La stanza di Renata Palminiello: danza d’attesa al femminile

Photo: Lucia Baldini
Photo: Lucia Baldini
Photo: Lucia Baldini

Il francese Jean-Luc Lagarce, morto di Aids nel 1995, è stato un autore assai prolifico e tuttora uno tra i più rappresentati in patria. In Italia tuttavia non è ancora così conosciuto dal grande pubblico. 
Renata Palminiello va in questa direzione curando, assieme a Carmela Locantore e Maria Grazia Mandruzzato, l’adattamento di “Ero in casa e aspettavo che arrivasse la pioggia”, dall’efficace titolo “La stanza là in alto”. 

Sin dalle prime battute siamo immersi in un universo femminile che sembra d’impatto rimandare al gineceo de “L’origine del mondo” di Lucia Calamaro, ma subito ci accorgiamo che è solo una momentanea suggestione, in quanto ben diverse sono le materie in questione. 
Mentre nel lavoro della drammaturga romana le figure maschili erano come bandite dalla scena, nel lavoro della Palminiello è proprio una figura maschile, con la sua imperante “assenza”, al centro della struttura drammaturgica. Un universo familiare popolato da tre generazioni di donne, fasi dell’età dove si trasmuta il rapporto con la morte e con la vita e dove differenti sono gli approcci allo stare al mondo. 

Notevole prova d’attrice di Renata Palminiello (la madre) che come un’abile sarta cuce in un arazzo intenso la materia scenica offerta dalle altre protagoniste. Da sottolineare anche la sua regia, una delle doti più evidenti del lavoro, una regia abile nell’offrire tagli, scorci e una “drammaturgia spaziale” complementare ai dialoghi e all’evolversi della storia, che in sostanza nient’altro è che un’attesa, miccia feconda nel fare esplodere gli equilibri muliebri che si reggono in bilico nelle viscere di una famiglia, al cui interno la figura del giovane – a lungo atteso e finalmente tornato a finire il suo tempo fra le pareti domestiche – viene a rappresentare una figura articolata nei vari punti di vista delle “vestali”, che si muovono lungo l’evocativo spazio delle scale del Castello Pasquini di Castiglioncello. 
Chissà quanto il luogo scelto in questa replica doni alla riuscita della messinscena e se davvero sia così fondamentale. A noi pare una scelta assai azzeccata, e forte è la curiosità di vedere il lavoro confrontarsi con altri spazi. 

“La stanza là in alto” vede in scena cinque attrici assai differenti per stilemi recitativi, “percorsi” artistici ed età, capaci di creare un amalgama il cui risultato è un lavoro riuscito ed interessante nella sua essenzialità, nonostante l’inizio un po’ statico e meccanico. 
Dopo i primi minuti il lavoro prende però corpo, i “non detti” emergono, vecchie frizioni affiorano in superficie e accade tutto senza che in realtà accada nulla, perché tutto rimane precluso nel nido domestico e femminile, separato dall’esterno dalle spesse – mai come in questo caso – mura familiari.

La stanza là in alto
adattamento di Ero in casa e aspettavo che arrivasse la pioggia di Jean-Luc Lagarce
a cura di Carmela Locantore, Renata Palminiello, Maria Grazia Mandruzzato
assistente alla regia: Elisa Cuppini
regia: Renata Palminiello
con: Camilla Bonacchi, Carolina Cangini, Maria Grazia Mandruzzato, Emma Novelli, Renata Palminiello
produzione: Attodue

durata:46’
applausi del pubblico: 2’

Visto a Castiglioncello (LI), Armunia, il 31 ottobre 2014

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  1. says: Marco Menini

    Gentile pscycokiller,
    grazie del commento. Come ho scritto, trattavasi solo di una suggestione momentanea, dettata dal fatto che, nel lavoro in questione, come ne L’origine del mondo della Calamaro, siamo “immersi” in un gineceo. Ma di mera suggestione si trattava – e ce ne accorgiamo da subito -, perché i lavori, nel loro evolversi, sono assai differenti.