
“Bisogna cantare e stare allegri. Tutto andrà”.
Arriviamo da una settimana di pianura e solitudine: Rubiera, La Corte Ospitale.
A Napoli troviamo invece grida, calura, bambini che fumano, gabbiani, vecchi che hanno perso i denti ma non la voglia di sorridere a una ragazza, allegria, musica, macchine incendiate, monnezza, bellezza, sudore e mozzarelle di bufala. Vedi Napoli e poi il Fringe.
Il festival ci sta aspettando. Tutto esaurito entrambe le sere. Sarà il fascino della Cappella Sansevero, pensiamo. Sarà Macelleria Ettore, pensano gli organizzatori di Interno 5. Qualunque cosa sia, funziona.
Condividiamo il debutto con la città e con il festival come si condivide un percorso, un viaggio, una festa. I tecnici lavorano come pazzi per realizzare il nostro disegno luci e si fermano a vedere le prove, attenti e curiosi.
Sudiamo come in Amazzonia. Cantiamo a squarciagola con la chitarra in prestito di Gennaro – musicista dei vicoli – e poi ci svegliamo ancora a Napoli. Ancora alla cappella Sansevero, ancora Amleto. Stavolta sapendo che è l’ultima e domani si parte.
La città sembra rispettare uno strano silenzio per quest’ultima replica, il pubblico lo avverte e gli attori pure. Ultima sera di spettacolo. Ultima sera a Napoli. Dormiamo tutti, nonostante il caldo e i rumori. Dormiamo il sonno dei graziati da una città capace di orrore e bellezza, come il teatro.
Carmen Giordano (regista)
Prima volta al Fringe ma non prima volta a Napoli. Partiamo “preparati” alla città! E con una partita da giocare – una rivincita! – dopo il KO della “volta precedente” (febbraio gelido, vento pungente, teatro freddo, vuoto, e la nostra macchina rubata…). Partiamo corazzati. In cinque: due attori, una regista, un tecnico e un organizzatore – con la nuova macchina di compagnia.
Macelleria Ettore – Napoli: 1 – 0.
Maura Pettorruso (attrice)
Cappella San severo. Giovanni Sanmartino = Cristo Velato.
Mi piace molto il disinganno. Stazione di Napoli. Evitare chi ti vuole vendere di tutto.
Arrivo alla cappella. Macelleria Ettore entra nella cappella. Impatto: buono.
Montaggio: buono. Tecnici molto bravi. Professionali e simpatici.
Prima prova: disastro.
Andiamo al mare. Ischia. Torniamo. Ragioniamo. Dormiamo. Caldo, molto caldo.
Il mattino Napoli è come si risvegliasse tutta insieme.
Proviamo, proviamo. E va bene. Cristo (velato), va bene.
Pausa… debutto. Caldo. Pubblico. Gente. Caldo.
Applausi. Bene. Mangiare leggero che fa caldo. E vino… por dios! Meritato.
Napoli. Ti odio e ti amo! Come la mamma… sempre presente.
Stefano Detassis (attore)
Napoli. Cappella. Cappella. Napoli.
Proprio non immaginavo che qualche anno dopo una gita alle superiori avrei girato imperturbata tra locali tecnici e sgabuzzini, sapendo i nomi delle guardie, salutandoli per nome e con una pacca sulle spalle, a condividere una porzione di arancini bianchi sulle panchine, cacciando flussi di turisti stranieri che vengono a vedere il Cristo Velato: “Il museo è chiuso, ci sarà uno spettacolo martedì… Amleto?”.
Ho sempre pensato questa cosa di Napoli: o t’abbraccia, o ti sputa. Nel gennaio scorso, in città per quattro giorni per un altro spettacolo, ci “sputò”: flop di pubblico, furto della macchina, l’attrice con un malore.
Prima di ripartire in treno feci un patto con la città. Corsi a Spaccanapoli. Fino in cima, su, e sputai. Poi mi rivolsi al genius loci e gli dissi: “Napoli, torneremo, vogliaci bene. Sappi che così non va, io voglio amarti”.
E al nostro ritorno, ci ha amati.
Una Napoli notturna, fatta di gente che sa divertirsi, aperta a chiacchiere e scambi, superficiali o profondi, occhi che guardano l’anima, che vedono subito chi sei.
Camminare. Camminare di giorno, carichi e al caldo, in mezzo a gente e motorini e bancarelle, o nel buio della notte, con un po’ di paura per i vicoli della città… o all’alba, silenziosa come un paese di montagna, con gli stessi rumori, le stesse abitudini della gente, ovunque.
Poi, improvvisamente, tornare a casa, e non essere del tutto certi di esser stati veramente là.
Vedi Napoli e poi la trovi, la ritrovi, la riscopri. Come un Cristo, morto, deposto, ma vivo. Da svelare.
Alice Colla (light designer e tecnico luci)
… un bel quadretto, di Napoli e delle sensazioni che si provano arrivando li dal resto del mondo. Meriterebbe di diventare la sceneggiatura per un nuovo spettacolo.