Hermanis rivive il passato delle signorine di Wilko

Le signorine di Wilko
Le signorine di Wilko
Le signorine di Wilko (photo: Marcello Norberth – emiliaromagnateatro.com)

Premessa:
Alvis Hermanis, regista lettone, direttore artistico del Nuovo Teatro di Riga e recente vincitore del IX Premio Europa Nuove Realtà Teatrali, è considerato “il nuovo Nekrosius”.
Jaroslaw Iwaszkiewicz è invece una delle figure più importanti della letteratura polacca contemporanea.
Del cast de “Le signorine di Wilko” di Iwaszkiewicz (adattamento e regia per l’appunto di Hermanis) fanno parte Sergio Romano e Laura Marinoni, nomi di punta di quel teatro che frequento poco.

Passiamo alla trama:
Il quarantenne Viktor Ruben, a distanza di quindici anni, torna nel villaggio dove trascorreva l’estate quando era giovane. Qui ritrova le cinque sorelle conosciute in gioventù, persino la sorella morta, che si aggira per la scena e interagisce con gli altri personaggi per rendere vivo il suo ricordo.
Con loro intreccia rapporti a due dominati dal desiderio erotico e dal tentativo di tornare indietro nel tempo, quando la vita pareva avere ancora delle possibilità, il corpo non era solo un ingombro ma uno strumento di piacere, i sentimenti – se c’erano – erano giganti e favolistici.
Un sottile senso di decadenza pervade tutto il racconto, come se riaprendo la porta del passato si ritrovassero le stesse cose, ma ingiallite dal tempo e coperte di polvere.

A parer mio:
Come accadde per l’“Anna Karenina” di Nekrosius la sensazione è che la creatività artistica di questi grandi talenti del teatro dell’Est risenta in qualche misura della modalità di produzione italiana. Forse meno giorni di prove, attori che prima che corpo sono voce e intonazione, il racconto in terza persona che appesantisce il corso dello spettacolo sono tutti elementi che affossano un lavoro che potrebbe davvero portare una ventata di nuovo nei teatri di prosa.
Si avvertono buone intuizioni sceniche, ma l’impressione è che si vada a cercare l’effetto senza affondare a piene mani nella carnalità evocata dalle immagini. Allo stesso modo si ha la sensazione che queste immagini siano troppe, poiché manca la fluidità nei passaggi dall’una all’altra: non viene data la possibilità allo spettatore di entrare emotivamente nella suggestione che questa subito lascia il posto ad un’altra visione.

Dal lavoro se ne esce con l’amarezza dell’occasione mancata, perché la scenografia è bellissima, il testo promette bene, gli attori sono bravi e credibili, la regia è palesemente innovativa. Quello che però manca sono il cuore e la carne che possano riempire un contenitore così pregiato.

LE SIGNORINE DI WILKO
dal romanzo di Jaroslaw Iwaszkiewicz
adattamento e regia: Alvis Hermanis
coreografia: Alla Sigalova
scene: Andris Freibergs
costumi: Gianluca Sbicca
luci: Paolo Pollo Rodighiero
con: Sergio Romano, Laura Marinoni, Patrizia Punzo, Elena Arvigo, Irene Petris, Fabrizia Sacchi, Alice Torriani
produzione: Emilia Romagna Teatro Fondazione, Programma Cultura dell’Unione Europea nell’ambito del Progetto Prospero, Teatro Stabile di Napoli, Nuova Scena Arena del Sole – Teatro Stabile di Bologna

durata: 2h 20′
applausi del pubblico: 1’ 37”

Visto a Rimini, Teatro Novelli, il 28 febbraio 2010

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No comments

  1. says: Renzo

    Sono troppo d’accordo con te ultimamente. Devo iniziarmi a preoccupare?
    Eppure per l’Anna il discorso mi sembrava meno sbilanciato. Certo non potente come l’Idiotas (per il discorso compagnia italiana che è un ragionamento che ha comunque senso), ma non mancante quanto Le signorine, che alla fine riesce nel paradosso di esser troppo essendo poco.

  2. says: luciana

    OK OK..concordo assolutamente, occorre però invitare a non disertare , sulla base delle prime recensioni aevo avuto la tentazione di passare ad altre scene (quali poi ?) e invece si tratta di un ottimo spettacolo con i limiti indicati da Kiara

  3. says: kiara

    esatto, io pure leggendo altre recensioni ero tentata di non andare, sapevo che mi sarei rotta le palle… o forse proprio per quello mi sono sorpresa? Insomma… bisognerebbe cercare di arrivare sempre senza aspettativa, ma allora cosa scriviamo a fare? diamo consigli.

  4. says: Fabrizio

    Io, invece, mi sono proprio rotto le palle. 🙂 Adoro Hermanis, ma queste operazioni (ricordo uno Schilling penoso ad esempio) sono sempre difficilotte…

  5. says: Alessandro

    Sono in assoluto accordo. Pomposo, forzato. Non lineare, troppo alla ricerca dell’effetto scenico, senza sussilti. E gli attori sono dovuti diventare attrezzisti, costruire le scene e ciò ha sporcato la rappresentazione. Non sono contrario alla costruzione di immagini sceniche, ma la loro costruzione deve essere lineare e venire da se dall’azione degli attori; non essere un distaccamento momentaneo dell’attore che si fa servo di scena, per poi riprendere da dove aveva lasciato.
    Una degli esempi maggiormente riuscito di questa produzione per immagini è stato L’idiota di Nekrosius.

    ps. Ottimo però per un servizio fotografico di vogue.

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