Il frigo. Copi a partire da Eva Robin’s

Eva Robin's è la protagonista de 'Il frigo' di Copi
Eva Robin's è la protagonista de 'Il frigo' di Copi
Eva Robin’s è la protagonista de ‘Il frigo’ di Copi (photo: teatridivita.it)

Nome d’arte, nom de plume, alias o a.k.a., also known as.
Lo pseudonimo è un nome fittizio che scrittori, cantanti, artisti… adottano in alternativa a quello anagrafico. Rispetto all’alter ego, che è in pratica una seconda personalità, chi sceglie uno pseudonimo, evidentemente, non ritiene che il proprio nome anagrafico rappresenti la propria personalità. O fama.
Eva Robin’s, infatti, all’anagrafe è Roberto Maurizio Coatti, ma l’attrice ha scelto di chiamarsi Eva, come la Kant di Diabolik, e Robins, come lo scrittore (Harold) il quale, a sua volta, adottò uno pseudonimo al posto del suo cognome Rubin, considerato poco commerciale per diventare – come accaduto – uno scrittore di bestsellers.

Altro artista. Raúl Damonte Botana, già diviso tra scrittura e arte figurativa fra Argentina, Francia e Italia, meglio si sintetizzò nella persona (spesso en travestì) di Copi.

Stile eccentrico, gusto per la caricatura, tendenza all’ambiguità sono caratteristiche accomunabili ai tre artisti o, meglio, ai tre pseudonimi che li hanno resi famosi: Eva Robin’s è l’icona della transessualità; Harold Robbins, pioniere di un genere letterario “porno soft”, visse sempre al limite, senza malizia, tra «aragoste, cocaina, orge»; infine Copi, il visionario inventore dell’immagine surreale e assurda della “donna seduta”, o sconfitta, che condivide gioie e frustrazioni con polli e topi, in un girotondo inesauribile di travestimenti.

Ecco perché Andrea Adriatico ha pensato di reinterpretare “Il frigo” di Copi a partire da Eva Robin’s, offrendo questo testo visionario alla versatilità dell’attrice che il regista bolognese, negli anni Novanta, portò in teatro e rese protagonista di diverse produzioni di Teatri di vita (“La voce umana”, “Ferita”, “Le serve”, “Giorni felici”), giocando con un’Eva, versatile, autoironica, e sempre bellissima, capace di plasmarsi a una drammaturgia impegnata, di scherzare col grottesco, e di lasciarsi andare nel divertissement.

La trama ruota attorno a un frigo che, solitario nella scena e isolato dall’azione, è un relitto metallico e ammaccato, niente in confronto ai colori e al design patinato degli altri elementi d’arredo.
Regalato (o abbandonato) dalla madre della protagonista nel giorno del cinquantesimo compleanno del/la figlia/o, la presenza di questo oggetto, in sé inutile, è il pretesto che scatena improbabili telefonate, condite con dialoghi che sono deliri, e confezionati dalle pose esagerate della protagonista.
Le telefonate sono seguite da scontri verbali e incontri non previsti, resistenze fisiche e prepotenze carnali, con l’alternarsi continuo e repentino di personaggi disturbanti, che rappresentano le fobie ma sono anche i “fantasmi” che affollano la vita della donna; come la madre, alcolizzata cronica (e cinica), e ultimo ospite prima che la protagonista decida di farla finita.

Senonché, un topolino viene adottato, coccolato, trattato come un uomo e preparato con lo smoking per la cena, e il “colpo di fulmine” salva la donna. O “almeno per qualche giorno”, sembra suggerire lo spettacolo, che parte da un frigorifero per azionare un domino infinito, vissuto dalla donna, e travestito da Eva Robin’s. L’attrice, unica interprete in scena, è un’instancabile trasformista, e per questo interprete ad hoc di un testo che, forse, richiama proprio quella continua metamorfosi che, di fatto, è la vita. Quella della continua ricerca del sé, attraverso la definizione di un’identità precisa o la scelta di un’altra più ambigua. Che si tratti di mascheramento per il palcoscenico, “travestimento” dei connotati anagrafici, o transessualità.

Il pubblico milanese appare nettamente diviso sullo spettacolo (in scena al Litta fino al 29 gennaio). Che magari non è fra quelli che più ti rimangono impressi nel cuore… tuttavia, non ha alcuna grave “mancanza”. E’ come se fosse un pacchetto, fatto e finito, che viene aperto e, a quel punto, può piacere o meno (ed ecco il pubblico dividersi tra chi lo ha amato e a chi proprio non è piaciuto). E forse allora è questo il limite, nonostante lo spettacolo, per chi scrive, abbia un suo perchè. Abbiamo cercato di spiegarlo.

Il frigo

di Copi
uno spettacolo di Andrea Adriatico
per Eva Robin’s
cura e aiuto: Daniela Cotti
scene: Andrea Cinelli, con la consulenza di Maurizio Bovi
costumi: Andrea Cinelli, col repertorio vintage di A.N.G.E.L.O.
organizzazione: Monica Nicoli
fotografia: Raffaella Cavalieri
durata: 55’
applausi del pubblico: 1’ 20”

Visto a Milano, Teatro Litta, il 17 gennaio 2012

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