Plane Food Cafe. Tra animalismo e denuncia, una cena teatrale poco saporita

Plane Food Cafè
Plane Food Cafè
Plane Food Cafè (photo: teatrofestivalitalia.it)

Mancava solo la cena in scena, o meglio, dentro una carlinga di un finto aereo, tra le follie e le sperimentazioni di questo Napoli Teatro Festival 2010.
Dopo la teatro-novela “Bizarra”, ancora in corso, il 3d di “Les Adieux”, gli auricolari di “Guruguru”, arriva anche “Plane Food Cafè” di Richard DeDomenici.
Non più di venti minuti di performance poco teatrale, ma piuttosto “video-gastronomica”, e riservata a soli dieci spettatori.

In una cabina d’aereo ricostruita all’interno di una saletta del Palazzo delle Arti di Napoli, allacciate le cinture di sicurezza ed indossato un salvagente giallo con un tubicino in cui ci è concesso vomitare alla fine dello spettacolo, iniziamo l’ennesima avventura di questa edizione.
Proprio come nei minuti che precedono il decollo, lo steward-autore Dedomenici e la hostess Monica Nappo indicano in italiano e in inglese le uscite di sicurezza, il corridoio, e tutto l’occorrente per l’atterraggio di emergenza.
Un consiglio appare subito strano: quello di non stringere troppo le cinture.

I due attori passano con il carrellino e distribuiscono vaschette sterilizzate di cibo caldo, dolci, bevande, posate. Addirittura vino bianco (cosa che, abituati ormai al low cost fa quasi rimpiangere i voli di linea di una volta), salvo che lo stesso sia contenuto nel salvagente giallo dello steward.

Ci guardiamo e sorridiamo, pensando sia tutto finto. Invece, tra risotti, couscous e crème-caramel, i due invitano a mangiare, dando inizio alla performance, una sorta di documentario in cui spiegano come le papille gustative e l’olfatto vengono inibiti ad alte quote e sotto pressurizzazione.
In teoria, quindi, il cibo servito sull’aereo avrebbe un sapore fantastico se mangiato a terra.

Le riflessioni sul cibo non bastano comunque a tranquillizzarci riguardo a quel tubo che, hanno spiegato, servirà per direzionare eventuali conati di vomito.
Ed eccoci serviti: partono dei video in cui si narra la mattanza che quotidianamente uccide migliaia di volatili che urtano contro aerei, missili, risucchiati dai motori, che provocano incidenti, o rompono il naso ad un modello che andava su altissime montagne russe.

Da anni molti stati svolgono ricerche per trovare rimedi naturali o scientifici a questi problemi. C’è chi cataloga le carcasse dei volatili che più frequentemente vengono trovati appiccicati agli aerei, e chi studia la probabile connessione tra l’uranio impoverito e le oche: pare infatti che questi animali siano attirati dalle radiazioni, e per questo motivo se ne trovino un gran numero squarciati nei motori degli aerei in volo.
Per non parlare del ritrovamento di cani, gatti e altri animali, catturati in volo da predatori molto più grandi e poi lasciati cadere sulle ali degli aerei.

Mentre gli altri spettatori divorano il loro cibo, il mio couscous rimane lì, soprattutto il pezzo di carne che ritrovo in mezzo.
La hostess, dalla gentilezza finta e affettata, ripone di nuovo i vassoi nel carrellino, specificando che nulla verrà sprecato, visto che da una settimana il loro stomaco sopporta queste cene.
Dopo i saluti di rito – “grazie per aver scelto il nostro volo” -, usciamo sorpresi, chi sorridente, chi meno. Io personalmente disgustata. Lo sperimentalismo teatrale ha forse raggiunto limiti esagerati. L’idea del dossier giornalistico, del documentario animalista ironicamente pungente, è di certo interessante e scuote le coscienze. Ma definire teatrale una performance del genere potrebbe forse essere azzardato. In compenso gli spettatori, al costo di un biglietto teatrale, hanno gustato una piccola cena, sterilizzata e veloce .

PLANE FOOD CAFE
di Richard Dedomenici
con: Richard Dedomenici, Monica Nappo
produzione: ARTSADMIN
durata spettacolo: 25’
applausi del pubblico: —

Visto a Napoli, PAN Palazzo delle Arti, il 18 giugno 2010

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