Il mio approccio comico alla danza: Silvia Gribaudi arriva ad Alloggiando Art Fest 2022

Wish_per (photo: Manuel Cafini)
Wish_per (photo: Manuel Cafini)

Prosegue con la restituzione delle residenze il festival di danza contemporanea guidato da Hunt_Cdc

Freddo, maltempo, pioggia, il grave episodio dell’esondazione del Misa, che tanto danno e dolore ha portato a una parte del territorio marchigiano, fanno da sfondo e influenzano anche Alloggiando Art Fest, il festival di danza contemporanea e performing art che si tiene fino al 2 ottobre a Montecosaro, piccolo ma splendido borgo del maceratese. Aleggiano nelle parole di chi arriva, costringono a cambiamenti di spazi, ma la perseveranza, la tenacia, l’adattabilità creativa sono connaturati ai teatranti e quindi, nonostante le difficoltà, il festival va avanti.

Due gli appuntamenti del 21 settembre, entrambi ospitati al Teatro delle Logge. Apre la serata la restituzione finale del laboratorio di composizione coreografica tenuto dalla stessa compagnia organizzatrice del festival, Hunt_Cdc. Nove i partecipanti, di cui cinque in scena, di diverse età e provenienze. Tre giorni di lavoro per mezz’ora di performance che si nutre di accumulazioni, accelerazioni, variazioni su nuclei di sequenze create dalle stesse interpreti, gesti e dinamiche che si ripetono, si scambiano e si arricchiscono, canovaccio che si esplica tramite improvvisazioni.

Tempo per l’applauso finale e Silvia Gribaudi, presente al festival in quanto presidente della commissione, si alza dal suo posto in platea; ammiccando al pubblico nel suo stile sornione sale sul palco e, in uno sfumare leggero tra ordinario e straordinario, si spoglia di pantaloni e felpa neri indossati sostituendoli con il costume di scena, lo stesso che usò nel 2009 quando, al premio Giovane Danza D’autore, presentò, come oggi a Montecosaro, “A corpo libero”, vincendo il concorso e iniziando con successo a tracciare la strada della sua poetica.

Il costume è un vestitino colorato troppo corto e stretto per contenere le forme, tirato davanti e dietro in un inutile tentativo di coprire quello che non si può mostrare, gabbia che costringe e limita i movimenti. Si prova a danzare, il corpo prova a liberarsi e librarsi ma immancabilmente il vestito sale, le mani allora corrono a rimetterlo a posto, il movimento si ripiega su sé stesso e si interrompe.
Sono gag di grande umorismo, in cui la serietà di una inadeguatezza fisica trova la strada di una ilarità giocata su tempi comici perfetti. La musica pop viene sostituita dalla voce di un soprano, che trascina con i suoi acuti il climax della scena; il vestito – con tutte le sue costrizioni – viene tolto, lasciando le forme del corpo scoperte e accettate nel loro essere e nel loro “danzare da sole”: siamo quello che siamo, al di là e al di fuori di ogni apparenza.

Forse questa performance racconta proprio un pezzo della vita di Silvia Gribaudi, quel momento in cui il suo corpo è cambiato e la sua carriera di danzatrice ha preso un’altra strada.
“Ho iniziato a lavorare sulla comicità, ho fatto tanto cabaret, una tecnica in cui devi far ridere ogni minuto. Poi sono tornata alla danza arricchita da questo ritmo; nella danza nessuno vuole ridere, e quindi per me è stato abbastanza facile trovare uno spazio poetico” ci racconta nell’incontro finale che, come nella parte performativa, si esplica tra battute e risate, la “comicità come metodo di trasformazione del pensiero drammatico”.

Poi tutti a cena, dove si continua a ragionare sulla difficoltà della vita da artista, tra voli che tardano e bagagli che non arrivano, sulle trasformazioni che l’incedere del tempo porta ai percorsi di cui si è visto l’inizio e di cui adesso si vive, e forse bisogna intuirne il cambiamento. Ma c’è anche tempo da dedicare ai giovani artisti che sono in residenza, scambiando pareri, mettendo a disposizione il proprio sapere con cura e attenzione.

Ancora pioggia il 25 settembre, altro spostamento di spettacolo dalla piazza al teatro. In 20 minuti il primo spettacolo della serata viene rivisto e corretto per adattarsi al palcoscenico.
E’ “Wish_per” della compagnia Hunt_Cdc: Elisa Ricagni e Leo Carletti in scena per questa nuova creazione della giovane compagnia marchigiana.
Il sussurro è il leit motiv del pezzo, gli interpreti sussurrano per sé e per l’altro, accompagnando i propri movimenti o stimolando quelli del compagno, rincorrendolo con le labbra vicino all’orecchio. Non sappiamo cosa sussurrano, possiamo solo immaginarlo dentro i movimenti che vediamo. Il lavoro è ai suoi inizi, ne attendiamo l’evoluzione.

Soul space (photo: Manuel Cafini)
Soul space (photo: Manuel Cafini)

La serata prosegue con la restituzione della prima residenza del festival, “Soul Space” di Rossella del Vecchio, in scena Rafael Candela e Carmine di Pace, tutti provenienti dalla Scuola Paolo Grassi di Milano: “E’ uno spettacolo che abbiamo creato nella nostra scuola – raccontano – Durante la pandemia ci era stata data l’opportunità di lavorare all’esterno. Siamo partiti dalla foresteria della scuola trasformandola in uno studio di psicanalisi, una stanza in cui ci fossero pazienti e psicologi. Nell’idea iniziale lo spettacolo doveva essere aperto a un massimo di due spettatori che, come psicologi, indagassero sulle due personalità che incontravano all’interno dello studio, i due danzatori appunto. Quando ci è stato chiesto di portare lo spettacolo in luoghi più convenzionali non abbiamo voluto abbandonare l’idea iniziale; abbiamo così deciso di creare il video che avete visto”.
Tutto, in questa restituzione, ruota infatti attorno alla proiezione di un filmato che mostra lo spazio della foresteria in cui i due danzatori agiscono e interagiscono, sia in video che dal vivo, in una sovrapposizione di piani di visione ben calibrata. “In questa residenza abbiamo lavorato maggiormente sul corpo, un materiale su cui avevamo un grosso punto interrogativo: come collegare il performer in scena con quello che accade in proiezione? E’ stato utile avere avuto il tempo di soffermarci sulle emozioni, come queste possano diventare materiale corporeo. Il nostro lavoro non è solo tecnologico ma anche un lavoro sugli stati d’animo. Stati che si trasferiscono al corpo e di conseguenza al pubblico”.
Un tema interessante da approfondire, che necessiterà di un altre esperienze e riflessioni, di altri tentativi e prove, sia per amalgamare i piani di visione, sia per dare alla danza lo spessore richiesto dal tema.

In un clima freddo di temperature ma caldo per l’accoglienza, attendiamo le ultime due giornate del festival, con lo spettacolo “Collettive trip 7.0” della compagnia Borderline Danza per la coreografia di Malangone/Cabassi, con pianista dal vivo, previsto per il 1° ottobre, e “Dot”, restituzione della seconda residenza, seguita da “Tratti” di Roberto Lori, il 2 ottobre, eventi che chiuderanno questa edizione di Alloggiando Art Fest.

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