I perché di un’attrice. Intervista a Irene Petris

Irene Petris in una scena di 'Giudizio
Irene Petris in una scena di 'Giudizio, Possibilità, Essere. Variazione da The Four Season Restaurant' (photo: Salvatore Insana)
Irene Petris in una scena di ‘Giudizio, Possibilità, Essere. Variazione da The Four Season Restaurant’ (photo: Salvatore Insana)

Voce calda e penetrante, sguardo che sfugge per poi concentrarsi all’improvviso guardandoti, ma, così facendo, non dedicandosi a ciò che ha davanti, ma a quello che si nasconde, oltre.

Irene Petris
, veneziana, attrice, 32 anni, un percorso teatrale volto alla qualità delle esperienze fin qui compiute, parla con freschezza del suo presente, osservando il passato in una linearità di pensiero che contiene la politica del futuro.

Un attore contiene quei mondi, infiniti, che sono in attesa di essere evocati, delineati, come di fronte a un landscape in continuo movimento. Quando poi decide anche di essere autore, le cose si complicano, anzi “il gioco si fa duro”.

Dopo “The Coast of Utopia” di Marco Tullio Giordana è venuto per lei anche “The Four Seasons Restaurant” di Romeo Castellucci, in prossimità di somministrazione artistica a Romaeuropa Festival: sarà nei luoghi del Teatro Argentina dal 30 ottobre al 3 novembre, in prima nazionale.
Un tema incandescente, a partire dal titolo omonimo di un’opera di Mark Rothko, che evoca un episodio nella vita del pittore statunitense, contenente il rifiuto dell’artista, la negazione dell’immagine nella società dell’immagine, offrendo così modo allo stesso Castellucci di ridare spazio nella sua opera alla parola poetica, come quella che ha pronunciato per noi la Petris, ad inizio filmato, dalla “Morte di Empedocle” di Holderlin.

Impegnata anche politicamente, sostenitrice al Lido dell’occupazione del Teatro Marinoni e contro lo scempio del passaggio cataclismatico e insensato delle Grandi Navi nella Laguna di Venezia, Irene Petris è ora impegnata con la creazione di un nuovo spettacolo, di cui è ideatrice ed interprete, con Thea Dellavalle alla regia. Il titolo è “Un ballo”, tratto da un racconto omonimo di Irene Némirovsky che, come per lo spettacolo di Castellucci, contiene un altro strappo, un’altra negazione, ribelle, quella di una figlia verso i propri genitori, un’altra necessaria conquista di identità. Tutta da scoprire, con il suo debutto assoluto il 7 novembre al Teatro delle Passioni di Modena, dove resterà fino al 9.

Immersi nei luoghi suggestivi del Chiostro del Bramante di Roma, andiamo oggi ad incontrarla.

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