Vie Festival 2010. Videoreportage dal cuore dell’Emilia teatrale

Daniel Linehan
Daniel Linehan
Daniel Linehan (photo: Jason Somma)

Modena 8-16 ottobre. Nove giorni per la sesta edizione di VIE Scena Contemporanea Festival, con una programmazione come sempre estesa a tutta la città e ad alcuni comuni vicini, come Carpi e Vignola, e anche Rubiera, fra spettacoli e compagnie provenienti da tutta la scena contemporanea mondiale.

Emilia Romagna Teatro Fondazione, anno dopo anno, ha dedicato alla scena contemporanea un festival che si pone come consolidata realtà di ascolto delle nuove tendenze internazionali, ospitando artisti sia del circuito di Prospero (il progetto internazionale a cui aderisce Ert), sia alcuni giovani talenti, giustapposti a compagnie ed artisti affermati.

Tornano, dopo il grande successo della passata stagione, con “Eurepica Challenge” i Belarus Free Theatre, nato del lavoro di 14 dramaturg provenienti da nazioni diverse che raccontano il surriscaldamento degli animi a livello globale. Perché la dittatura si avvicina e noi restiamo silenziosi. Un lavoro interessante.

Come interesse suscitano anche i berlinesi di Rimini Protokoll che tornano a Vie con “Black Tie” (ne abbiamo già parlato alcuni giorni fa in una panoramica sul primo week end della rassegna) con la protagonista, Miriam Yung Min Stein che racconta la sua storia, bimba di pochi mesi adottata da una famiglia tedesca.
E’ tornato in Italia, dopo il successo a Santarcangelo 39, anche il duo composto dal coreografo e danzatore Jonathan Burrows e il musicista Matteo Fargion, con i due lavori “Cheap Lecture” e “The Cow Piece”.

Nel secondo fine settimana, poi, Vie ha poi ospitato il debutto assoluto di “Atlante del Bianco lavoro” di Damasco Corner/Virgilio Sieni, una compagnia di danzatori non vedenti guidati in un esperimento di nuova percezione fisica dal noto coreografo e danzatore. Su questo spettacolo torneremo fra qualche tempo per presentarvi l’intervista esclusiva che Virgilio Sieni ha concesso a Klp.

Ma arriviamo al cuore del videoreportage in due puntate che iniziamo a proporvi oggi e che ricalca anche un po’ il filo rosso delle ultime edizioni del festival emiliano: già nella scorsa edizione, infatti, Vie ospitò Moj Grotowski, una mostra dedicata nel decennale della morte al grande maestro e insegnante polacco. L’edizione di quest’anno ha presentato tre lavori del Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards, i cui eredi sono proprio Richards e Mario Biagini. Di Biagini sono stati proposti “I am America” ed “Electric Party Songs”, dedicati ad Allen Ginsberg, mentre Thomas Richards ha accolto gli spettatori in “The Living Room”, un ulteriore passo nella ricerca scenica sull’arte come veicolo, e per molti una chiara esemplificazione del tipo di lavoro che ancora si svolge nel Laboratorio di Pontedera.

Richards ci ha concesso una ricca intervista al termine della performance (che vedrete prossimamente su Klp), da cui riusciamo a cogliere una serie di elementi sull’eredità di un lavoro ancora vivo e presente.
Dalle produzioni nate in ambito Prospero, diamo testimonianza attraverso le interviste al regista ungherese Galin Stoev, che ha messo in scena “La vie est un rêve” di Pedro Calderon de la Barca e Rachid Zanouda, allievo della scuola del teatro francese, che ha portato in scena il Koltès di “Quai West”.

Presente nel secondo fine settimana anche Antonio Latella, a introdurre i tre lavori di Teatro Anatomico, progetto di drammaturgia contemporanea dedicato al tema del fondamentalismo in scena in questo periodo a Napoli. “Rosa lux”, “La fame” e “Misfit like a clown”, tre monologhi scritti e diretti dalle registe-drammaturghe della “scuola” del nuovo Teatro Nuovo.
E nel prossimo futuro Ert produrrà Latella, parola di Pietro Valenti, che nonostante tutte le difficoltà continua a portare avanti un progetto che ben amalgama esperienza e novità, giovani realtà italiane e talenti europei: è il caso del notevolissimo Daniel Linehan, autore di due performance che sono risultate fra le cose più belle viste nell’edizione 2010.

Rachid Zanouda – Galin Stoev – Daniel Linehan

Intervista a Daniel Linehan

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