Ci sono voluti più di quarant’anni per poter rivedere sulle scene italiane “Il vicario”. Il testo del drammaturgo tedesco Rolf Hochhuth era stato presentato (clandestinamente) a Roma, nel 1965, da Carlo Cecchi e Gian Maria Volonté, ma subito proibito dal Ministero degli Interni. Motivo di questa censura nostrana la denuncia, nel testo, del colpevole silenzio del papa Pio XII sulla Shoah: gli esponenti del Vaticano, quindi, avrebbero potuto rimanerne contrariati. Meglio vietare.
L’occasione per tornare alla pièce, pubblicata in Germania nel 1963, è il frutto del lavoro di un gruppo di attori cresciuti artisticamente intorno alla figura di Antonio Latella. Attraverso una lettura scenica i giovani protagonisti, grazie alla pulita regia di Rosario Tedesco (che è anche interprete), fanno parlare le parole, restituendo la meritata visibilità al testo, dopo anni in cui era addirittura sparito dai cataloghi. Ambiguità tutta italiana, visto che in Germania viene proposto annualmente dal Berliner Ensemble e ha venduto un milione di copie. Ennesima conferma dell’ingerenza ecclesiastica nelle questioni italiche?
Anche Costa Gravas lo utilizzò come soggetto del suo film “Amen”, tuttavia la locandina che realizzò Oliviero Toscani venne censurata.
La scelta di affidarsi alla ‘mise en espace’ è facilmente dovuta da necessità produttive (mancanza di sostegno economico) ma, complice la bravura e la sentita partecipazione di tutti gli attori in scena, potrebbe anche essere intesa come una scelta etico-politica: far risaltare il testo alle orecchie del pubblico, enfatizzando il colpevole silenzio della Chiesa di fronte all’Olocausto.
In realtà si tratta di una lettura scenica non letta, in quanto gli attori interpretano il testo a memoria, muovendosi sul palco con i rispettivi leggii. Movimenti scenici che vengono evidenziati da un interessante gioco di luci.
Il testo è fortemente attuale, fresco e dai ritmi giusti. I personaggi, tra cui emergono Matteo Caccia e Marco Foschi, nei panni rispettivamente di un ufficiale delle SS e di Padre Fontana, ossia i due che tenteranno inutilmente di far uscire il Vaticano allo scoperto, alternano le battute in un crescendo drammatico che sottolinea un silenzio colpevole e mai abbastanza denunciato.
Lo spettacolo, nelle sue repliche romane al Piccolo Eliseo, prevede un ospite diverso ogni sera, da Giorgio Albertazzi a Lina Wertmuller. Claudia Pandolfi è l’ospite dell’ultima serata. All’attrice romana il compito di concludere la ‘mise en espace’ leggendo una lettera scritta da Rolf Hochhuth e attribuita, nella finzione teatrale, a una ragazza ebrea di Ostia.
L’intero cast riesce a trasmettere la potenza della Chiesa e del Reich rispetto all’impotenza di pochi personaggi desiderosi di rompere il silenzio. E si percepisce anche l’attaccamento, da parte degli attori, ad un progetto che hanno innalzano come un vessillo di verità e portato in giro da due anni (debuttò a Milano nel 2007), in attesa di una produzione che dia loro la possibilità, finalmente, di allestire uno spettacolo completo. Ma, forse, è più importante che rimanga così com’è.
IL VICARIO
di Rolf Hochhuth
progetto e lettura Matteo Caccia, Marco Foschi, Annibale Pavone, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, Rosario Tedesco
adattamento e regia Rosario Tedesco
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
durata: 1 h 17’
applausi del pubblico: 1’ 35’’
Visto a Roma, Piccolo Eliseo Patroni Griffi, il 18 aprile 2009