#Ubu2016: fa battere cuore, polemiche e ‘social’ a tutte le età

Paolo Pierobon riceve da Federica Fracassi l'Ubu come migliore attore per Morte di Danton da Federica Fracassi
Paolo Pierobon riceve da Federica Fracassi l'Ubu come migliore attore per Morte di Danton

Sono un grande fan e sostenitore dei Premi Ubu, non solo perché ho avuto la fortuna di organizzarne due edizioni ed esserne stato giurato (solo per un anno). Ma anche perché, nella storia del teatro italiano, sono stati i premi più appassionanti, commentati, criticati eppure capaci, a tratti, di intercettare nuove tendenze. E questa è la premessa.

“L’Ubu fa battere forte il cuore; è un’emozione grandissima” commentò una grande attrice premiata qualche edizione fa. Ma in questa era post-Franco Quadri l’Ubu è ancora tutto questo?

A riprova della sua originalità sono arrivati nell’edizione 2016 i premi a L’Arboreto di Mondaino (un progetto significativo per tutto il sistema delle residenze artistiche italiane) e quello a Tindaro Granata per il miglior testo. Ma c’è stato anche motivo per delle critiche, come vedremo più avanti.

Fra le novità più evidenti dell’edizione 2016 senz’altro la premiazione “on air” anziché in teatro. Quando ho saputo che gli “Oscar del teatro italiano” sarebbero stati assegnati, per la prima volta, alla radio, seppur su Radio Tre, l’emozione prevalente è stata la delusione: mi sembrava che il Premio potesse perdere la sua forza di evento mondano a livello nazionale, quello che tutti i teatranti aspettano.

Mi ero sbagliato. Al contrario, è stato bello e divertente, complice il riverbero che ogni premiato ha avuto sul web, soprattutto grazie a Twitter. L’hashtag #Ubu2016 è stato il secondo fra i trending topics nazionali: un record per un evento teatrale! L’hashtag ha raggiunto oltre duecentomila persone solo su Twitter: un buon motivo per auspicare nuovi intrecci tra teatro, radio e web.
Così non solo chi in passato andava appositamente a teatro per l’evento (per molti anni gli Ubu sono stati ospitati al Piccolo di Milano), ma chiunque volesse collegarsi alla diretta ha potuto vedere, ad esempio, l’originale abito firmato Antonio Marras della madrina Federica Fracassi. Insomma, grazie a foto, live e tweet in fondo è stato un po’ come essere lì. Chi in solitaria sul divano, chi – più facilmente teatrante – riunito in “gruppi d’ascolto” sparsi per l’Italia.

Ma non c’è premio senza polemica, soprattutto quando si parla di Ubu, e il social del canarino è stato un media perfetto per farne parecchie (per quanto mi riguarda senza cattiveria ma con ironia).

E’ così venuto fuori, ad esempio, che Fausto Malcovati ha vinto un Ubu dopo esser stato per numerosi anni tra i giurati (niente di male, ma un po’ bizzarro, in un’Italia in cui si parla sempre di conflitti d’interessi). C’è stata poi la fuga di notizie sull’Ubu a Enzo Avitabile, già annunciato da giorni sul sito del maggior quotidiano di Napoli.

Altra querelle importante è venuta fuori il giorno dopo, e riguarda il Premio Franco Quadri – assegnato al Collettivo dell’Angelo Mai di Roma – che, secondo le componenti dimissionarie del consiglio direttivo (che assegna il premio) Anna Bandettini, Laura Mariani e Alberica Archinto sarebbe stato deciso in una riunione con solo tre membri più una delega. Ossia nonostante le loro assenze. Una modalità che ha portato a una rottura insanabile, come ha raccontato la stessa Bandettini sul suo blog a premiazione avvenuta. E subito dopo affrontata anche dall’associazione Ubu per Franco Quadri: un botta e risposta a colpi di ‘comunicati’.

Tornando ai premiati, un discorso a parte va fatto per il premio alla direzione organizzativa, istituito quest’anno e vinto dall’ex direttore di ERT Pietro Valenti. In un recente convegno a Padova, nell’ambito delle giornate organizzate da Rete Critica insieme al Teatro Stabile del Veneto, Valenti, intervenuto su “La funzione pubblica del teatro”, parlando della sua nomination aveva così commentato di fronte ad almeno 50 critici e operatori: “Sto pensando di rinunciare, io non posso essere messo in concorrenza con tre ragazzi…”, e ancora “Oggi per me ritirare un Premio Ubu significa essere un prepotente e basta” […] “Sto pensando di scrivere una lettera ringraziando per la stima e dicendo che il premio è meglio se lo date a quello di Caserta [Castrovillari, ndr], che ne ha bisogno per andare avanti nel suo lavoro”. E scroscio di applausi! L’audio non è buono ma potete sentirlo alla fine di questo video.

Insomma, Valenti aveva colpito tutti con queste dichiarazioni, e il suo sarebbe stato un gesto da gran signore per uscire dalla scena teatrale. Un passaggio di testimone importante, un segnale forte per tutto il sistema: una presa di posizione netta da una delle massime autorità del teatro verso un necessario ricambio generazionale.
Peccato però che, a quanto pare, Valenti abbia poi cambiato idea, con grande delusione di chi scrive e non solo: quella di una generazione in attesa, anche via tweet, di “eterne promesse” e messa costantemente all’angolo.

Forse il premio alla direzione organizzativa andrebbe in qualche modo ripensato. Appare infatti bizzarro vedere tra i candidati finalisti un Valenti accanto, ad esempio, al lavoro di Azzurra D’Agostino che organizza da sei anni un piccolo festival di poesia, “L’importanza di essere piccoli“, nei borghi dell’Appennino tosco-emiliano.

E alla fine è pur vero che, con le eccezioni segnalate in apertura, hanno vinto il premio i soliti (grandi) nomi, già protagonisti oltre 10 anni fa. Con i premi agli spettacoli di Antonio Latella, Federico Tiezzi, Pippo Delbono, Jan Fabre e Scimone/Sframeli è sembrato quasi che Franco Quadri fosse ancora vivo e in qualche modo vigilasse ancora sui suoi artisti preferiti.
Se vogliamo può anche andar bene così. Gli Ubu rimangono gli Ubu, anche senza di lui. Con la constatazione che la giuria fatica ad avere quel ricambio generazionale di cui si parlava prima per gli operatori. Seppure, occorre ammetterlo, ogni anno compaiano alcuni nuovi nomi tra i giurati. Se non ho sbagliato i conti, su oltre 60 giurati in questa edizione 8 erano under 40.
“Il teatro è un paese per vecchi” twittava qualcuno.

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1 Comments

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  1. says: Pierluca

    I premi sono anacronistici. Ma pensate davvero che gli Ubu siano importanti per la cultura? Sono il prodotto dell’epoca in cui viviamo, vincere, vincere, vincere…e piace a tutti vincere, pure a Valenti!
    Ma non c’entra nulla con l’arte.
    Abbiamo Facebookato il teatro! A questo servono oggi gli Ubu. A scriverlo sui social tra mille vittorie, come le torte riuscite bene di Sonia Peronaci su Giallo Zafferano, postata su fb!
    Ma non divulgano il teatro, non infondono conoscenza teatrale nel pubblico, che non ne viene incuriosito ma anzi ne rimane ancora più escluso. Ubu, premi, statuette, maschere, illusioni di essere importanti, ma che si sta combinando? L’unico premio che conta è quello che ti da il pubblico durante e a fine spettacolo, e lo sforzo innovativo che i teatri fanno per portare gente a vedere l’arte evitando spettacolini da frittura di paranza.
    In altre nazioni questa importanza ai premi non c’è, non è cosi forte. Conta come hanno rivoluzionato il rapporto teatro-società. Conta come viene vissuto il teatro come spazio fisico. Fatevi un giro in quei posti pazzeschi, lavorateci e vedete che gli Ubo ve li dimenticate!
    Ma ancora, nel 2017, ci si mette il vestito da sera per andare a prendere l’Ubu? Nella situazione di merda in cui è il teatro? L’Italia delle piramidi, del potere, e oggi del sistematico riempimento di stronzate delle pagine network. Ma non ne avete piene le scatole? Non si vince nulla nell’arte.