che sono 20 € ad attore. Cerchiamo di agevolare in questa maniera l’arte!
Quei 50.000 € mai ricevuti da nessuno avrebbero permesso di non far pagare le compagnie e di aver reso il festival ancora più bello.
Davide, pur sottolinenando l’importanza dell’autofinanziamento, non escludi la possibilità in futuro di aiutare le compagnie, evitando almeno di far pagare loro i costi di palco. Sarebbe pensabile offrire anche un cachet ai partecipanti al festival?
Questo non è proprio nello spirito dei Fringe. Ad Edimburgo hanno mantenuto, pur avendo seppellito il vecchio festival istituzionale, la stessa formula. Ora la città di Edimburgo qualcosa dà e hanno sponsor enormi. Comunque le compagnie non vengono pagate a cachet. Ogni compagnia potrebbe arrivare a spendere anche 12.000 € per stare là. Ovviamente dipende da che tipo di compagnia sei, da che spazio scegli… Rimane il tuo e il mio business.
Esiste una ipotetica e futura formula grazie a cui una compagnia potrebbe trarre non solo un appianamento delle spese ma un guadagno reale, pur proponendo un certo tipo di teatro?
Dalle compagnie in questo festival entrano 23.000 €. Calcoliamo che un torneo di golf sponsorizzato dalla Toyota più o meno copre la stessa cifra. Ma è assai probabile che la Toyota avrà più interesse a sponsorizzare il torneo di golf. Sono scelte di marketing. Se però trovassimo uno sponsor per il quale questa cifra non fosse eccessiva, le compagnie potrebbero arrivare qua partendo da zero, e non da meno di zero. E senza dover dire grazie al Comune o al Municipio, e quindi con più indipendenza.
Ma tu, da teatrante, ci parteciperesti al Roma Fringe Festival?
Così com’è, lo farei due volte, perchè affittare un teatro e avere magari meno visibilità mi costerebbe il doppio. Noi facciamo pagare la metà rispetto ai costi dei teatri.
Domenica questa edizione si chiude, e la serata sarà dedicata alla presentazione delle migliori quattro compagnie del festival. Poi il Roma Fringe Festival selezionerà una compagnia vincitrice. Da chi è formato il gruppo di giurati?
La giuria sei anche tu. Noi abbiamo per metà un voto ricevuto dal pubblico. E per metà la giuria di qualità: giornalisti e attori riconosciuti. Una lunga lista di 60 persone. Il pubblico può influire fino ad un certo punto, soprattutto nel rispetto delle compagnie fuori sede. La giuria critica è formata invece da queste 60 persone che votano attraverso la compilazione di una scheda, con spazio per scrivere note e osservazioni che vengono poi comunicate alle compagnie. L’anno scorso non c’era, e il voto era ritenuto troppo freddo e impersonale. Abbiamo cercato di migliorarlo.