
Una breve ouverture crea lo spazio immaginativo dello spettatore: siamo all’interno del Mount Carmel Hospital. Improvvisamente irrompono dalla platea i pazienti. Sono assordanti, invadenti, agitati, festosi e variopinti. Ognuno nel proprio delirio, ognuno nel proprio dolore. Riempiono lo spazio, lo rendono vivo, sono tra noi… o forse siamo noi tra loro.
Continua con Antonio Latella il viaggio nella letteratura, tra lettere e parole, stavolta attraverso l’esperienza di Oliver Sacks, medico-letterato che negli anni ’60 prese in cura i malati di encefalite letargica. L’obiettivo? Risvegliarli. Come? Attraverso l’uso della L-Dopa, la “sostanza miracolosa”. “Risvegli” è infatti il titolo del testo scritto dal dottor Sacks, «una raccolta di appunti di un uomo di scienza che considera fondamentale la dimensione umana nelle patologie». Dimensione umana: ma si può davvero parlare di “dimensione” e di “uomo”?
Confusione mentale, psicosi deliranti o allucinatorie, disorientamento tempo-spaziale, attività onirica intermittente, agitazione, scoppi improvvisi di riso o pianto, irritabilità, impulsività e compulsività, irrequietezza comportamentale. Nonostante i disturbi deliranti e percettivi, i pazienti dimostrano momenti di autocritica, con coscienza angosciata di malattia, improvvisi accessi collerici, associati a incontinenza emozionale: questi i sintomi e gli effetti dell’encefalite letargica, conosciuta anche come “sindrome parkinsoniana post-encefalitica”.
L’ L-Dopa è il farmaco che permette di destare i pazienti dal “sonno” per riportarli ad una “normalità” conosciuta, una sorta di elisir di lunga vita.
«L Dopa mi porta alla pazzia, ma se me la togli muoio»; tuttavia «dove inizia il pazzo, finisce l’uomo». Una malattia delirante e dolorosa, insomma, che racchiude un mondo di spietata e lucida consapevolezza. La loro “normalità risvegliata” è per noi pazzia irrefrenabile, per loro estasi vitale. Dov’è il confine?
“[H] L_Dopa” è un progetto nato dopo l’esperienza del 2006 con l’Ecole des Maitres diretta da Franco Quadri, risultato di un laboratorio itinerante che si è svolto in diversi paesi europei tra 2008 e 2009. Coinvolge 14 attori di cinque nazioni diverse (Spagna, Portogallo, Belgio, Francia e Italia), e insieme al “Don Chisciotte” calcherà le scene del Nuovo Teatro Nuovo di Napoli fino al 24 gennaio.
«La lingua interna di questa compagnia non può che avere un carattere unico – spiega Linda Dalisi, che con Latella ha curato la drammaturgia – Il processo creativo poi, attraverso diverse fasi successive di avvicinamento a una materia definitiva, è esso stesso un mondo composto da altri mondi. E infine la natura stessa degli insiemi di parole che compongono il lavoro, corale e polifonica, suona come un componimento».
«Avevamo qualcosa d’infinitamente bello e l’abbiamo perduto. L’L-Dopa ci aiuta a ritrovarla».
Inizia il viaggio, «come una favola e pian piano un lineare alveare – l’insieme delle minuscole stanze di una clinica – si popola di parenti colorati e rumorosi: ogni parente ha la sua piantina da curare, da guardare, da nutrire – prosegue la Dalisi – Ma un confine si rompe e questi parenti si spogliano, una metamorfosi trasforma quei corpi pittoreschi in esseri che, stringendo fortemente a sé il proprio caro, entrano in esso, prendendo il suo posto, nel secondo stadio di una metamorfosi più grande. Nel nuovo alveare irrompe il medico, simile a un dio, come una folata di vento così forte da rompere un rametto di ogni pianta. La selva di pazienti inizia a gemere in un concerto sommesso. Un sibilo che vuole uscire, schiumato di costrizione e dolore, ribollente di impossibilità, in un’insubordinazione contro le fibre legnose dei corpi… La sinfonia è attraversata da un metronomo spietato».
Nel terzo ed ultimo stadio i primi due mondi si fondono nel sogno. E’ il sogno della guarigione e della rinascita.
Aiutiamo il dottor Sacks, aiutiamo noi stessi. L’uomo, quello stesso uomo capace di inventare le favole, di scriverle, di sognarle, non è però in grado di viverle. I pazienti di questa clinica, invece, hanno risvegliato la loro favola ed ora hanno voglia di viverla, come bambini che, dopo un giro sulla giostra, vogliono farne un altro e un altro ancora.
Loro la “dimensione umana” non sanno cos’è, e neppure interessa saperlo: nel gioco della vita sono già al livello superiore, l’ultimo, il più difficile ma quello più adrenalinico. Tanto che alla fine ci sorpassano, camminandoci quasi addosso, lentamente, da un bracciolo all’altro della platea. Noi, seduti, li guardiamo dal basso verso l’alto: sembrano enormi, leggeri, ultraterreni.
Hanno scelto, nonostante la malattia che li divora; hanno scelto di vivere la felicità che resta, anche se procurata dall’aiuto della pillola dell’eutanasia. Dopotutto chi non vorrebbe “un litro di gelato al cioccolato e un clistere all’olio d’oliva”?
Un toccante inno alla vita, quello che Latella e la sua brava ed eclettica compagnia porta coraggiosamente in scena. «Credere nella guarigione, credere che il teatro sia il luogo dove non si ha paura di esporre la propria malattia, quella fisica, quella mentale, quella dell’anima – spiega il regista – In questo luogo il dolore del mondo e dell’uomo può assumere le tinte di una favola buffa, grottesca, tragica, comica, politica, pur restando sempre una favola che ci aiuta ad esorcizzare il male di vivere. Se fin dall’inizio accettiamo che la nascita è comunque un lento morire, la vita stessa è malattia, e a noi non resta che l’accettazione di essere solo un passaggio necessario alla vita».
[H] L_DOPA
drammaturgia di gruppo a cura di Antonio Latella e Linda Dalisi
con: Alexandre Aflalo, Jean-François Bourinet, Paula Diogo, Estelle Franco, Julián Fuentes Reta, Natalia Hernandez Arévalo, Dominique Pattuelli, Luís Godinho, Valentina Gristina, Daniela Labbé Cabrera, Emiliano Masala, Martim Pedroso, Daniele Pilli, Ana Portolés
scene e costumi: Fabio Sonnino
musiche: Franco Visioli
disegno luci: Giorgio Cervesi Ripa
trainer e movimenti scenici: Francesco Manetti
coreografie di gruppo a cura di Alexandre Aflalo, Antonio Latella, Francesco Manetti, Daniele Pilli
realizzazione costumi: Cinzia Virguti
foto di scena: Brunella Giolivo
realizzazione video: N.F.I. Napoli Festival Imagine
assistente alla regia: Catherine Schumann
regia: Antonio Latella
durata: 4 h (con due intervalli)
applausi del pubblico: 2’ 28”
Visto a Napoli, Nuovo Teatro Nuovo, il 4 gennaio 2009
Prova generale al debutto
Esemplare performance di un gruppo di attori/autori, rappresentazione tragico-comica delle “storie” narrate da Oliver Sacks nel suo “Risvegli”..un viaggio tra la malattia e la sofferenza, tra l’accettazione di un Limite e la Speranza nel progresso, tra l’amore e l’odio. Un viaggio all’interno del “mondo dai confini strappati”, mondo in cui l’uomo crea “mondi morbosi” che al contempo lo difendono e lo distruggono, dimensione in cui l’uomo mette a nudo l’anima, quel fragile e prezioso cristallo che ognuno gelosamente custodisce. In 3 atti si sviscerano i più intimi meandri della psiche umana, si dà voce ai più riservati pensieri dell’uomo, si dispiegano a mò di ventaglio tutti gli aspetti dell’essere umano: dalla coralità di un sodalizio Uomo-Malattia si passa all’individualità di una Lettera dell’alfabeto quale parte di un Tutto, nota di una melodia che ha in sé armonia e caos, lettere dell’alfabeto che sembrano scandire il Tempo come il battito travolgente di una vita che si ribella, si affanna, vuol affermare se stessa nella perenne lotta con la Sig.ra Malattia.
La malattia non ha solo un carattere proprio, non è solo autonoma antagonista di un precario principio di Vita, è anche parte della vita stessa, distrugge ciò che La sostiene, “l’Uomo è la sua malattia”. Dall’Universale concetto al particolare aspetto, dal linguaggio medico specifico alla visione olistica empatica del rapporto medico-paziente. I pazienti, la malattia, il sogno. In ogni atto si esamina il Tutto e la parte del Tutto, l’alfabeto e le sue lettere, e quell’infinitamente semplice si mostra nella sua infinita complessità.. “Come stai?” ..sembra una semplice domanda, ma si tesse di una intricata trama di aspettative e attualità, bel oltre la sintetica risposta, ben oltre il visibile. Il Mondo ha confini strappati, l’Uomo-attore si fonde in un sodalizio con lo spettatore travolgendoLo nello slancio emotivo di una Vita che va oltre la Vita.