Lotta di negro e cani: Koltès visto da Renzo Martinelli

Lotta di negro e cani
Lotta di negro e cani
Lotta di negro e cani (photo: Lorenza Daverio)
Da alcuni anni il Teatro I di Milano sta conducendo un percorso organizzativo e produttivo di grande e innovativa efficacia, proponendo e producendo un repertorio curioso e stimolante che percorre coerentemente tutta la drammaturgia contemporanea.
E’ in questo ambito che Renzo Martinelli, direttore artistico e regista in primis della struttura milanese, sta proponendo in questi giorni (fino al 12 marzo) uno dei testi più corrosivi di Bernard-Marie Koltès “Lotta di negro e cani”, scritto dal tormentato drammaturgo francese nel 1979 e messo in scena per la prima volta nel 1983 da Patrice Chéreau, che amava moltissimo le conturbanti metafore di Koltès.

Per far questo Martinelli ha letteralmente sventrato il palcoscenico della piccola sala di via Ferrari, immettendo in una specie di fossato, circondato da tubi metallici, gli attori, lasciando gli spettatori tutto intorno a guardare dall’alto. L’ambientazione del testo, in qualche modo reale, è immaginata nell’Africa Nera, in un cantiere senegalese, dove un’impresa di costruzioni francese sta edificando grandi opere che in realtà non saranno mai concluse.

Qui un uomo nero, Alboury, reo di aver sputato verso Cal, l’ingegnere dell’impresa, razzista amante solo del suo cane e dal fucile sempre pronto, è stato da lui ucciso e gettato nelle fogne.
Ora un fratello del morto è venuto per reclamarne il corpo, affinché la madre possa degnamente tributargli i riti funebri.
A fronteggiare le giuste rimostranze del negro vi è il capocantiere Horn, prossimo alla pensione e ormai incapace di capire le ragioni del luogo che lo ha visto diventare vecchio.  

In un mondo dominato dagli uomini c’è anche una donna, Léone, che arriva dalla Francia e vuole rendersi autonoma sposando Horn, ma che fatalmente si innamorerà di Alboury.
In questo clima di violenza sospesa, come accade nelle opere più famose di Koltès (“La notte poco prima della foresta”, “Nella solitudine dei campi di cotone”, “Roberto Zucco”), in “Lotta di negro e cani” (di cui fra l’altro Teatro I ha ospitato anche una interessante versione di Teatrino Giullare) ritornano ancora i temi cari al drammaturgo francese: il razzismo, la violenza contro il diverso, l’emigrazione, la lotta di classe e il pacifismo.
Anche se è lo stesso autore a dirci che il testo non racconta né il neocolonialismo né la questione razziale. “Non ha certo alcun messaggio da trasmettere. Parla semplicemente di un luogo del mondo. A volte incontriamo dei luoghi che sono non delle riproduzioni del mondo intero ma una sorta di metafora della vita, o di un aspetto della vita, o di qualcos’altro che ci sembra importante ed evidente”.

Lo spettatore, nell’allestimento di Martinelli che si è avvalso della dramaturg Francesca Garolla, osserva e giudica dall’alto l’evolversi delle solitudini di quattro perdenti, che resteranno sconsolatamente tali. Horn partirà da quel luogo disperatamente solo; Cal, incapace di sfuggire ai propri pregiudizi, soccomberà tradito dalle sue stesse armi, mentre Alboury, inflessibilmente legato ad un sentimento atavico di vendetta contro i bianchi, non si smuoverà nemmeno davanti al tragico attaccamento per lui di Léone, la vera vittima sacrificale della storia, che si sfregerà il volto con dei cocci di bottiglia.

Lo stile della scrittura di Koltès, nel suo feroce naturalismo (la traduzione è quella di Valerio Magrelli) ha spesso squarci lirici che riempiono di poesia la scena, alleggerendo l’incubo di destini condannati a mai ritrovarsi, e concedendo al pubblico momenti di desiata speranza.
I coraggiosi interpreti (Alberto Astorri, Rosario Lisma, Alfie Nze e Valentina Picello) si muovono ora porgendosi inesorabilmente agli occhi degli spettatori, ora nascondendosi simbolicamente nell’intrico del sottosuolo, delimitati anche da un ricco tappeto di voci e musiche spezzate, altamente evocative. Luci, parole e suoni si riverberano per tutto lo spazio teatrale, restituendoci i sapori misteriosi di un’Africa matrigna, perché sempre tradita e vituperata, vissuta come luogo mentale dell’anima.

LOTTA DI NEGRO E CANI
di Bernard-Marie Koltès
traduzione di Valerio Magrelli
regia di Renzo Martinelli
con: Alberto Astorri, Rosario Lisma, Alfie Nze, Valentina Picello
dramaturg: Francesca Garolla
scene: Renzo Martinelli
produzione: Teatro i
in collaborazione con Face à Face – Parole di Francia per scene d’Italia e Institut Français Milano
durata: 2h

Visto a Milano, Teatro I, il 18 febbraio 2012

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