Menoventi: Perdere la faccia al cinema

Perdere la faccia - Menoventi
Perdere la faccia - Menoventi
Perdere la faccia – Menoventi

Mi incuriosiva già da un po’. Impegnato su altri fronti, lo avevo perso a Santarcangelo, questo primo cortometraggio targato Menoventi, giovane compagnia con base a Faenza e recente vincitrice della prima edizione del premio Rete Critica.

Per realizzarlo, Alessandro Miele, Consuelo Battiston e Gianni Farina si sono messi nelle mani nientemeno che di Daniele Ciprì, ex gemello di Franco Maresco in quel duo che, prima con la serie Cinico Tv e poi con i lungometraggi “Lo zio di Brooklyn”, “Totò che visse due volte”, “Il ritorno di Cagliostro” e “Come inguaiammo il cinema italiano – la vera storia di Franco e Ciccio”, hanno sicuramente creato e consolidato un personale genere cinematografico, oltre che nutrito orde di fan. Tra questi ci sono sicuramente i tre Menoventi, i quali hanno consegnato la sceneggiatura in mano a Ciprì, che si è occupato anche della fotografia (lui è del resto già direttore della fotografia per Roberta Torre, Celestini e Bellocchio).

Le premesse erano insomma ottime, e la curiosità nasceva sopratutto dal coraggio con cui una giovane realtà teatrale tenta il suo approccio personale alla settima arte.
Cinema e teatro, benché spesso accomunate, sono arti che non dialogano poi così tanto, e poche compagnie di teatro contemporaneo, in percentuale, hanno sentito il bisogno di cimentarsi con la pellicola.

“Perdere la faccia” arriva a Roma nella brillante e coraggiosa stagione teatrale dell’Angelo Mai intitolata “Da dove sto chiamando”. Percorsi di assenza e lontananza “consapevole” che si strizzano l’occhio fin dal titolo.
Una breve introduzione permette a Ciprì (assente per impegni improrogabili) di salutare la platea mentre Consuelo Battiston spiega il motivo scatenante del cortometraggio: una ragazza smarrisce un pezzo di carta in un bar e lei lo raccoglie. Poi legge il contenuto: un interrogativo quasi kafkiano sulla crisi e la distanza fra essere ed apparire, fra indossare una maschera e gettarla: “Confessione e bugia sono la stessa cosa. Per poter confessare, si mente. Ciò che si è non lo si può esprimere, appunto perché lo si è; non si può comunicare se non ciò che non siamo, la menzogna”.

Frase astratta ma efficace, risuonerà nelle immagini per tutto il cortometraggio, in questi 20 minuti in cui Alessandro e Consuelo (affiancati per questa volta da Rita Felicetti) mostrano doti di attori che possono spingersi oltre la scena contemporanea in cui sono cresciuti. Riescono infatti a bucare lo schermo, complice una sceneggiatura compatta (una storia d’amore molto semplice ma in cui c’è tutta la poetica dei Menoventi e tutto il “realismo fantastico” di Daniele Ciprì), e soprattutto un uso della fotografia degno del miglior Cinico Tv, ma dai colori accesi e molto teatrali.

Il maestro siciliano non si ferma qui: e nel “terzo incomodo” (il personaggio interpretato dalla bionda e minuta Felicetti) svela via via tutto il suo immaginario di una carriera ventennale: la tipa è dolce e fuori luogo, trash e svampita, timida e maleducata. Fa da rottura all’amore, in un ballo continuo tra realtà e finzione (come nella scena del compleanno, dove non si capisce se quello che sta succedendo sia vero o falso).

Un testo da Pirandello moderno ma dal sapore antico, una ricerca della verità del teatro attraverso la menzogna del cinema. Un gioiellino, condito dall’interessante dibattito finale “Una prospettiva sulla questione”, in cui Gianni Farina ci parla del ‘making of’ e delle scelte di montaggio, lui co-montatore del film insieme a Ciprì.

Perdere la faccia
cortometraggio di Menoventi – Daniele Ciprì
regia: Daniele Ciprì
con: Consuelo Battiston, Alessandro Miele, Rita Felicetti
soggetto e sceneggiatura: Consuelo Battiston, Gianni Farina, Alessandro Miele
fotografia: Daniele Ciprì
montaggio: Daniele Ciprì, Gianni Farina
immagine:i Nicola Samorì
coproduzione: Menoventi e Santarcangelo 41
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna e Banca di Romagna
e con il patrocinio del Comune di Faenza

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