Il Giardino delle Esperidi 2020 è anche on the dance

Weiss Weiss del Teatro della Contraddizione (photo: Alvise Crovato)|Agnoletto
Weiss Weiss del Teatro della Contraddizione (photo: Alvise Crovato)|Agnoletto

C’è una gran voglia di teatro a Olginate per l’inizio del festival Il Giardino delle Esperidi.
La voce dell’arte, per quattro mesi compressa dal virus, sprigiona finalmente il suo urlo liberatorio. L’antidoto al Covid sono le “Favole al telefono” di Campsirago Residenza, al debutto live nel prato antistante Villa Sirtori dopo quasi mille repliche a distanza, quando quarantasette attrici e attori hanno portato Rodari nelle case dei bambini di tutta Italia e persino all’estero. Giulietta De Bernardi, guidata da Anna Fascendini, scorrazza in abito rosso tra bimbi in mascherina.
La ricciuta e tarantolata attrice tiene in mano un libro galattico. Sembra uno di quei codici in cartapecora che nascevano negli scriptoria medioevali. La narrazione di Rodari riveste di orpelli comici e surreali vecchie storie di maghi e fate. Un sottile nastro rosso lega passato e presente. Il racconto affascina i bambini, suggestionati da uno spettacolo in cui la narrazione si coniuga alla performance fisica.

Dove eravamo rimasti? Torna in scena, dopo l’ultima replica live del 22 febbraio, anche “Weiss Weiss, l’essere del non essere”, scritto e diretto da Marco Maria Linzi. Uno spettacolo “sulla sparizione di Robert Walser” riverniciato da una compagnia, quella del Teatro della Contraddizione di Milano, che invece di sparire non ha nessuna voglia, e ha avviato una campagna di crowdfunding per salvarsi dalla chiusura. Alla base del rischio, la necessità di lavori di ristrutturazione e sottigliezze burocratiche legate al tesseramento. Finora raccolti quasi 30 mila euro, dei 70 mila necessari a non morire. C’è tempo fino al 29 luglio.

Qui a Olginate la compagnia di via della Braida popola la scena con undici interpreti, in primis le cofondatrici Micaela Brignone e Sabrina Faroldi. C’è polvere in scena e tra gli ingranaggi di uno spettacolo kafkiano, con echi grotteschi che vanno da Grotowski a Kantor, da Gorkij a Claudio Morganti.
Al centro della pièce, la vita e la poetica di uno scrittore che preferì scomparire – recludendosi per 23 anni in un istituto psichiatrico – piuttosto che morire.
Un linguaggio estetizzante. Un testo assai bello, che arriverebbe al pubblico ancora più nitido con una recitazione naturale e piccoli tagli drammaturgici.

“Annotazioni per un Faust¬_studio per luoghi remoti” di Natiscalzi DT è una danza raffinata. Lambisce il problema del bene e del male. Avvia l’esplorazione di sé e dell’inconscio. Cerca il contatto con il lato oscuro che ottunde la coscienza.
Un’ineffabile sete di vita. Il luogo del mito (da Goethe a Gounod, da Mann a Puškin), e quello della cronaca (l’omicidio di Chiavenna, 20 anni fa). Microstorie che si dispiegano partendo dalle musiche originali dal vivo di Giorgio Mirto.
Poche parole in quest’opera site-specific che deve limare alcuni spigoli, ma già così esercita un bel potere suggestivo. Le coreografie di Tommaso Monza e Claudia Rossi sono un galateo teatrale sottovoce. La solitudine onirica avvia il contatto dei corpi: una relazione sfumata, filtrata da un diaframma, poi fluida, raramente plastica, mai davvero viscerale, ricercata, mai banale. Il maligno ha le sembianze di un idolo di legno. È una sagoma misteriosa che campeggia sullo sfondo di luci soffuse e dei colori astratti della natura all’imbrunire.

Qui e Ora (photo: Alvise Crovato)
Qui e Ora (photo: Alvise Crovato)

Ad accendere la notte ci pensano tre “matte” – Laura Valli, Silvia Baldini e Francesca Albanese – dirette da una Silvia Gribaudi più matta di loro.
Nella performance “TRE_quanto vale un essere umano? Working progress”, Qui e Ora Residenza Teatrale riflette ancora sul valore dell’essere umano, sull’identità, sulla relazione dei corpi. Blue jeans e maglietta bianca, un po’ Grazie un po’ Erinni un po’ Eumenidi, queste tre milf esagitate scuotono la platea a colpi di disco dance.
Le Qui e Ora rimestano un dialogo ordinatamente scomposto, armonicamente disintegrato. L’ironia la fa da padrona.
Come in “My place”, altro lavoro firmato con Silvia Gribaudi, non manca un delizioso rimbalzo tra i corpi in scena e le loro ombre sardoniche proiettate sullo sfondo; ben presto le ombre si trasformano in bellezze adolescenziali, tanto perfette quanto anonime e stereotipate. Preferiamo, ovviamente, il delirio scanzonato di questi tre corpi di mezza età che sfidano allegramente la gravità e le mode imposte da dietologi e pubblicità. Sapidità sexy, ironia garbatamente maleducata, bugie così ostentate da riuscire ingenue.
“TRE_quanto vale un essere umano?” è la travolgente sfida di chi si compiace di ciò che ha e lo esibisce con generosità. Un primo studio. Tre quarti d’ora di pura elettricità. Un rito collettivo dissacrante e catartico, che si vale anche del contributo alla regia di Matteo Maffesanti e della collaborazione drammaturgica di Marta Dalla Via.

Mentre si esauriscono le repliche di due lavori cult di Campsirago, “Alberi maestri” di Pleiadi e “Hamlet private” di ScarlattineTeatro, e l’occhio dei bambini ha la sua parte con “E io non scenderò più” di Stradevarie, Il Giardino delle Esperidi è anche riflessione.
Gli interessanti talk curati dal giornalista Oliviero Ponte di Pino con il direttore artistico Michele Losi aprono sguardi inconsueti sul modo di pensare la Terra e sul rapporto del teatro con temi scottanti come la natura e la salute.
Fabrice Olivier Dubosc, Gerardo Guccini, Emilio Padoa-Schioppa e Marco Maria Linzi sottolineano il «diritto al respiro» di noi esseri viventi e il ruolo insostituibile dell’arte, capace di «far danzare le immagini» e di liberare lo spazio immaginativo nei luoghi dell’agire politico. La natura, che si è riappropriata di sé durante il lockdown, invita l’uomo dell’Antropocene a fare un passo indietro e a ripensare il proprio ruolo sulla Terra, così da armonizzare economia e sostenibilità.

Una vita impegnata contro soprusi e inefficienze. Una lunga serie di battaglie per i diritti civili e umani: questo è Vittorio Agnoletto, medico del lavoro, fondatore della Lega Italiana per la Lotta contro l’Aids (Lila), portavoce del Genoa Social Forum al G8 di Genova nel 2001, fustigatore degli orrori della polizia alla scuola Diaz, alla caserma Bolzaneto, a piazza Alimonda dove fu ucciso Carlo Giuliani. Una spina nel fianco dei vertici della Regione Lombardia in occasione di questa emergenza Coronavirus, con la trasmissione 37.2 su Radio Popolare.
A Olginate Agnoletto ha discusso con Ponte di Pino e Losi sulla forza terapeutica e civile dell’arte. Immaginando anche il teatro che verrà: magari con uno spettacolo di denuncia sul Covid, sulle inadempienze delle istituzioni, partendo dalle microstorie individuali.

Agnoletto, Ponte di Pino e Losi (photo: Alvise Crovato)
Agnoletto, Ponte di Pino e Losi (photo: Alvise Crovato)

Il festival continua a Olgiate Molgora. Stasera alle 20.30, a Mulino Tincati, la Piccola compagnia Palazzo Tavoli disegna in “Luachi (primo studio) viaggio intorno ai canti polivocali contadini calabresi” la forza di un popolo legata alla terra e ai riti collettivi. All’area Nava, alle 22, attesissima prima nazionale de Gli Omini, in scena con “Coppa del Santo. L’agonismo al tempo del distanziamento sociale”.

Venerdì 3 a Ello, alle ore 16, replica di “Favole al telefono”. Alle 18.30, presentazione del libro di Simone Pacini, “Il teatro sulla Francigena. Trenta attori in cammino dalla Toscana alla Francia” (Silvana, 2018). Alle 20 al Campo sportivo, in anteprima nazionale, la performance “Radio Olimpia, Bomba libera tutt!”, di Collettivo MMM, vincitrice del bando Open 2020. Alle 21.20, in piazza della Chiesa, anteprima nazionale dello spettacolo di musica elettronica “Maicol Gatto”, di e con Matteo Galbusera.

Sabato 4 luglio, dopo le repliche di “Hamlet private” (ore 14.30 Campsirago Residenza o online), “Favole al telefono” (alle 16 a Bestetto, Colle Brianza) e “Radio Olimpia, Bomba libera tutt!” (alle 20 a Ravellino, Colle Brianza), ritorno al quartier generale di Campsirago. Alle 18 “Progetto Conrad – In to THEatre Wild©” (INTI Campsirago Residenza) anteprima nazionale ispirata a “Cuore di tenebra” di Conrad. Alle 21.15 è la volta di “Vieni su Marte” di Vico Quarto Mazzini. Fine serata con Camilla Barbarito, che alle ore 22.45 dedica al grande Nino Rota il concerto “A zonzo per la dolce vita”.

Sempre a Campsirago, epilogo del festival domenica 5 luglio. Dalle 14.30 repliche per “Hamlet private”, mentre alle 17 è di scena “Radio Olimpia, Bomba libera tutt!”. Spazio anche per i più piccoli, alle 10.30 e alle 15.30, con “Alberi maestri Kids” nel bosco di Campsirago. Alle 18, talk su “Lo stato dell’arte”, a cura di C.Re.S.Co. Gran finale alle 21.15 con “The Great Giant Leap”, di Fossick Project, rito visivo e sonoro sul cambiamento climatico. Festa conclusiva alle 22.15 con la silent disco curata da David Zuazola, Michele Losi, Luca Maria Baldini e Diego Dioguardi, dal titolo “Esperidi on the Moon final Party”: per un teatro che non smette di sognare e reagire. Con uno sguardo a un 2021 – speriamo – più sereno.

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