“Non chiedere cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”: è il motto con cui è nato il Prishtina International Theatre Festival, da cui Nicolò Sordo ci propone oggi queste interviste ad artisti balcani
“So di non sapere”, è ciò che si narra e che pare abbia dichiarato Socrate dinnanzi alla giuria che lo condannò a morte. Il non-sapere è l’espressione più sublime e alta del pensiero, intesa non come un obiettivo finale ma come un punto di partenza. La consapevolezza del non sapere è uno stimolo per conoscere, per ricercare, per imparare e questa sembra essere la rotta della seconda tappa di Nicolò Sordo con il suo diario di bordo del Prishtina International Theatre Festival (qui la prima puntata).
Come poter andare oltre al proprio modo di pensare affinché possa manifestarsi qualcosa di nuovo e originale? Semplice, ponendo delle domande e ascoltando le risposte. In questa seconda puntata del suo reportage, il drammaturgo ed attore Nicolò Sordo incontra e intervista alcuni protagonisti e operatori del settore, impegnandosi a vedere, ad ascoltare, a fare domande da reporter, ponendosi come una superficie bianca che invita ad essere riempita con nuove forme, colori, nomi e pensieri.
2 – Interviste. Di Nicolò Sordo
Perché questo reportage non rimanesse solamente il punto di vista di un turista nei Paesi dei Balcani, un banchetto di souvenir e calamite a forma di ciabatte con la faccia di Madre Teresa di Calcutta, ho chiesto ad alcuni artisti e addetti ai lavori del Prishtina International Festival di rispondere ad alcune veloci domande, poste da uno che non sa niente della situazione dei Balcani, teatrale e non.
Questo non sapere, un po’ non era voluto e un po’ invece me lo sono andato a cercare: mi piace pensare che quei pochi giorni passati lì li ho trascorsi come li avrebbe passati la fotocamera di un qualsiasi telefono di qualcuno che andava nei posti dove andavo io.
Doruntina Alshiqi, direttrice del Prishtina International Theater Festival.
Raccontami di te.
Sono Doruntina Alshiqi, ho 25 anni. Inizio col dire come sono entrata a far parte del PITF: nella prima edizione ero nella giuria studentesca, dalla seconda edizione sono nell’organizzazione. Sono stata coordinatrice e in questa edizione, la sesta, sono stata nominata direttrice del festival.
Come nasce il Prishtina International Theater Festival?
Il “Prishtina International Theater Festival” nasce negli spazi del Teatro AAB “Faruk Begolli” nel giugno 2017, all’interno dell’AAB College di Prishtina. Ora abbiamo anche un altro teatro, che è il Teatro Studio. La prima edizione di questo festival si è svolta con il motto: “Non chiedere cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. Il nostro obiettivo è quello di rendere questo festival un evento tradizionale e originale, in quanto è l’unico a carattere internazionale in Kosovo.
Ci suggerisci qualche artista da tenere d’occhio?
Il direttore dell’AAB College e fondatore del PITF, la persona che ha reso possibile tutto questo, è il famoso attore Ilir Tafa. È molto conosciuto nei Balcani. Ha recitato in molti film e spettacoli, soprattutto in Bosnia ed Erzegovina. Il suo spettacolo più famoso e più visto nei teatri del Kosovo è la commedia “Frog”, diretta da Burbuqe Berisha.
La regista Burbuqe Berisha è stata anche la fondatrice del festival PITF, venuta a mancare l’anno scorso, motivo per cui il festival si chiama ora Prishtina International Theater Festival “Burbuqe Berisha”.
Argjend Rraci, presentatore televisivo dell’emittente ATV.
Raccontami di te.
Mi chiamo Argjend e sono nato in Kosovo, ho vissuto qua fino all’età di 15 anni per poi trasferirmi con la famiglia in Italia, dove ho avuto la grande fortuna – come la chiamo io – di vivere per ben otto anni. La chiamo fortuna perché l’Italia è il paese delle meraviglie.
Adesso sono tornato in Kosovo e sto cominciando la mia carriera come presentatore televisivo, un mio grande sogno sin dall’infanzia.
Com’è la scena televisiva e musicale nei Balcani, e quali sono le città con un maggiore movimento artistico?
Direi proprio che negli ultimi anni si vede un grande sviluppo sia nella scena televisiva che in quella musicale. Le città con un maggiore movimento sono sicuramente Prishtina, Sarajevo e Belgrado.
Per quanto riguarda la cinematografia, quella kosovara in modo particolare è una cinematografia giovane e in forte espansione, molto dinamica. Nonostante una produzione numericamente limitata, è stata protagonista in tutti i maggiori festival del 2021.
Hai qualche artista da suggerire?
Parlando dei festival, non può non venirmi in mente Adriana Matoshi, una delle più grandi e talentuose attrici kosovare, che ha vinto molti premi come “migliore attrice’’ in tanti festival internazionali. E poi il Kosovo ha due nomi tra i più grandi del momento nella scena mondiale del pop: Dua Lipa e Rita Ora, nate in Kosovo da genitori kosovari. Un grandissimo orgoglio nazionale.
Jelena Dukic, attrice di “Ifigenija”.
Raccontami di te.
Sono un’attrice di 27 anni del Montenegro. Ho lavorato sia in teatro che al cinema in progetti totalmente diversi, non solo per il soggetto ma anche per il genere, lo stile o le tecniche richieste dal ruolo, e la gamma dei ruoli che ho fatto è piuttosto ampia. Sono stata Giulietta e la strega cattiva, l’adolescente ribelle e la madre di due bambini, la studentessa stupida e la professoressa di scienze, la tossicodipendente e l’investigatore di polizia… quindi credo che la mia qualità principale come attrice sia la trasformazione. Attualmente lavoro alla Facoltà di Arti Drammatiche di Cetinje, come assistente alla recitazione.
Com’è la scena teatrale nei Balcani e quali sono le città più importanti per il teatro?
La scena teatrale nei Balcani è variopinta. Non riesco a trovare una parola diversa per descriverla. Molti generi e stili diversi, ma soprattutto diversi approcci a ciò che il teatro è o dovrebbe essere nei tempi in cui viviamo. Le città più importanti sono le capitali e le città più grandi dell’ex YU (Lubiana, Maribor, Zagabria, Spalato, Sarajevo, Belgrado, Novi Sad, Podgorica, Cetinje, Skopje, Prishtina…).
Tutte queste città sono centri culturali, ma nelle città e nei paesi più piccoli ci sono teatri minori finanziati dal governo o da organizzazioni non profit. La scena alternativa sta sorgendo in tutti i Paesi balcanici, nelle città più piccole, quindi spero che questo significhi che la cultura sarà sempre meno centralizzata.
Ci suggerisci qualche artista da tenere d’occhio?
Non posso non citare Zoran Rakočević, regista di “Ifigenija”. È un giovane regista con cui ho lavorato in cinque diversi progetti. È una persona molto talentuosa e dedita al lavoro: auguro a tutti di lavorare con qualcuno come lui. Anche Mirko Radonjić è un giovane regista del Montenegro. È noto per il suo approccio unico e per rendere ogni processo di realizzazione di uno spettacolo un esperimento speciale, come un laboratorio creativo. Ana Vukotić è una delle migliori registe donne, quindi non posso non menzionarla. Tutti e tre questi registi hanno un’estetica, un approccio e un processo di creazione dei classici moderni del teatro diversi. Aldilà del Montenegro, i miei registi preferiti sono Boris Lijesevic, Andreas Urban, Kokan Mladenovic, Zlatko Pakovic, Paolo Magelli, Ivica Buljan, Tomi Janezic… in ogni Paese dei Balcani ci sono molti registi da tenere d’occhio, questi sono solo alcuni dei miei preferiti.
Halil Matoshi, critico teatrale e membro della giuria del PITF.
Raccontami di te.
Classe 1961, sono un noto poeta (le mie poesie sono state tradotte in numerose lingue) e pubblicista del Kosovo. Laureato presso la facoltà di Filosofia dell’Università di Prishtina, ho lavorato come giornalista, redattore e direttore di diversi giornali e riviste. Sono stato preso in ostaggio durante la guerra per il Kosovo e tenuto per un anno nel campo di concentramento serbo di Lipjan (Kosovo) e Požarevac (Serbia). Sono autore dei libri “Viaggio nel cattivo sogno”, “Il messaggero muto”, “Viaggio nella cattiva realtà”, “L’ombra di Cristo”, “La cattedrale di carta”, “L’origine” e “Incisione di luce”.
Com’è la scena teatrale nei Balcani e quali sono le città più importanti per il teatro?
Il teatro balcanico? Da 30 anni nessuno pensa più a un palcoscenico teatrale balcanico – dall’aggressione della Serbia ai popoli non serbi -, mentre prima degli anni ’90 era un palcoscenico sensazionale e con contaminazioni reciproche. Il festival più rinomato era il BITEF, il Festival Internazionale del Teatro di Belgrado. Un tempo i teatri più famosi erano “Jugoslovensko dramko” e “Atele 212” di Belgrado, dove avevano recitato attori kosovari come Abdurrahman Shala, Bekim Fehmiu, Faruk Begolli ed Enver Petrovci; oggi il primo conserva ancora uno spirito più universale, mentre il secondo ha una reputazione sbiadita e si è “etnicizzato”. I teatri statali di Sarajevo, Prishtina con due ensemble (quello di prosa albanese e serbo), il Teatro di Skopje anch’esso con due ensemble, quello di prosa macedone e albanese, erano prima annoverati fra i teatri europei. Oggi i teatri nazionali si sono trasformati in teatri quasi folcloristici e poco attraenti per il pubblico. Tuttavia, il Centro Multimediale guidato dal drammaturgo Jeton Neziraj a Prishtina e il Teatro/Monastero di Bitola nella Macedonia settentrionale, il Teatro Korifej Kolasin in Montenegro, il Jugoslovensko dramko di Belgrado sono tra i migliori teatri dei Balcani.
Ci suggerisci alcuni artisti da tenere d’occhio?
In Kosovo vanno elogiati il Teatro multimediale postmoderno, il drammaturgo Jeton Neziraj e il giovane attore di Prishtina Shpëtim Selmanaj.
Zoran Rakočević, regista di “Ifigenija”.
Raccontami di te.
Parlare di me significa dire qualche parola in parallelo sul contesto socio-geografico da cui provengo.
Sono un regista teatrale del Montenegro. Oltre alla regia teatrale, mi sono laureato in Scienze Politiche. Il Montenegro è uno dei più piccoli Paesi europei e conta solo 625.000 abitanti. Il Paese è bello e vario, con coste meravigliose e alte montagne. Ha solo quattro teatri professionali e l’intero sistema è controllato da élite politiche emerse da forze neo-liberali di transizione collegate a strutture criminali e denaro sporco. Il Montenegro è davvero un gioiello naturale, ma molti dei suoi valori sono stati devastati perché la famiglia e gli amici del leader autocrate Djukanovic, al potere da 30 anni, hanno abusato delle proprie posizioni e protetto affari sporchi e magnati. Faccio questa breve introduzione per descrivere un quadro culturale del Montenegro molto scuro.
Ad esempio, il Museo Nazionale, il più grande del Paese e il più importante per la nostra ricca e orgogliosa storia, è privo di circa 3.000 oggetti che probabilmente sono stati portati nelle case per collezioni private. In tutte le istituzioni statali, comprese quelle culturali, le persone sono impiegate per legami politici e nepotismo. Poiché abbiamo solo quattro teatri, di cui uno a volte inattivo, e un paio di produzioni stagionali per i festival, è molto difficile per gli artisti indipendenti trovare la propria strada. Io lavoravo già in tutti i palcoscenici del Montenegro. Abbiamo poi la nostra organizzazione indipendente – Korifej teatar -, con sede nella nostra città natale di Kolašin, dove abbiamo una produzione professionale. Tuttavia non c’è un sostegno sufficiente da parte dello Stato e delle autorità locali per gli attori della scena indipendente. I nostri spettacoli ricevono un budget complessivo di 5-10 mila euro, quindi dobbiamo lottare per sopravvivere. Inoltre, la vita teatrale in Montenegro avviene solo in un paio di città, di solito il resto del Paese è morto e non ha repertorio teatrale per mesi, o addirittura anni… quindi, come ha detto un importante poeta, “le piccole nazioni recitano grandi drammi isterici”. Scelgo soprattutto la letteratura classica e il mio principio è quello di ripensare al suo significato per noi oggi e a quale tipo di attualizzazione è possibile. Mi piacciono le tragedie greche antiche, il Rinascimento, l’iperrealismo, ma anche l’espressione moderna, e molti giovani autori balcanici ed europei, anche americani.
Gli ultimi autori che ho messo in scena sono stati: Euripide, David Mammet, Alexander Galin, Nikolay Kolyada, Shakespeare, ma anche opere basate su drammatizzazioni di noti romanzieri come Mark Twain, Flaubert, Robert Musil… Oltre al teatro, lavoro temporaneamente come osservatore elettorale a lungo termine (finora in Ucraina, Kosovo, Macedonia e Ungheria).
Quali sono le città balcaniche più importanti per l’arte?
La regione dell’ex Jugoslavia, oggi composta da sette Paesi, è stata un terreno teatrale di grande successo nel periodo d’oro degli anni 1960-80. La Jugoslavia era un Paese comunista, ma non tipico e non sotto l’influenza sovietica. Aveva un’economia liberale e sviluppò un buon tenore di vita, costruendo strade, ospedali e scuole che rimangono i pilastri della vita sociale attuale.
Anche la leadership jugoslava capiva che la cultura e l’istruzione erano importanti, così il teatro fu rispettato e fatto oggetto di investimenti. Questa regione era famosa per la produzione teatrale d’avanguardia e per alcuni importanti festival come il BITEF.
Oggi le città in cui si svolge maggiormente la vita culturale sono Lubiana – con un teatro molto vario e coraggioso come SNG Ljubljana, MGL e “Glej” in testa -, Belgrado – sia con i teatri principali che per la scena indipendente non ufficiale, Novi Sad – che nel 2022 è Capitale europea della Cultura -, Zagabria e Rijeka (Fiume) – soprattutto quando l’HNK era guidato dal famoso regista teatrale Oliver Frljic -, ma ci sono anche molti altri festival e occasioni…
Ci suggerisci alcuni artisti da tenere d’occhio?
I direttori di teatro come Oliver Frljic, Andras Urban, Kokan Mladenovic, Boris Lijesevic, Ivica Buljan, Tomi Janezic, Eduard Miller, Jernej Lorenci, Zlatko Pakovic, Igor Vuk Torbica (giovane regista suicidatosi l’anno scorso), alcuni lavori di Dino Mustafic e Egon Savin, Mirko Radonjic, Anja Suša, Petar Pejakovic, Milos Lolic, Dora Ruzdjak Podolski, Selma Spahic, Rene Medvesek, alcuni spettacoli di Veljko Micunovic e Jovana Tomic, oltre a Nela Vitosevik.
— fine seconda parte —
Editoria & Spettacolo, 2019
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