Ascoltare il corpo. Giacomo Garbini e la lingua dei segni in teatro

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Se una notte d'inverno un viaggiatore di Giacomo Garbini
Se una notte d’inverno un viaggiatore di Giacomo Garbini (photo: Stefano Salonia)
Il 13 e 14 giugno scorso, al Teatro Tor Bella Monaca di Roma, uno spettacolo teatrale ha cambiato i termini della visione e soprattutto dell’ascolto.
Si tratta di “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Giacomo Garbini dell’associazione culturale Chimera 8, tratto da alcuni brani dell’omonimo romanzo di Italo Calvino e messo in scena da attori non professionisti e allievi di un laboratorio rivolto a persone udenti e non, anche senza precedenti esperienze teatrali.
Lo spettacolo, vincitore del bando per le associazioni territoriali di Roma Capitale, Municipio VIII, è stato quindi il risultato del laboratorio teatrale diretto dallo stesso regista e ha dimostrato di poter oltrepassare quella soglia sottile, ma in Italia ancora tanto netta, tra il mondo di chi ci sente e chi no.

L’incontro con il regista, successivo allo spettacolo, ha permesso di comprendere meglio l’importanza di questo evento, il cui incasso è stato devoluto interamente all’associazione Famiglie Italiane Sordi per il Bilinguismo.

“Il mondo dei sordi è vittima tutt’oggi di una forte discriminazione sociale dettata soprattutto dalla non-conoscenza – racconta il regista, sia con le mani che con la voce – Lo spettacolo ha come obiettivo l’abbattimento di questi pregiudizi, valicando le frontiere non solo da parte del pubblico, ma anche tra i partecipanti al laboratorio”.  

Nel teatro sono infiniti gli esempi di spettacoli bilingue e potrebbe non sorprendere l’utilizzo della lingua italiana affiancata alla lingua dei segni italiana, eppure non è così. Questo perchè, spiega il regista, “in Italia la lingua dei segni non è ancora riconosciuta ufficialmente come lingua, ed è ancora molto poco utilizzata dai sordi stessi rispetto agli altri paesi europei e non solo”.

Per anni il pregiudizio e la non-conoscenza delle problematiche legate alla sordità hanno dettato le regole di interazione e comunicazione sociale. La confusione tutt’oggi molto viva tra sordi e sordo-muti, la difficoltà nel distinguere tra sordi e disabili mentali, tra sordi e persone affette da patologie fisiche hanno generato l’allontanamento dei sordi da molte attività ritenute per loro inadeguate.

Lo spettacolo di Giacomo Garbini e soprattutto il laboratorio che lo ha preceduto hanno dimostrato esattamente l’opposto, unendo il piacere della creazione e della fruizione dell’arte alla trasmissione di conoscenza, l’interazione tra differenti realtà umane a contenuti sociali.
Il teatro, in Occidente, da pochi decenni ha scoperto, al di là delle forme legate alla danza, l’importanza dell’espressione del corpo oltre a quella delle parole (particolarità, quella della comunicazione del corpo che, per esempio, nel teatro orientale è sempre esistita). Questo presupposto concettuale e artistico ha condotto in modo naturale il filo che ha tessuto l’intreccio tra le due lingue.
“Lo spettacolo ha la sua forza soprattutto sul piano visivo – precisa Garbini – pur non rinunciando alla parola detta e alla musica, ha valorizzato la componente visiva scegliendola come principale canale di comunicazione”.

Parlando anche con le mani, il regista mostra le foto dello spettacolo sottolinenando le capacità visive ed espressive degli attori sordi. La Lingua dei Segni Italiana (LIS) è un connubio costante tra mani, corpo ed espressione del viso; il colore di ogni frase è strettamente legato alla mimica facciale oltre che alle singole parole.

Se una notte d'inverno un viaggiatore di Giacomo Garbini
Se una notte d’inverno un viaggiatore di Giacomo Garbini (photo: Stefano Salonia)
Ogni tipo di imbarazzo, esclusione sociale, discriminazione, anche nelle sue forme più lievi, è stato rappresentato all’interno di molte scene dello spettacolo. “Abbiamo inserito elementi sulla vita del mondo dei sordi, come per esempio la telefonata, in cui il sordo ha bisogno di una persona che veicoli il suo messaggio, una persona che faccia da ponte. Ecco allora il Servizio Ponte Telefonico della Regione Lazio, che però è stato abolito dal 1° aprile di quest’anno per mancanza di fondi”.
Nello spettacolo la telefonata è veicolata, come spesso accade nella realtà, da un familiare, e questo gesto per molti scontato e quotidiano mostra un aspetto ai più sconosciuto, aprendo quella finestra da lungo tempo chiusa, non necessariamente per una volontà discriminante consapevole, ma spesso solo per non curanza.

Giacomo Garbini, attore e regista, da quattro anni studia la Lingua dei Segni Italiana. Diplomato presso l’Accademia di Recitazione Circo a Vapore” di Roma, Garbini ha una lunga esperienza nel campo del teatro danza e del teatro gestuale. Ha frequentato l’Atelier di Teatro Danza presso la scuola Paolo Grassi; ha fatto parte del Teatro Instabile d’Aosta, della Compagnia delle Anime, di Fuori conTesto di Emilia Martinelli, e ha condotto per anni laboratori teatrali per bambini e anziani in strutture pubbliche romane.
Proprio la sua predilezione per la danza, per il teatro gestuale e il sociale hanno segnato la sua strada verso il mondo dei sordi e la loro lingua.

Lo spettacolo “Se una notte d’inverno un viaggiatore” è nato cinque anni fa con attori professionisti: “Mi era stato proposto di presentarlo al bando per le associazioni del Municipio Roma VIII, ma rifarlo com’era o con attori non professionisti non  mi interessava. Il mio avvicinamento alla Lingua dei Segni e al mondo dei sordi mi ha lanciato una sfida, quella di organizzare un laboratorio diretto a sordi e udenti insieme e riscrivere lo spettacolo in LIS”, ripercorre Garbini.
E già le iscrizioni al corso, nel gennaio-febbraio scorsi, hanno dimostrato il successo dell’iniziativa: “Mi sono arrivate decine di richieste di partecipazione da tutta Italia e non solo da persone sorde. Con mia grande sorpresa ho assistito ad un forte desiderio da parte delle persone di avvicinarsi gli uni agli altri attraverso il teatro”.

La mancanza di fondi e il carattere di volontariato dell’iniziativa hanno però costretto molte persone non domiciliate a Roma a rinunciare al laboratorio. Il gruppo che ne è nato, solido, forte e avventuroso, ha formato il cast dello spettacolo: Adina Campagna,  Erika Cirulli, Laura Cirulli, Daniele Detti, Federico Di Marzio, Ilaria Di Stefano, Rouba El Kassir, Giacomo Garbini, Annila Gentile, Marco Pofi, Adriano Silvagni, Marco Silvagni, Valentina Vellucci.

Di particolare importanza sono stati inoltre i numerosi “supporter” al progetto, come Loredana Campus per i costumi, Giulia Brandolini per le scenografie, il fonico Claudio Asuni, Valentina Lombi per il trucco, il fotografo Stefano Solonia. Giacomo Garbini sottolinea inoltre l’apporto professionale di Elisa Conti, “l’interprete di LIS che ha fiancheggiato l’intero spettacolo in scena per il pubblico sordo e colei che si è occupata della traduzione stessa dal testo italiano di Calvino in LIS. La difficoltà maggiore è stata quella di tradurre le sfumature poetiche ed emotive delle parole dello scrittore, e la sua bravura è stata proprio nel saper trasporre un testo tanto complesso e ricco di sfumature di significato in LIS. Il suo aiuto è stato fondamentale per la riuscita dello spettacolo”.

Se una notte d'inverno un viaggiatore di Giacomo Garbini
La locandina di Se una notte d’inverno un viaggiatore
Il connubio tra sordi e udenti è avvenuto, non senza difficoltà.
“Inizialmente, durante il laboratorio, ho cercato di dare un’infarinatura sulla lingua dei segni e dattilologia ai partecipanti udenti”. Molto spesso si sono creati conflitti e difficoltà di comunicazione, ma sono stati superati attraverso il dialogo, come avviene del resto in qualsiasi altra compagnia che si trovi a lavorare tante ore in stretto contatto. “Durante il laboratorio una giornata è stata dedicata a un seminario di mimo condotto da Dario Pasuarella, che è un insegnante e attore sordo. Il fatto che ci sia stato un insegnante sordo ha contribuito ancora di più a una vera integrazione e interazione tra sordi e udenti”, conclude il regista.

In due mesi di laboratorio e altrettanti di prove dello spettacolo, uno squarcio nel muro della non-conoscenza è stato aperto, non solo grazie ad un’azione sociale e solidale, ma soprattutto attraverso tecniche teatrali consolidate. Il teatro gestuale, le tecniche teatrali dell’utilizzo del corpo si sono amalgamate naturalmente ad una lingua che fonda la sua comunicazione sul gesto e il corpo.
Lo spettacolo ha tradotto visivamente i differenti stili letterari dei brani del romanzo di Calvino, così si è passati da uno stile teatrale realistico e melodrammatico al comico e grottesco, con influenze dal mimo di Lecoq al teatro sperimentale contemporaneo. Lo scopo principale dello spettacolo è stato quello di informare in maniera indiretta, attraverso il mezzo artistico, sul mondo dei sordi e i pregiudizi che lo circondano.

Mentre negli ambienti istituzionali c’è la necessità di avere affianco alla persona sorda figure professionali per la comunicazione, nel teatro il canale appare aperto e diretto. Il linguaggio emotivo dell’arte “vale” per ogni tipo di persona. L’emozione si esprime con il corpo, e la sua lettura avviene tramite canali corporei comuni a tutti gli esseri umani. E progetti come questo ce lo dimostrano.
 

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