Le No man’s land di Iris Erez

Iris Erez
Iris Erez
Iris Erez (photo: Gabriele Orlandi)
Intima e corale, coraggiosa e fragile, intrigante e spietata. Dall’entrata di impatto, nascosta da una montagna di vestiti che a fatica porta in scena, fino all’ultimo sguardo perforante, Iris Erez conquista e spiazza con le sue performance emblematiche degli effetti generati dagli opposti e delle fratture della nostra contemporaneità.

“The times they are a changin”, titolo della rassegna Spam! 2012, diretta da Roberto Castello, ingloba perfettamente i lavori di questa straordinaria artista israeliana, in grado di trasmettere le nuove identità in tutte le mutanti sfaccettature.

“Homesick”, termine che indica qualcuno affetto da una struggente malinconia della propria casa, delle origini, di un luogo familiare, assume un nuovo significato in questo lavoro della Erez, prendendo i connotati della ricerca di un’idea di casa direttamente nel corpo, come se il luogo o la situazione in grado di sopperire a quel senso di malessere abitasse in qualche parte inesplorata di noi stessi.

In una scena desolata, con un unico elemento un tappeto di cartone color sabbia, tre performer si affacciano alla scoperta del nuovo, dell’inesplorato, avventurandosi con vacillante titubanza in non-luoghi al confine tra il familiare e lo straniero. Il tappeto di cartone diventa quindi una coperta, un rifugio, un luogo condiviso con l’altro, l’estraneo familiare con cui si sta vivendo la stessa esperienza, divenendo dunque anche emblema politico, perché la coperta è sempre più corta e quel luogo-rifugio poco a poco si frantuma, lasciano i performer con un pezzetto di quel cartone a cui comunque aggrapparsi, in cui comunque riconoscersi, come se si trattasse di un lembo di pelle. Il cartone ondeggia come un mare, è arido come un deserto, accoglie come una casa, fino a che le distanze, geografiche, fisiche ed emozionali, si saranno ridotte.

Il corpo dei performer diventa infatti un territorio che si espande e si riduce, dove ognuno di loro sembra cercare rifugio dentro, accanto, sopra il corpo dell’altro. Grazie anche all’impatto della musica trainante dei Mount Eerie, Iris Erez consegna una performance che coinvolge e immobilizza, ridefinendo l’idea di intimo e di confine tra i corpi e trasformando il movimento in un’immagine che al tempo stesso è poetica e controvertente.

“Temporary” è invece un tentativo di narrazione del tempo attraverso il paradosso di creazione e distruzione contenuto in tutti gli stati ‘emotivi’ del corpo. La Erez si muove conciliando tecnica e intensità emozionale, mentre una voce cantilenante ne accompagna le oscillazioni tra incertezza e fierezza, paura e vigore.
Le parti del corpo diventano altri sé, identità multiple che lottano e si armonizzano in un’energia frenetica tra provocazione e malessere – sessuale, psicologico – mettendo in evidenza attraverso il corpo tutte le contraddizioni interne, oltre alla “temporaneità” di ogni stato.
Gli indumenti abbandonati sul palco diventano strati di vita, ricordi, simboli di un vissuto o di una situazione, come quando la Erez li raggomitola sotto la t-shirt per simulare una donna incinta. Un processo di esplorazione sostenuto da una forza espressiva incisiva, carica di ironia e drammaticità, che riesce a decontestualizzare il corpo dalle contaminazioni sociali, e a riportarlo ad uno stato di purezza, pur intriso di tutti i traumi.
 
In “It’s not personal”, infine, l’artista israeliana crea un’immagine, un modello odierno, per poi farla precipitare gradualmente, mentre si delineano i confini dell’intimo e del personale, si evidenziano le schizofrenie, si divorano le sovrastrutture per rigettarle sul pubblico in un loop nevrotico di azioni e frasi distruttive, sintomo dell’incapacità del sentire.
Le pose e gli ammiccamenti diventano un vettore di paesaggi psicologici, su cui pulsa una musica elettronica offuscante, ripetitiva e anonima, che è l’esatta antitesi del sentimento che vuole esprimere.
La Erez sbalza continuamente fuori e dentro la performance, interagisce con una bambolina in cui si identifica, ci fa decifrare una progressiva presa di coscienza, che in linea con l’ironia del titolo, non potrebbe essere più personale.

Homesick
coreografia di Iris Erez
danzatori: Asaf Aharonsonm Ofir Yudilevitch, Tami Lebovits
tecnico del suono: Reckless Feet
musica Mount Eerie, A Silver Mt. Zion, Reckless Feet
tecnico luci: Tamar Or
scenografia Hilla Ben-Ari
produzione Alon Schwabe
durata: 30’
applausi del pubblico: 2’ 15’’

Temporary
coreografia e performance: Iris Erez
musica: Hanayo
editing musica: Jeremy Berenheim & Yaniv Mintzer
durata: 17’
applausi del pubblico: 2’

It’s not personal
coreografia e performance: Iris Erez
musica: Uffie&feads, Felix Da Housecat
editing musica: Matan Zamir
costumi: Inbal Lieblich & Iris Erez
tecnico luci: Uri Rubinstein
dutata: 15’
applausi del pubblico: 2’

Visti a Porcari (LU), Teatro Vincenzo da Massa Carrara, il 21 e 24 novembre 2012

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