Chi è Emanuele Miriati? Ce lo racconta Riccardo Goretti

Anche Antonio Rezza con la t-shirt di Emanuele Miriati|La locandina di Essere Emanuele Miriati|Riccardo Goretti vs Emanuele Miriati
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La locandina di Essere Emanuele Miriati
La locandina di Essere Emanuele Miriati
Debutta domani a Castiglioncello il nuovo lavoro di Riccardo Goretti “Essere Emanuele Miriati”. Lo spettacolo si inserisce nel percorso dell’attore toscano alla ricerca dell’immedesimazione in alcuni personaggi incontrati nel suo cammino. All’inizio sono stati gli anni di esperienza con Gli Omini dove, attraverso numerose “Tappe”, venivano messi in scena i vizi e le abitudini degli abitanti di paesi sconosciuti, avventori di bar e idoli dei villaggi.

Recentemente c’è stato un primo confronto con la sua famiglia in “Annunziata detta Nancy”, dove Goretti prendeva le forme dei suoi parenti stretti raccontando le piccole e grandi storie che li hanno segnati.

Adesso è alla prova con Emanuele Miriati. Ma chi è Emanuele Miriati? Un perfetto sconosciuto, pratese e all’incirca coetaneo di Goretti, da lui incontrato recentemente grazie ad alcuni amici nella Prato dove si è da qualche anno trasferito.

Un Cioni Mario – il personaggio che ha lanciato Roberto Benigni prima in teatro poi in televisione e infine al cinema – dei nostri giorni, come lo definisce Goretti nella presentazione dello spettacolo, capace di deliri e dolcezze incredibili. Un racconto biografico dove l’apparente normalità del soggetto svela la complessità, e anche la teatralità, di ogni vita, anche quella che si svolge apparentemente solitaria accanto a noi.

Non svelerò di più, lascerò che a parlare siano i protagonisti, dopo aver ricordato che lo spettacolo è dedicato a Carlo Monni, l’indimenticata spalla di Mario Cioni scomparso recentemente e punto di riferimento artistico – ma anche umano – per un’intera generazione di attori toscani.

Riccardo, perché proprio Emanuele Miriati?
Perché quando ti viene l’idea buona per il tuo prossimo spettacolo, lo sai che è lei. E’ quella. La butti là per scherzo, con colleghi o collaboratori o amici, e poi te la scordi per qualche giorno, ma lei ritorna da sola. Pensi che non è il momento, che hai da fare altre cose, e ti ritrovi a scrivere pezzi di progetto o di copione. Ne riparli un po’ meno per scherzo, senti cosa ne pensano le persone che ti stanno intorno e di cui ti fidi, e tutti ti dicono “Beh, devi farlo… per forza!”. Allora cominci a immaginarti cosa potrebbe succedere in scena, e le possibilità espressive vengono naturali, una dietro l’altra, in fila potenzialmente infinita. Allora non hai più scelta. E’ andata così: Emanuele Miriati era la mia idea buona.

Riccardo Goretti vs Emanuele Miriati
Riccardo Goretti vs Emanuele Miriati
Emanuele, chi è per te Mario Cioni? Qual è, se c’è, il tuo primo ricordo legato a lui?
Parlare di Roberto Benigni in questa provincia è davvero difficile. Qui il Mario Cioni ormai è un vero proprio culto. Se penso a questo personaggio sicuramente mi torna in mente il film “Berlinguer ti voglio bene”, e in particolar modo la scena in cui Mario gioca in cortile con un barile di benzina, dopo che Bozzone se ne è andato a messa con la mamma del Cioni. Comunque trovo inappropriato fare un paragone tra me e Mario Cioni in quanto, a mio modesto parere, l’Italia non ha mai attraversato un periodo di crisi socio-culturale pari a questo.

Riccardo, perché hai sentito il bisogno di cercare una storia in qualche modo legata a Cioni?
Quello del Cioni è stato solo uno degli stimoli iniziali, poi lo spettacolo ha preso la sua strada, con le sue gambe, praticamente da subito. Comunque, non mi ricordo più chi mi consigliò, una volta, di mettere in scena quello che avrei voluto VEDERE in scena. Cioè: fai quello che ti piacerebbe subire da spettatore. Non brilla in originalità come consiglio, lo ammetto, ma è sicuramente molto buono. Ecco, anche grazie a una vecchissima audiocassetta registratami da un amico, una delle cose che maggiormente avrei voluto vedere in scena e non ho mai visto, era il “Cioni Mario di Gaspare Fu Giulia” di Benigni/Bertolucci. E così ho pensato di dare al 2013 il suo Mario Cioni.

Emanuele, come hai conosciuto Riccardo? In che modo ti ha parlato per la prima volta di questo progetto?
Ho conosciuto Riccardo perché abbiamo delle amicizie in comune. Lo frequento da quando è venuto ad abitare a Prato. Devo ammettere che inizialmente, come spesso capita al Goretti, non ci stavamo neanche tanto simpatici. Le cose sono cambiate, da così a così, quando abbiamo scoperto di essere nati nello stesso giorno dell’anno. Non che per noi l’astrologia abbia un’importanza rilevante, “comunque si sa nelle famiglie una mano lava il viso e tutte e due… ma insomma” (cit. dallo spettacolo).
 

Anche Antonio Rezza con la t-shirt di Emanuele Miriati
Anche Antonio Rezza con la t-shirt di Emanuele Miriati
Riccardo, da un po’ di tempo ‘spopola’ sul web la maglietta con scritto “Io sono Emanuele Miriati”: chi la compra si fa fotografare per essere in seguito condiviso online. Oltre all’evidente significato promozionale, c’è un motivo ‘politico’ legato a questa scelta?
Assolutamente sì. Sembrerà stupido, o forse (ancora peggio) un po’ furbetto, ma io considero la t-shirt una parte integrante dello spettacolo. E’ per me la catarsi finale, quella che, mi dicono, dovrebbe avvenire in qualsiasi buono spettacolo. Lo spettatore deve poter andarsene dalla replica dicendo al resto del mondo: “Ebbene sì, anche io, pur se solo in parte, sono Emanuele Miriati”. Intendendo con questo un’ammissione sottaciuta di tutto l’inconfessabile che ognuno di noi si porta appresso, e che invece Emanuele mette in piazza con una disinvoltura invidiabile… e non solo nello spettacolo. Posso assicurare che lo fa anche nella vita di tutti i giorni. Inoltre, molte delle convinzioni di Emanuele, che in alcuni passaggi dello spettacolo possono sembrare ad un orecchio politically correct un po’ maschiliste, o animalesche, o incoscienti, sono in realtà cose che tutti noi, ne sono più che certo, pensiamo più volte al giorno… e non ammettiamo neanche a noi stessi.
 
Emanuele, qual era, prima dell’inizio di questa esperienza, il tuo rapporto col teatro? È cambiato negli ultimi mesi?
E’ certo che il mio rapporto con il teatro sia cambiato negli ultimi mesi. Questa esperienza dell’indagine-intervista mi ha incuriosito tanto da pensare che piacerebbe farlo anche a me. Non intendo il teatro in senso stretto, piuttosto questo tipo di ricerca sulle persone. Per quanto riguarda l’ambiente teatrale penso che sia ancora troppo presto per esprimere un giudizio, visto che ad oggi l’ho frequentato solo sporadicamente. Quello che posso dire fin d’ora, però, è che mi sembra un po’ “uccio” [dove con “uccio” si intende un po’ poverino, un po’ meschinello, Nota di Goretti].
La fase progettuale di questo spettacolo è stata molto stimolante, grazie soprattutto alle due residenze (a Castiglioncello e Monticello Amiata) che hanno reso la preparazione molto rilassante e costruttiva.
 
Riccardo, da quando hai concluso la tua esperienza con Gli Omini non ti sei più fermato: un monologo col TPO e la drammaturgia di Paolo Magelli, “Disastri” di Daniil Charms, il monologo “Nancy” e “Qvinta” con Teatrificio Esse. C’è un filo rosso che lega questi progetti?
Sì, ho fatto tutte quelle cose e altre ancora, e tante altre ne stanno per venire. La “mia” direzione in questo momento è rappresentata dal binomio “Nancy”/“Miriati”, ma questo non significa che gli altri progetti siano casuali: ciò che li unisce è il desiderio di riaprire tutti i cassetti tenuti chiusi per troppo tempo, sia dal punto di vista delle idee (“Disastri”, ad esempio, lo tenevo ai box da almeno sei anni…), sia dal punto di vista delle collaborazioni (con Pasquale Scalzi del Teatrificio Esse ci promettevamo di fare qualcosa insieme fin dal 2003).
Lungo il percorso incontri gente con cui rifondi continuamente te stesso e la tua arte, come mi è successo con Stefano Cenci, e così vai avanti e trovi la tua linea espressiva migliore. Stefano è l’esempio più eclatante, ma tante delle persone con cui collaboro in questo momento, comprese quelle che ho “ritrovato” dal mio passato, spero di continuare a frequentarle artisticamente anche nel futuro.

Cose bolle in pentola per la stagione 2013/2014?
Oltre a “Essere Emanuele Miriati”, debutterò in autunno con il progetto “The Big Bible”, già finalista a Nextwork e molto ben accolto dal pubblico romano, insieme a un gruppo davvero composito (autoribattezzatosi proprio in virtù di questo “The Avengers”) formato da Ciro Masella, Pasquale Scalzi e Giulia Aiazzi. Inoltre c’è in vista un’altra bella cosa insieme alla scrittrice pratese Ilaria Mavilla, ma è troppo presto per parlarne…
 

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