Il Giardino delle Esperidi: il teatro in un paese utopico

Antiwords della Spitfire Company|Senza voce
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Senza voce
Senza voce (photo: Uli von der Sieg)
Nella sua undicesima fatica, Eracle si offrì di reggere il cielo al posto del titano Atlante, purché questi gli portasse tre mele d’oro dall’albero del Giardino delle Esperidi. Il titano ritornò da Eracle con le mele, ma apprezzata la libertà dal dovere di sostenere il cielo, provò a svignarsela.
Eracle non si lasciò ingannare: pregò Atlante di sostenere il peso per pochi minuti soltanto, affinché potesse fasciarsi il capo per reggere il cielo per il millennio a venire. Atlante, tratto in inganno, posò a terra le mele e riprese il suo carico. Subito Eracle raccattò i frutti e si allontanò, con ironico saluto.

Intelligenza e ironia, creatività e leggerezza: il cielo sopra l’antico borgo di Campsirago, nel cuore della Brianza, non è fardello, ma aria pulita e fresca. È cornice di uno scenario rilassante, poetico, evocativo di una civiltà rurale antica e sacra, ma non per questo dormiente.
In cima al colle che porta il suo nome, Campsirago domina tutta l’area sottostante. Incastonato nel verde di boschi e prati, ospita per dieci giorni, a inizio estate, quello che ormai conoscono bene anche i lettori di Klp: quel Giardino delle Esperidi giunto quest’anno alla decima edizione.

La natura è quasi un eden. Il paesaggio indica solitudine e voglia di tornare all’essenza delle piccole cose. In quest’oasi di pace, lontano dai frastuoni metropolitani, il tempo sembra sospeso. Ma il verde non è barriera, bensì apertura a ogni contaminazione culturale. L’inarrestabile globalizzazione viaggia sulla scia dell’arte.

Il festival integra la presenza di Scarlattine Teatro, la compagnia che qui ha sede, con i trenta abitanti del borgo. Paesaggio e creatività, in armonia: un modo di recuperare un equilibrio, una possibilità per appropriarsi di sé. Bello allora veder lavorare a fianco a fianco Valeria Sacco, attrice di teatro di figura di Riserva Canini, e Iptisa, ragazza marocchina di Beni Mellal, che ha scelto di vivere qui, lontano dal deserto e dal Mediterraneo.
Iptisa, la testa avvolta nel velo, osserva la cottura di salsicce preparate da un gruppo di giovanissimi cuochi di Desio. Wurstel e crauti, polenta e ‘zola, risotto alle mele e formaggio, spezzatino di pollo al curry, ma anche menu vegetariani: anche i sapori si mescolano in un melting-pot culinario, tra un bicchiere di barolo e una pinta di birra bavarese. Sigarette fai da te. Pochissime luci di smartphone. La tecnologia si chiude in una parentesi in questa Woodstock nostrana, meta di appassionati della scena, il sacro furore negli occhi, che scelgono la poesia come sballo. Le compagnie si avvicendano sotto un cielo che minaccia pioggia, tra lombrichi, cicale e gelsi. Le luci della pianura, in lontananza, creano dietro il palco una scenografia mozzafiato.

Ed eccoli, gli spettacoli. “Senza voce”, di Principio Attivo Teatro, con Silvia Lodi accompagnata dalla chitarra di Leone Marco Bartolo, è la storia di Ciccilla, brigantessa dell’Italia postunitaria, retaggio di un Sud arcaico, malinconico ed eretico. La cadenza siciliana nella recitazione sa un po’ di maniera. Meglio il canto, che dà forza a un pensiero politico e alle sue istanze sociali.

Che meraviglia “Loro. Storia vera del più famoso rapimento alieno in Italia”, di e con Maurizio Patella. Nelle atmosfere livide e invernali di una Liguria anni di Piombo maturano le vicissitudini del metronotte Zanfretta, rapito dagli alieni. Tra noir e poliziesco, con l’aiuto degli evocativi giochi dell’epoca (macchinine e soldatini, Cicciobello e mini torce) Patella crea atmosfere da fantascienza e ricostruisce un’epoca. Peccato per qualche lungaggine: spuntando qua e là, lo spettacolo guadagnerebbe in vitalità, diventerebbe un cammeo.

Usa lo spazio scenico dell’intero villaggio Soledad Nicolazzi di Stradevarie in “Bandite”. Maschere, installazioni dal sapore artigianale, interazione con il pubblico: uno spettacolo sulle pari opportunità. La denuncia di una mentalità misogina che taccia di pazzia, blasfemia e prostituzione le donne che si ribellano a chi le vuole mute e assertive. Figure come le Pussy Riot o Lena Ben Mhenni, eroina tunisina della Primavera Araba. Bandite come le Femen, che manifestano nude, o l’afgana Malalai Joya. Qualche angolosità drammaturgica e una recitazione acerba: le idee ci sono, Soledad si farà.

Antiwords della Spitfire Company
Antiwords della Spitfire Company
Bottiglie di birra, stappate e trangugiate l’una dopo l’altra d’un fiato, rendono esilarante il teatro di figura degli acclamati cechi di Spitfire Company.
Vestite da uomo, due giganteschi capoccioni bronzei a coprirne il viso, Jindřiška Křivankova e Miřenka Čechova, dirette da Petr Bohač, partono dalla poetica dell’eroe nazionale Václav Havel per “Antiwords”, spettacolo che integra danza, musica, teatro fisico e visuale di grande suggestione ed efficacia.

Presepe napoletano o quadro di Hieronymus Bosch? Fiera degli Oh bei oh bei o Paese dei Balocchi? È affollatissimo “Cupido es un broma”, di ScarlattineTeatro – David Zuazola Puppets Company, con Anna Fascendini e David Zuazola. Un carillon sulle pene d’amore, animato dalle musiche dal vivo del polacco Marek Zurawski. Allegorie morali e satiriche, popolate da forme bizzarre e da figure strane, illustrano con acuto e fantasioso senso del colore la tragicommedia umana.
Il bazar tout public di “Cupido” valorizza l’arte di David Zuazola, puppet designer che lavora sul recupero di materiali di scarto, e li trasforma attraverso un’inedita tecnica di movimento. Si materializzano figure antropomorfe, statue divine mosse da corde e fili, creature ibride un po’ marionette un po’ attori in carne e ossa.
Burla, beffa, ma anche gioco e sorpresa. Forse un tantino sovraccarico, e una drammaturgia che a momenti sembra navigare a vista. Però “Cupido” si adatta bene alle atmosfere di questo festival, dove lo svago individuale coincide con quello di una comunità. E a tratti affiorano gli echi, non solo elegiaci, di certe utopiche città ideali.
 

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