Festival delle Colline Torinesi. La maggiore età per riflettere sulla violenza

Festival delle Colline Torinesi 2013
Festival delle Colline Torinesi 2013
Il logo del Festival delle Colline Torinesi 2013, firmato Antje Rieck
Se Torino, durante l’anno, non ha certo un’offerta teatrale paragonabile, ad esempio, alla vivacità della ‘rivale’ milanese, ne approfitti allora, in queste settimane, chi vuole recuperare abbuffandosi di danza e teatro contemporanei in città e spazi limitrofi.

Dopo le prime due settimane di appuntamenti di Interplay, coronate da un buon successo di pubblico, arriva infatti il debutto, questo week-end, della 18^ edizione del Festival delle Colline Torinesi.
Interplay, salutato ieri sera alle Fonderie Limone da una platea commossa che ha decretato il trionfo per Giulio D’Anna e suo padre in “Parkin’son”, prende una pausa fino all’8 giugno, per far posto al debutto dell’edizione ‘maggiorenne’ delle Colline, che proseguirà fino al 21 giugno.
Una staffetta che rivitalizza in qualche modo questo fine di stagione, graziando con una boccata d’ossigeno chi ha vissuto in apnea un inverno alquanto sonnolento.

Rabbia, disagio e violenza saranno i leit motiv degli spettacoli presentati.
Si parte quindi domani, sabato 1° giugno alle 19, con Chiara Guidi della Socìetas Raffaello Sanzio insieme ad Ermanna Montanari del Teatro delle Albe: un sodalizio di donne ma anche di percorsi teatrali, limitrofi per vicinanza geografica ma differenti nell’espressione, che hanno dato vita ciascuno a esiti importanti, guida ed esempio per molte nuove giovani compagnie.
Insieme per la prima volta, Guidi e Montanari presentano “Poco lontano da qui“, dove il lavoro dell’una si apre al lavoro dell’altra attraverso un dialogo sull’ottusità della violenza. “La decisione di lavorare insieme non aveva nulla di concreto su cui misurarsi: potevamo contare unicamente sulla potenzialità del nostro “dialogo” e della nostra trentennale ricerca vocale – raccontano – I concetti che ogni volta affioravano, creavano quella combustione necessaria che ci permetteva di assumere una forma che andava a comporre lo spettacolo. Finalmente attraverso la guida di Karl Kraus abbiamo incontrato le lettere di Rosa Luxemburg, che si è posta come specchio oggettivo e autorevole nel nostro intarsio quotidiano. Quelle lettere dalla prigione hanno dato coraggio alle scelte dei nostri atti scenici, alla nostra impossibilità iniziale a dire, a vedere”.

A far da contraltare delle due artiste, arrivano in questo primo fine settimana Ricci/Forte con “Imitationofdeath“, di cui su queste pagine avrete già letto in abbondanza nei mesi scorsi. Ormai da tempo Stefano Ricci e Gianni Forte dividono; nel bene e nel male, attraverso quelle dicotomie esistenziali con cui loro stessi giocano (sempre?), riuscendo però ogni volta a riempire i teatri.
Per questo ritorno alle Colline partono da Chuck Palahniuk e da 16 performer, virando poi verso “un diagramma sulle contraddizioni dell’Uomo Oggi, con i suoi crolli e le sue stampelle fisioterapiche d’appoggio. Un regno della mediocrità, di rivolta autolesionista, di degenerazione etica che si plasma, si schianta, si erge di nuovo e prende forma attraverso un incessante assaggio della vita reale e delle sue infinite varianti di sopravvivenza”. Alla ricerca di una definizione/riflessione di e su tutte quelle piccole morti che subiamo ogni giorno.

Di taglio del tutto diverso è il progetto che, per l’intera durata del festival, Cuocolo/Bosetti (IRAA Theatre) presentano a Vercelli: “Rooms for error. Tre studi dal racconto Voglia di dormire di Anton Cechov”, un “progress” ospitato ancora una volta nella loro casa/teatro vercellese che, sviluppandosi in tre stanze diverse, svelerà sovrapposizioni tra vita e finzione, da loro così amate.

Il festival prosegue poi il 4, 5, 6 e 7 giugno con Vincenzo Schino (un altro ritorno) in “Eco”, installazione-spettacolo in cui chi passa vede, in una pozza nera, i volti degli spettatori che l’hanno preceduto, e sopra un ottagono di vecchie porte scruta una marionetta di fil di ferro manovrata da un’attrice.

Debutta in prima nazionale “Invidiatemi come io ho invidiato voi” (4-5 giugno), il nuovo lavoro di Tindaro Granata, questa volta non più alle prese con memorie familiari e mafia ma con il dramma (appena sfiorato in “Antropolaroid“) della pedofilia. Lo spettacolo è infatti liberamente ispirato ad un caso reale di abusi sui minori: “Anni fa vidi in tv un caso di pedofilia che mi rimase impresso – ci svela in anteprima Tindaro – Mi feci mandare tutti gli atti del processo da Roma e iniziai a scrivere questo testo basandomi proprio su di essi. L’episodio trattato è poi diventato un pretesto per parlare anche di altro… di noi, della nostra insoddisfazione, di voler tutto ad ogni costo e dell’ottusità dell’uomo che, per soddisfare i propri bisogni, non tiene conto di chi gli sta accanto. Vorrei consegnare una storia in cui ogni persona del pubblico possa rispecchiarsi nell’atteggiamento dei personaggi; non per giudicare, ma per ragionare su se stessi”.

Anagoor
presenterà invece “L.I. Lingua Imperii” (6-7 giugno), una riflessione sulla Shoa, la più terribile tragedia del Novecento, ma anche su altre stragi.
Mentre sulla brutalità del potere e la sua vocazione alla tortura fisica e psicologica si confronteranno Fibre Parallele, anche loro già di casa alle Colline, nel nuovo spettacolo, al debutto e coprodotto dal festival, “Lo splendore dei supplizi” (8-9 giugno).

Ancora violenza, ma su una giovane quattordicenne, per “Jocuri in curtea din spate” (8-9 giugno) dell’israeliana Edna Mazya, allestimento di Teatrul ACT, compagnia di nuova drammaturgia romena. Responsabili dello stupro sono in questo caso gli stessi compagni della ragazza. Lo spettacolo, che oltre alla violenza sessuale denuncia le inefficienze e le ipocrisie del sistema giudiziario, sarà proposto a Torino in prima nazionale nell’ambito di una collaborazione con il Festivalul National de Teatru di Bucarest.

Anche la seconda parte del festival offrirà molte presenze. A partire da Fanny & Alexander in “Discorso grigio” e “Discorso giallo”; passando per Lorenzo Gleijeses alle prese con “Spam” di Rafael Spregelburd, storia di un professore che risponde ad una mail spam e si ritrova coinvolto in un intrigo internazionale.
Di ritorno a Torino anche i Motus, che dopo l’evento con Judith Malina della scorsa edizione, debuttano in prima europea con “Nella tempesta (animalepolitico project)”, proseguendo la loro riflessione socio-politica là dove si erano interrotti: per l’uomo contemporaneo le scelte politiche determinano – o determineranno – profondamente l’esistenza; che succederà quindi adesso?

Città di Ebla presenta “The dead”, che rimanda all’ultimo racconto di “The Dubliners” di James Joyce, in cui è massima la presa di coscienza della propria morte interiore.
Al loro debutto al festival sono i torinesi Maniaci D’Amore che presentano “Biografia della peste”, una storia surreale ambientata a Duecampane, paesello di fantasia, dove gli abitanti sono morti per ventitre ore al giorno. Cosa faranno negli unici sessanta minuti concessi loro per vivere realmente?

Fra gli stranieri ritornano anche in questa edizione Sonia Chiambretto e Hubert Colas che, attraverso “Gratte-ciel”, sveleranno le attese deluse dei giovani algerini.
Nel nostro mondo quotidiano che subisce i capricci e le mire degli speculatori finanziari è ambientato “Money – It Came From Outer Space” dei tedeschi Chris Kondek e Christiane Kühl.

Non alla cronaca ma alla storia guardano Rabih Mroué e Hito Steyerl che presenteranno al festival “Probable title: zero probability”, lettura-performance che dalla matematica passa all’arte, alla fisica e all’idea della morte, per giungere alla denuncia di uno sterminio misconosciuto: migliaia di persone, tra il 1975 e il 1990, scomparvero durante la guerra civile in Libano, senza lasciare traccia.
Ancora riflessioni sulla guerra, sui drammi che procura e sugli antagonismi che scatena, anche con “Ferocemadreguerra”, novità della compagnia FMG e Cap10100, in prima nazionale.

A contorno del festival i progetti internazionali e la mostra Intime di Diego Beltramo, per anni fotografo ufficiale del festival, che restituisce attraverso i ritratti degli artisti passati per le Colline una parte di questi 18 anni di festival.
 

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