
Più che un racconto autobiografico, “L’odore del legno e la fatica dei passi”, edito da ATì Editore, è la storia di un amore a tre. Un ragazzo italiano ama il teatro con la giusta dose di ardore giovanile e con la consapevolezza che il sentimento sia destinato a durare tutta la vita. Ma c’è un altro amore di mezzo, più contorto: quello dello stesso ragazzo per il proprio Paese, l’Italia, stato bellissimo e decadente.
Proprio questo Paese che alla cultura deve molto, che ha una solida tradizione teatrale e artistica, mette in difficoltà la relazione tra il giovane e il teatro. Già, perché decidere di fare teatro in uno Stato che tratta l’arte e la cultura più come un vizio da curare anziché una risorsa non è per niente semplice.
Alberto Oliva, milanese, trent’anni il prossimo dicembre, 18 regie alle spalle, ci conduce in un viaggio all’interno della propria esperienza teatrale, dalla vocazione alla formazione, trascorsa fra allestimenti scenici che ricordano le botteghe artigianali, passando attraverso successi e delusioni, ostacolato da troppa burocrazia ma aiutato da mentori e amici come Bosisio e Mino Manni.
La narrazione è coinvolgente quando si concentra sulla gavetta di Oliva: dalla decisione di proporsi gratuitamente sulla scena milanese come assistente regista per sei spettacoli nello stesso anno per fare esperienza, alla scelta di frequentare la scuola del Piccolo Teatro, la scrittura è travolgente, e si percepisce la sincerità del racconto. Viene fuori un interessante spaccato della vita teatrale milanese indagata senza sentimentalismi e con molta fedeltà al vero.
Una città che pullula di teatri e di proposte, in cui gli stimoli per chi vuole intraprendere questa carriera sono molteplici, ma altrettanto innumerevoli sono appunto gli ostacoli della burocrazia.
Oliva ci conduce per mano lungo il suo apprendistato, tra spazi cittadini abbandonati che diventano quinte teatrali e colloqui improbabili quanto imbarazzanti con assessori dediti al narcisismo.
Tra quelle pagine prende corpo la presa di coscienza dell’autore di voler rimanere in Italia, nonostante le difficoltà, anzi proprio per queste. Da giovane regista, Oliva decide di lavorare nel proprio Paese, alla ricerca di un cambiamento cui aggrapparsi con tenacia ed ostinazione, piuttosto che emigrare verso Paesi dove la vita d’artista è in qualche modo più semplice, o per lo meno più riconosciuta.
“L’odore del legno e la fatica dei passi”, seppur nell’ingenuità dello stile del racconto, in alcuni punti forse un po’ troppo narcisistico, è comunque un’interessante testimonianza della vita da palcoscenico ai nostri giorni in Italia dall’orizzonte di chi intraprende questo tortuoso percorso.
L’odore del legno e la fatica dei passi. Resto in Italia e faccio teatro
Alberto Oliva
ATì Editore
2013
250 pgg.
18 euro