Per questo e altri motivi eccoci al Teatro Ygramul, nel periferico quartiere San Cleto a vedere che accade. La prima impressione è di un posto molto vitale, che soffre però la lontananza dai quartieri centrali e l’indifferenza dei mezzi di comunicazione.
Attendiamo l’inizio dello spettacolo nell’accogliente bar, in scena è “Affabulazione” di Pier Paolo Pasolini nella versione del gruppo Ygramul LeMilleMolte diretto da Vania Castelfranchi.
La messa in scena parte dall’esperienza della compagnia nell’isola di Bali nel 2007, in un progetto teatrale di lotta e prevenzione alla pedofilia e al turismo sessuale. Si tratta – sia nelle intenzioni della compagnia che nella realizzazione – di Terzo teatro allo stato puro, sulla scia dei grandi maestri dell’antropologia teatrale. Un approccio forse già datato ma ancora affascinante.
In sala troviamo una struttura in legno molto complicata, su cui gli attori si arrampicano, si intersecano, penzolano. La struttura rappresenta la casa borghese ma ricorda i ring dove a Bali si svolgono i combattimento dei galli, pratica di scommesse ancestrale e suggestiva.
Le forti influenze dall’universo teatrale asiatico si notano fin dall’inizio: le maschere, le movenze degli attori, i canti scanditi dal suono del gong… quella grande tradizione balinese che da sempre stimola l’Europa (anche Artaud ne subì il fascino durante l’Esposizione coloniale di Parigi nel 1931).
Il pubblico prende posto ai quattro angoli del ring, i personaggi pasoliniani rinascono da questo ambiente balinese e si scontrano come galli. Oggetti bizzarri popolano la scena. Molto belli i costumi, che mescolano Asia e creatività occidentale.
È un teatro del gesto come atto necessario. È un teatro dove i personaggi di Pasolini (il 5 marzo saranno 90 anni dalla sua nascita) combattono contro la pedofilia. È un teatro delle ambiguità sessuali, del corto circuito fra un Occidente alla deriva narrato da Pasolini e l’Oriente delle grandi tradizioni descritto nella messa in scena.
L’adattamento del testo si inserisce bene nel contesto balinese, l’unico appunto è che forse si poteva parlare in maniera più netta della grande piaga del turismo sessuale a Bali e in molte altre parti dell’Asia.
“La pedofilia, in questa lettura balinese – racconta la regista – diviene una ‘tautologia’ della nostra cultura; unica via di sfogo dalla struttura familiare imposta, obbligata per i più deboli e schivata con sforzi, nevrosi e frustrazioni dai più forti”. Un approccio antropologico a Pasolini per denunciare le storpiature della famiglia occidentale.
Grande è l’affiatamento in scena di una compagnia-tribù che da anni mette a frutto i suoi viaggi ai quattro angoli del mondo (Mato Grosso, Amazzonia, Malawi…) per consegnarli al pubblico. Un teatro officina, dove il legno della struttura quadrata parla di grande dedizione, dove gli sguardi degli attori verso il pubblico trasmettono una consapevolezza politica ancor prima che artistica. Un teatro testardo, che cresce e migliora nel freddo di una sala di periferia. Un teatro a testa alta.
Affabulazione
liberamente tratto dall’opera omonima di Pier Paolo Pasolini
regia Vania Castelfranchi
interpreti Vania Castelfranchi, Valentina Conti, Alessandro Feroleto, Cinzia Antifona, Federico Moschetti
musiche dal vivo Federico Moschetti
scenografie Isabella Faggiano, Fiammetta Mandich
costumi Isabella Faggiano, Valentina Gualandri
studio drammaturgico Vania Castelfranchi, Gloria Imparato
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 2’ 12’’
Visto a Roma, Teatro Ygramul, il 18 febbraio 2012