Da Elio Germano a Thom Pain e ritorno

Elio Germano
Elio Germano
Elio Germano

Vincere la Palma d’oro al festival di Cannes come miglior attore protagonista significa essere investiti di una grande responsabilità, conseguente soprattutto all’eccessiva aspettativa da parte di chi viene ad assistere a uno spettacolo di teatro in cui si è protagonisti.

La curiosità e l’eccitazione sono palpabili nella sala del centro artistico Il Grattacielo di Livorno. Ci sistemiamo in poltrona con piccoli preconcetti e convinzioni, provando con difficoltà a separare l’attore visto al cinema o in televisione dalla persona in carne e ossa che appare solo sul palco, in elegante abito grigio scuro e camicia bianca, con l’ausilio di una sola sedia.
Tralasciamo l’atteggiamento del pubblico, soprattutto femminile, che si esalta e ride ad ogni battuta, anche quando da ridere non c’è, dal momento che si tratta di un testo, quello del drammaturgo americano Will Eno, sconnesso e alternato, d’accordo, ma dal forte tratto desolato e desolante, spesso cinico e feroce, diretto e provocatorio.

Elio Germano affronta un monologo difficile e lo fa con passione e impegno, ricorrendo solo talvolta al mestiere. Thom Pain, il protagonista, racconta storie bizzarre e sconnesse, narra la storia di un bambino a cui muore il cane e che, di seguito, subisce l’assalto di uno sciame di api inferocite. Poi ci parla di una donna, di un amore triste, in una distorta serie di episodi che, col passare dei minuti, finiamo per sentire vicini e toccanti. Thom Pain parla di “dolore”, e nonostante faccia di tutto per depistarci e allontanarci, distraendoci con battute, frasi spezzate, improvvise interruzioni e barzellette, parla di noi, delle nostre solitudini e incertezze, dei piccoli espedienti quotidiani per non cadere nell’assoluta disperazione. Interroga in continuazione il pubblico, esplora d’improvviso la platea, in un’interazione continua, tra momenti surreali e ironici, vere e proprie incursioni nella sofferenza di un’umanità costretta dalla vita a seguire percorsi prestabiliti senza mai avere il coraggio di indagare le vere ragioni di un tremendo e quieto vivere.
In tutto questo Germano è bravo, abile e presente nell’arco dei cinquantacinque minuti di monologo; riesce a non far calare la tensione in sala, arginando l’eccessiva attenzione delle prime file che lo seguono quasi fossero a un concerto.
Così, giunti alla fine, dopo gli scroscianti applausi e apprezzamenti urlati, ci dimentichiamo del personaggio Elio Germano e apprezziamo le doti dell’attore. Doti che, peraltro, vengono confermate anche dall’altro spettacolo che ha portato in giro ultimamente: “Viaggio al termine della notte”, il bel monologo tratto dall’omonimo romanzo di Céline sensibilmente orchestrato dal vivo da Teho Teardo.

THOM PAIN (basato sul niente)
di Will Eno
traduzione: Noemi Abe in collaborazione con Silvio Peroni
regia: Elio Germano
con: Elio Germano
produzione: Bam teatro – Infinito snc in collaborazione con Mittelfest 2010
col contributo di Settembre al Borgo – Festival La Notte dei Poeti
durata: 55’
applausi del pubblico: 02’ 34’’

Visto a Livorno, Centro artistico il Grattacielo, l’11 dicembre 2010

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