
Ospiti di quest’anno quattro compagnie provenienti da Italia, Spagna, Francia e Grecia ad animare rappresentazioni, laboratori, dibattiti sull’arte dell’attore e un seminario conclusivo, domenica 21 settembre: tutti i partecipanti coinvolti in un confronto di riflessioni sugli spettacoli visti, insieme agli spettatori, ed invogliati al dibattito da Roberta Gandolfi, ricercatrice all’Università di Parma e docente di storia del teatro contemporaneo.
Seppure in alcuni momenti un po’ lunga nella riproposizione di immagini e nello svolgimento complessivo, la pièce, giocata tutta sulla comunicazione non verbale, non manca di consentire, ad un gruppo di attori provenienti da Francia, Svizzera e Belgio e che hanno lavorato con importanti maestri europei come Josef Nadj, Bruno Meyssat, Jean-François Sivadier e Ariane Mnouchkine, una riflessione compiuta sulle ansie e sui vuoti dei nostri tempi.
L’altro lavoro della rassegna che si è distinto per strutturazione drammaturgica e azione scenica è Martyrima dell’OmmaTheare (Grecia), per la regia di Antonis Diamantis.
Martyrima, letteralmente “colui che rende la sua testimonianza, o colui che soffre molto durante la sua vita”, è uno spettacolo ispirato a L’Idiota di Dostoievski e a un romanzo greco dell’Ottocento, L’Assassina, scritto da A. Papadiamantis (la storia di una donna anziana che uccide le neonate femmine perché pensa che, in quanto tali, siano causa di problemi nelle famiglie).
Di fatto la resa scenica ha qualcosa di intimamente pirandelliano (a partire dall’ingresso degli attori dal fondo della sala, come voleva il drammaturgo siciliano per i Sei Personaggi), che si lega alle riflessioni su ruolo dell’autore, rapporto attore-personaggio, crudeltà e ingenuità di questo legame. Come dichiarato dallo stesso regista, l’idea dello spettacolo è basata su questi interrogativi: “Quale genere di domande potrebbero fare gli eroi di questi libri ai loro autori, se tornassero in vita?” e “Perché lo scrittore li ha condannati a non poter cambiare il loro destino?”.
La sovrapposizione drammaturgica dei due testi della letteratura classica risulta a tratti un po’ artificiosa, ma la dinamica onirica complessiva del lavoro si preserva in un’unicità di immagini dove il confine fra realtà e finzione letteraria e teatrale ricollega la poetica a quella del teatro di sempre.
Segnaliamo infine il laboratorio proposto da Domenico Castaldo, in cui l’attore-regista ha anticipato i contenuti del primo movimento di Katharsis, nuovo lavoro su suggestioni e limiti del sentimento religioso, dedicato al canto corale e ispirato alla Conferenza degli Uccelli di Farid Uddin Attar.
Pur con qualche piccola ingenuità organizzativa dovuta all’esperienza in fieri del gruppo promotore (necessari per le prossime edizioni, ad esempio, i sottotitoli per spettacoli stranieri dal contenuto drammaturgico più ricco), il festival si conclude con un bilancio assolutamente positivo, sia rispetto alle esperienze proposte che riguardo all’apertura verso la città, collocandosi fra quelli più interessanti per il tentativo di guardare al teatro di base con un occhio di confronto e dialogo aperto, cosa che molte grandi kermesse hanno ormai totalmente perso.