La messinscena del celebre romanzo di Romain Gary, vincitore del Premio Goncourt, è ora in tournée
Recitare con la fronte, con gli occhi, con gli zigomi e le labbra. Entrare nella sagoma e nell’anima di un bambino. Riempire di sfumature, con la parola e la recitazione, i suoi pochi anni. Esplorarne il bisogno d’amore. Accompagnarne l’educazione sentimentale. Assecondarne slanci e sogni.
Al Teatro Franco Parenti di Milano un Silvio Orlando in stato di grazia porta in scena “La vita davanti a sé”, romanzo del 1975 di Romain Gary. L’attore napoletano racconta l’infanzia e la preadolescenza di Mohamed detto Momò, un bambino nato da una prostituta, affidato con altri bimbi disagiati alle cure di Madame Rosa, a sua volta ex prostituta.
Siamo nel malfamato quartiere di Belleville, periferia parigina. Miseria economica e sociale. Povertà e solidarietà. «Dal letame nascono i fior» (De André). Ricchezza umana, disillusa e onirica.
Momò è un orfanello. Prova gelosia per la sorte dei compagni che, diversamente da lui, ogni tanto una visita della mamma la ricevono. Momò una mamma prova a inventarsela. Ne trova un surrogato proprio in Madame Rosa. Un rapporto nato per caso e per interesse, che lentamente si trasforma in affetto profondo e amore filiale.
Madame Rosa, ebrea nata in Polonia, prostituta in Algeria e Marocco, ora è una donna anziana malata, abbruttita dagli anni, appesantita dai chili, logorata dal milione di scale costretta a salire ogni giorno per raggiungere il suo appartamento al sesto piano senza ascensore.
Silvio Orlando recita un po’ in piedi un po’ seduto su una poltrona rossa, che richiama quella dell’analista. Momò si mette a nudo. Parla di sé all’imperfetto. Ripercorre la sua infanzia, anch’essa imperfetta.
Prende forma, a pennellate rapide, un passato di bassifondi e razzismo, di crudeltà e amore. Nello squallore s’illuminano luci d’umanità, come le decorazioni di un circo.
La scena disegnata da Roberto Crea è un appartamento in miniatura che si dirama in sei nuclei sbilenchi, uno sopra l’altro. Sono stanze, nascondigli, scalini. Sono moduli, anfratti, tuguri giustapposti come una torta nuziale che si squaglia e implode su se stessa. Sembrano i “Palazzi Celesti” di Kiefer che si sciolgono come candele, tortuose salite verso un cielo capovolto. A cullare Momò non c’è il Signore degli Eserciti, ma una Maddalena che ha fatto mercimonio del corpo e ha preservato integro il cuore, donandolo a Momò e agli altri bimbi della casa.
Gary, l’autore. Orlando, il regista e l’attore. Momò, il personaggio. Hanno tutti la stessa febbrile malinconia. Le difficoltà liberano l’umanità. La tenerezza scava varchi nella rabbia. I legami rimarginano le ferite. Momò pensieroso e ironico, profondo e vivace. Gary morto suicida cinque anni dopo la pubblicazione del romanzo. Silvio Orlando riesce a incarnare un senso profondo di mestizia; lo rovescia in grazia, stemperandolo dentro una leggerezza di sorrisi.
C’è un solo attore in scena, che sa affascinare il pubblico passando dal solipsismo all’irruenza. Dialoga con un ombrello trasformato in feticcio. Si fa poi risucchiare nel vortice dell’accompagnamento sonoro di Simone Campa con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre (Campa a chitarra battente e percussioni, Gianni Denitto a clarinetto e sax, Maurizio Pala fisarmonica, Cheikh Fall e Kaw Sissoko kora e djembe), gruppo polistrumentale che celebra l’incontro multietnico attraverso i suoni: musiche mediterranee, ritmi nordafricani, tamburi senegalesi, atmosfere yiddish. Sorridiamo. Ci commoviamo catapultati, grazie all’orchestra, in una casba algerina o nella banlieue parigina.
Fra desideri e inibizioni irrompe la poesia, quella del testo, degli sguardi, della musica. In “La vita davanti a sé” Orlando celebra l’asimmetria dell’amore, che va oltre il calcolo delle reciprocità mancanti e spinge alla tolleranza. La tenerezza colma le distanze. Ricompone la frattura con un passato che va dall’abbandono familiare per Momò all’olocausto per Madame Rosa. Traccia «un gesto nuovo, di squilibrio. Coraggioso, perché ricerca la guarigione, non indugiando [troppo] sulla ferita» (Chandra Livia Candiani).
Prossime repliche a Modena (stasera al Teatro Storchi), Empoli (17 febbraio), Pietrasanta (18 febbraio) e Sarzana (19-20 febbraio).
LA VITA DAVANTI A SÉ
tratto dal romanzo La vie devant soi
di Romain Gary Emile Ajar © Mercure de France, diritti teatrali gestiti dalle edizioni Gallimard con il nome di “Roman Gary” come autore dell’opera originale
direzione musicale Simone Campa
con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre
con Simone Campa chitarra battente, percussioni, Gianni Denitto clarinetto, sax, Maurizio Pala fisarmonica, Cheikh Fall e Kaw Sissoko kora, Djembe
scene Roberto Crea
disegno luci Valerio Peroni
costumi Piera Mura
organizzazione Maria Laura Rondanini
direttore di scena Luigi Flammia
fonico Gianrocco Bruno
amministrazione Teresa Rizzo
riduzione e regia di Silvio Orlando
produzione Cardellino srl
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 5’
Visto a Milano, Teatro Franco Parenti, il 5 febbraio 2022