Every now and then. Il libro-teatro di Mette Edvardsen

Mette Edvardsen
Mette Edvardsen
Every now and then (2009) – drawings by Heiko Gölzer

L’indagine sullo spettacolo contemporaneo proposta dal festival F.I.S.Co. 2011 ha presentato allo spazio Sì di Bologna la performance “Every now and then” dell’artista norvegese (belga di adozione) Mette Edvardsen. La Edvardsen infatti vive e lavora a Bruxelles, dove per alcuni anni (1996-2000) è stata anche danzatrice e performer per Les Ballets C. de la B. con Hans Van den Broeck.

In entrata, ad ogni spettatore viene consegnato un libro fotografico in cui due performer agiscono in uno spazio neutro con alcuni oggetti: una pianta, dei microfoni, due sedie pieghevoli.
La scena è vuota, minimale come nelle foto. Dalle quinte nere escono un uomo e una donna, Mette Edvardsen e Philippe Beloul, che camminano tracciando traiettorie nello spazio, in silenzio. Si ignorano, si seguono, si scontrano.
Quanto accade in scena sembra essere lo svolgimento in forma di movimento di quello che raccontano le immagini.

Dopo poco, la Edvardsen, al microfono, invita a usare il libro, a leggerne le immagini nel corso della performance, avverte che le luci rimarranno accese per riuscire a vedere più chiaramente, e porge delle domande che molto probabilmente hanno già attraversato fulminee la mente degli spettatori: chi sono queste due persone in scena? Danzatori? Cosa stanno facendo, cosa faranno? E soprattutto, che tipo di relazione c’è con le immagini del libro?

Pur essendoci un’identità di fondo, i performer sono gli stessi dal vivo e nelle foto, la situazione è pressoché identica, gli oggetti portati dentro e fuori dalla scena sono tali e quali a quelli delle immagini. Nonostante tutto questo, però, le due fonti a disposizione dello spettatore divergono. Si tratta di scarti minimi che, pur avendo molto in comune, portano a soluzioni completamente diverse. Ad esempio, seguendo il libro lo spazio viene riempito da scotch colorato. Dal vivo questa azione viene rievocata dal rumore registrato di uno scotch che viene srotolato e solo alla fine compare in scena Philippe Beloul con in mano una palla di nastro adesivo.

Immagini fissate e movimenti dal vivo instaurano un rapporto dialettico di negazione, conferma e contraddizione allo stesso tempo. Lo spettatore sceglie cosa guardare, ma una scelta definitiva è impossibile: lo sguardo richiesto dalla performance è necessariamente uno sguardo mobile, attivo, capace di costruire e inventare nessi fra le due situazioni in atto.
Non c’è uno svolgimento narrativo, sembrano più che altro situazioni sul punto di iniziare o appena finite.
In un momento della performance Beloul entra in scena carico di oggetti, che dispone con criterio sul pavimento, con la stessa aria quotidiana di chi entrando in casa si libera di chiavi, pacchi, buste della spesa. Un breve momento di pausa e poi, raccolti di nuovo gli oggetti, esce di scena.

“Every now and then” è sicuramente un esperimento interessante, soprattutto per il tipo di coinvolgimento che chiede allo spettatore. Ma rimane un’operazione per lo più intellettuale: sembra un test formale sulla possibilità della visione e sulla commistione di linguaggi, troppo concentrato sul meccanismo che lo genera più che sull’efficacia vera della performance.

Every now and then
ideazione: Mette Edvardsen
creazione e performance: Philippe Beloul e Mette Edvardsen
luci: Jan Van Gijsel
suono: Charo Calvo
graphic design: Michael Bussaer
foto: Julien Lanoo
produzione: Helga Duchamps/duchamps vzw e Mette Edvardsen/Athome in collaborazione con Kaaitheater Brussels, Vooruit Gent, Netwerk Aalst, Les Brigittines Brussels, De Pianofabriek Brussels, Weld Stockholm
durata: 56’
applausi del pubblico: 1’ 15”
prima italiana

Visto a Bologna, Spazio Sì, il 10 aprile 2011

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