Vittime della Democrazia. Il testo di Andrea Balzola nella lettura del Teatro Officina di Milano

Emanuela Villagrossi
Emanuela Villagrossi è la protagonista di Democrazia

“Democrazia” non è il titolo di un dibattito d’argomento storico o politico, infervorato magari da un interprete, solo su un palco a mo’ di predicatore. E non è nemmeno un’opera di finzione, non è una narrazione staccata dalla realtà, dal nostro passato recente; anzi – si spiega nel prologo -, arriva dalla Bibbia, e ha tracce in Dante.
“Democrazia” è il titolo di un poema, che arriva al concetto di “democrazia” e del suo significato nel contesto italiano attraversando la vicenda di due sorelle. Si ispira alla parabola biblica di Lia e Rachele, le due figlie di Labano, entrambe donne di Giacobbe, ma con diversa sorte: Rachele, la più bella ma sterile, rimane solo promessa sposa, a vantaggio di Lia, meno bella ma feconda.
Due figure a cui Dante, nel Purgatorio, attribuì rispettivamente i simboli della condizione “contemplativa” e di quella “attiva” della vita: in particolare, la donna infeconda risulta “inattiva”, quindi inutile, una donna che, non madre, pare una condannata all’apatia.

Oggi, invece, sembra il contrario. Le due sorelle dipinte da Andrea Balzola raccontano un’altra storia, che ha il grande valore di non arrivare alla morale, di non avere il carattere della parabola. Lia e Rachele sono due sorelle che hanno vissuto insieme il fascismo, sono sopravvissute a una guerra fratricida per l’eredità e, con l’avvento del sistema democratico, hanno imboccato due strade opposte, ponendosi agli antipodi: una, manager in costante carriera, a suo agio nella corrente dell’avanzamento tecnologico, proiettata nel futuro; l’altra, attaccata ai valori, alle credenze e ai riti delle sue radici, gli unici che conosce peraltro, anacronistici ma difesi “anche davanti all’evidenza”, ed è pure madre di famiglia, la “figura della vita attiva” di Dante.

Indolente e vittima, con indosso un vestitino che le dona minimamente e la castiga, è quella interpretata da Emanuela Villagrossi, diretta da Maria Arena, per la “Democrazia” prodotta dal Teatro Officina di Milano. Lo stesso testo che Balzola scrisse per l’attrice Marisa Fabbri, e che debuttò nel 1999, con la regia di Claudio Longhi e la supervisone di Luca Ronconi, allora direttore del Teatro di Roma, da cui il lavoro venne prodotto. Il testo, infatti, richiede la medesima attrice per entrambe le parti e, oggi come allora, per realizzarlo scenicamente, si ricorre alla voce dell’attrice registrata e alla sua proiezione sullo schermo.

E proprio in questo sdoppiamento, unicamente “multimediale”, sta il punto di forza di uno spettacolo, e prima ancora di un testo che, in nome del titolo che lo ispira, non dà giudizi, non decreta il vincitore, non punta il dito contro il perdente, ma semplicemente analizza le possibili derive della storia, attraverso due figure reali che, nonostante vengano assunte a “rappresentazioni-simbolo”, conservano grande umanità.

A staccarle dalla piatta immagine, a renderle ancora più spesse e profonde, sono la voce e il corpo di Emanuela Villagrossi, integrati perfettamente allo schermo e al suono, in un dialogo puntualmente scandito e realistico. Incredibile, se si pensa che l’attrice dialoga con più di una registrazione. Ancora più affascinante è il risultato che ne consegue: l’attrice è sdoppiata, una in carne ed ossa, e una solo proiettata, ma non si sa scegliere quale sia “la più reale”, o la migliore. E anche questa è una libertà, possibile solo in tempo di “Democrazia”.

DEMOCRAZIA
di Andrea Balzola
con: Emanuela Villagrossi
regia: Maria Arena
durata: 60’
applausi del pubblico: 2’ 7”

Visto a Milano, Teatro Officina, il 22 gennaio 2012

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