Si chiama Kantoriana ma non è una rassegna intitolata al regista, pittore e scenografo polacco, nato nel 1915 e morto l’8 dicembre 1990. Tra qualche giorno saranno vent’anni esatti senza uno dei maggiori teorici del teatro del Novecento, eppure Kantoriana non riproporrà nemmeno uno degli spettacoli di Tadeusz Kantor.
“In tre serate [in scena proprio in questi giorni, con serata finale domani 5 dicembre, ndr] verranno messi in scena 11 progetti di artisti che hanno meno di 35 anni; saranno presentati sottoforma di studio della durata di 30 minuti, e valutati da una giuria popolare che sceglierà i tre migliori- spiegano dal teatro Crt di Milano – I finalisti nel corso di una quarta sera riproporranno il loro studio a una nuova giuria composta da critici professionisti, che sceglierà quale spettacolo merita di rientrare nel cartellone del Crt il prossimo febbraio”.
Ancora, quindi, a più di trent’anni dalla fondazione, il centro teatrale nato a Milano nel 1974 come luogo deputato alla ricerca, come alternativa teorica e produttiva al teatro stabile (e avvalorata dal nomadismo della sua sede), sostiene la sperimentazione. Va ricordato, infatti, che è stato il Crt a portare in Italia Kantor nel 1979 nel contesto di una sprovincializzazione della scena, milanese e italiana; e oggi quindi, in un momento critico dal punto di vista delle risorse economiche, che pesa sull’evoluzione creativa, “il Crt ritiene di doversi riproporre con quel ruolo propulsivo nella cultura teatrale che ha sempre svolto. L’uscita dalla crisi può essere cercata suscitando risposte coraggiose sul piano della creatività”. Ecco il nesso che, secondo Sisto Dalla Palma, lega Kantor a un concorso indirizzato alla giovane produzione.
Il ventennale della morte, poi, è l’occasione che permetterà di finalizzare ancora di più l’iniziativa, dando la possibilità al vincitore di portare in scena il suo studio in forma di spettacolo della durata di 60 minuti all’interno della prossima programmazione del teatro milanese.
Non ci basta. Non ci basta l’occasione di un anniversario, e nemmeno fermarci al legame storico, quindi indissolubile, ormai quasi scontato, Crt-Kantor. Queste risposte certamente incorniciano l’iniziativa, ma coprono la portata innovativa di Kantoriana. Parlando con chi coordina i lavori durante il concorso, infatti, si intuisce l’effettivo valore dell’idea, forse tutto nella formula. Chiedere al pubblico di valutare la portata innovativa degli 11 giovani progetti teatrali che, “in nome del teatro di Kantor”, utilizzano, collaudano e quindi propongono quelli che dovrebbero essere i nuovi linguaggi spettacolari, è una forma di coinvolgimento che responsabilizza il pubblico. Ogni spettatore è giurato, con tanto di bedge al collo, deve garantire la sua partecipazione a tutti gli spettacoli e deve essere in grado di riconoscere determinati criteri di valore per ogni messa in scena: dalla padronanza del linguaggio utilizzato al rispetto della puntualità in sala. Inoltre, lo spettatore compilerà una scheda tecnica che consegnerà al termine di ogni serata. Insomma, non deve certo addormentarsi. Precisazione banale, ma non del tutto scontata se si parla di “giuria popolare”. “In effetti questa giuria è quasi tecnica – spiega Silvio Castiglioni, incaricato dal Crt di guidare la giuria popolare -. Non è composta da un pubblico tradizionale, da chi magari è abbonato e per abitudine al venerdì viene e teatro, anzi. Sono proprio questi gli spettatori che si autoescludono dal ruolo di giurati, perché non possono garantire presenza continuativa nelle tre serate. Al contrario, gli studenti di teatro, gli universitari, e in generale il pubblico giovane, possono”. “Devono!”, verrebbe da dire.
Ecco stanato il valore aggiunto, ma rimasto in ombra, della Kantoriana promossa dal Crt: opportunità di sviluppo per nuove produzioni, ma ancora di più, occasione di formazione per un nuovo pubblico. Giovani per i giovani quindi: spettatori appassionati e attenti a disposizione di artisti coraggiosi e (più o meno) indipendenti. In comune, la concezione di un teatro ribelle alle convenzioni, dal punto di vista di chi lo fa e chi lo segue. Trovarsi, attori e spettatori, in un teatro “precario”: ecco forse il punto di contatto con Kantor, ideatore del Teatro Indipendente, inventore di una personalissima forma di espressione che comprende testo e immagini, soggetta al contagio di altre arti, sintesi visiva, ed evidente, dell’inquietudine presente. Questa la più profonda analogia tra Kantor e Kantoriana, e il primo motivo di successo dell’iniziativa.
Ora, in attesa di conoscere i tre spettacoli finalisti, c’è solo da sperare che a giudicarli non sia “La classe morta”.
Nel frattempo, vi lasciamo con gli undici progetti selezionati fra il centinaio di candidature arrivate:
1. Monica Andolina e Delia Calò – MANICHINI
2. Michele Altamura, Gabriele Paolocà, Riccardo Lanzarone e Dario Tatoli – DISSENTEN
3. Caterina Simonelli – PARTITURA MECCANICA PER EDIPO
4. Anna Serlenga – BELONGING TRILOGIA DELL’APPARTENENZA
5. Carmen Giordano – NIP NOT IMPORTANT PERSON
6. Lara Finadri, Silvia Furlan ed Elisa Pinna – GLOBALMARKET
7. Giuseppe Leonardo Bonifati – CONTRADESEJO
8. Marta Dalla Via – PICCOLO MONDO ALPINO
9. Antonio Ianniello – QUESTA TOSSE
10. Simone Giannatiempo – IN NOME DEL POTERE
11. Guendalina Murroni, THE END OF GEOMETRIC MORALITY