‘Il fantoccio’ di Manchisi sospeso tra Goya e Shakespeare

Il fantoccio
Il fantoccio
photo: Chiara Rosignoli

Uno spazio abbandonato. Sei figure creano quadri umani in un vivo gioco di luci ed ombra: e lo spazio si rivela teatro, il teatro della compagnia Melchiorri, fallito e sotto sfratto.
Guida e artefice della storia della compagnia è Sebastian, servo di scena dalla parlata napoletana. È lui a raccontarci la storia del loro tracollo: “Non abbiamo mai trovato il protagonista delle nostre opere”, tanto che gli attori – non avendo mai portato a compimento le loro tragedie – si sono pian piano trasformati in marionette prive di vita, capaci di allestire un’unica e bizzarra opera, “Il fantoccio”, in cui i quadri di Goya si presentano sottoforma di dialoghi surreali.

A sconvolgere questo mondo arriva Gaspare Melchiorri (interpretato da Alberto Bergamini, storico volto del genovese Teatro della Tosse), impiegato statale all’ultimo incarico e lì per consegnare l’ennesima lettera di sfratto. Ecco allora che i fantocci trovano in lui il protagonista tanto atteso: un uomo lontano dal teatro ma la cui vita racchiude le tragedie di Amleto, Otello, Re Lear, Macbeth.

Il personaggio di Gaspare, come Francisco Goya (a cui la pièce è ispirata, insieme a Shakespeare), dovrà però fare i conti con i propri mostri: giunto per denunciare gli attori, accusati di estraneità nei confronti della vita reale, una volta salito sul palco ne cadrà inevitabilmente vittima, cominciando a narrare di sé e vedendo negli attori, simili a spettri, i suoi stessi familiari e i conflitti irrisolti.

Una storia complessa, quella del “Fantoccio”, in cui si respira anche l’eco del mito della caverna platonica: il teatro come antro, in cui gli attori concepiscono il mondo che esiste al di fuori del buco scenico attraverso le ombre della vita reale, che si proiettano su quello stesso fondo.
La giovane compagnia della Tosse approccia il testo, di cui è in parte autore, con grande serietà e bravura. Lo spettacolo fa parte del progetto di Massimiliano Civica “Facciamo insieme teatro”, vincitore del bando “Nuove creatività 2008” dell’Ente teatrale italiano. Dopo l’esperienza della passata stagione con il “Woyzeck” per la regia di Claudio Morganti, i sei giovani attori della compagnia – Carla Buttarazzi, Silvia Bottini, Alessandro Damerini, Luca Ferri, Lupo Misrachi e Sara Nomellini – si misurano sotto la guida di Marco Manchisi, anche lui in scena nei panni del servo di scena Sebastian.

Formatosi con Antonio Neiwiller e Leo De Berardinis, Manchisi continua ad approfondire nei suoi spettacoli l’arte della maschera, cercando di coniugare tradizione e sperimentazione, e intrecciando nel linguaggio il dialetto. Nelle figure a metà tra sogno e incubo de “Il fantoccio”, sospese tra vita quotidiana e mito, riecheggia così l’immaginario di Leo De Berardinis.
“Lavorare con questi giovani attori è molto stimolante e lo stesso spettacolo risente in modo positivo di questa freschezza – afferma Manchisi dopo il debutto assoluto di lunedì scorso – Abbiamo cercato di partire da un teatro tradizionale e, attraverso un recupero delle tradizioni, ci siamo spinti avanti. Per noi era una necessità rendere Shakespeare contemporaneo mantenendo però la sua essenza”. Ed è questa freschezza che ritroviamo nella pièce dalla regia pulita e compositiva. Da sottolineare la bellezza dei movimenti corali e il gioco visivo di immagini. Suggestiva anche l’illuminazione, che rischiara la scena proponendo forti ombre che ricordano le atmosfere grottesche di Goya.

Questa sapiente composizione e bravura attoriale non riesce, tuttavia, a bucare la quarta parete e toccare il pubblico. Gaspare Melchiorre è un personaggio universale, eppure non riesce a coinvolgere fino in fondo. La sua storia rimane “al di là”, come una sorta di favola grottesca, forse troppo carica della presenza del teatro, dichiarata in più e più modi: dall’uso della maschera alla parlata napoletana, dai costumi pomposi a una musica a tratti troppo epica, che impediscono all’emozione di arrivare.
In scena fino al 30 aprile.

Il fantoccio
ispirato a Francisco Goya e William Shakespeare
testo, regia e spazio scenico: Marco Manchisi
con: Alberto Bergamini, Silvia Bottini, Carla Buttarazzi, Alessandro Damerini, Luca Ferri, Marco Manchisi, Lupo Misrachi, Sara Nomellini, Valeria Pilia
costumi: Bruno Cereseto
coordinamento Sonia Cappellini
assistente alla regia: Yuri D’Agostino
direttore di scena e attrezzeria: Renza Tarantino
elettricista e fonico: Massimo Calcagno
sarta: Umberta Burroni
durata: 1 h 15’
applausi del pubblico: 3’ 20’’

Visto a Genova, Teatro della Tosse, il 21 aprile 2009
Prima nazionale

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