Stalker Teatro: sognando una nuova età dell’oro

L'età dell'Oro di Stalker Teatro
L'età dell'Oro di Stalker Teatro
L’età dell’Oro di Stalker Teatro
Mario è una gallina, ha gli occhi cerchiati di giallo e parla col sorriso. “Ho dimenticato una battuta!”. Ha un bicchiere di vino in mano e presto ne prenderò uno anch’io.
C’è una bella atmosfera alle Officine Caos di Torino stasera.
Lo spettacolo “L’età dell’oro” è appena terminato, seminando tracce di speranza attraverso il variegato mondo delle periferiche Officine, nella piazza principale del quartiere popolare delle Vallette.

Gabriele Boccacini, il regista, come d’abitudine dopo lo spettacolo ha invitato tutti al piccolo rinfresco appena fuori dalla sala. Mi avvicino a lui. “Diamoci del tu”, invita dopo le prime parole. Ho qualcosa da chiedere sui contenuti, ma più di tutto voglio sapere com’è stato condotto questo lavoro corale.

Trentacinque persone in scena, un gruppo che unisce la compagnia dello Stalker Teatro ai cittadini che hanno deciso di prender parte al progetto. Sono stati condotti tre mesi di laboratorio, nel corso dei quali i partecipanti hanno avuto modo di incontrarsi su un piano paritetico, in cui la distinzione tra “professionisti” e “neofiti” non era contemplata.
Ognuno ha dato il suo contributo, esprimendo con parole e gesti la propria idea sulla nuova era che, secondo le profezie dei Maya, sarebbe cominciata il 21 dicembre scorso.
Una scelta derivante dalla constatazione che, in periodi di crisi economica e sociale, pensare ad un’utopica età dell’oro è stato ricorrente, nella cultura popolare, in diversi momenti storici.

Il lavoro non è stato improntato sulla necessità di esprimere un messaggio, ma si è progressivamente formato col contributo di ciascuno. “Fare teatro significa innanzitutto incontrarsi” mi racconta. Loro si sono incontrati. E vogliono incontrarci: l’intimità della sala ne è la prova.

Seduto su appena tre file di gradoni, il pubblico si raccoglie intorno alla pedana che occupa la scena, simbolo dell’arca sulla quale viaggiano gli animali scampati al naufragio.
Mario è la gallina che beve vino senza esagerare. Ma ci sono anche Giuditta – nome d’arte della bertuccia che faceva show per strada prima che arrivasse il diluvio – Roberto, Claudia, Alfredo… Ogni animale porta nel nome la traccia dell’umanità estinta.

“Quattro gambe buono, due gambe cattivo” è il motto che, a partire dai maiali che guidano l’imbarcazione, contagia tutti i viaggiatori. Una citazione da “La fattoria degli animali” di George Orwell che, unita al tono da maniaco col quale uno dei suini ha indagato l’identità dei passeggeri prima di farli salire a bordo, sa quasi di presagio: quant’è lontano il momento in cui un’umanità pervertita tornerà a dominare il mondo? O forse lo siamo già noi?

Improvvisamente, la pioggia. Non è un effetto scenico, ma acqua vera, che insieme alle mantelline colorate e ai giochi di luce arricchiscono l’atmosfera onirica di uno spettacolo in cui la densità umana, pur denunciando l’inesperienza scenica, non copre l’estetica.
Il regista, senza perdere di vista la pregnante componente sociale, non ha dimenticato quella artistica. La spontaneità dei partecipanti ne è la spia più fresca.
Un gruppo di soli attori, anche se tecnicamente più preparato, sarebbe probabilmente rimasto suo malgrado legato a un concetto di teatro più accademico, perdendo la vivacità e la libertà creativa, che chi non ha mai conosciuto canoni è forse più facilmente in grado di trasmettere. La stessa compagnia dello Stalker, ormai attiva da trent’anni, è in realtà formata non da attori ma, come tengono a sottolineare, da performer. Dettagli che, in un lavoro come questo, fanno la differenza.

“L’età dell’oro” inaugura la rassegna proposta da Stalker Teatro per il 2013.
Tra le Officine Caos di Torino e la residenza multidisciplinare di Palazzo Ferrero a Biella si susseguiranno mostre, tavole rotonde, workshop e performance teatrali, unite dalla comune ricerca di un nuovo linguaggio artistico.
La stagione delle Officine Caos si articola in diverse sezioni. Affianco agli “Spettacoli a progetto”, esito di attività di laboratorio aperte a tutti gli interessati, il pubblico assisterà alle produzioni inedite degli “Artisti in residenza”, sette compagnie di innovazione: Volvon, Mo.Lem, Blucinque, il collettivo Alipus, il gruppo di ricerca VintuleraTeatro guidato da Paola Tortora, Cie La Bagarre e la compagnia spagnola Hanson.

La sezione “Dopo la prima” comprenderà invece i lavori dei gruppi Senza Confini Di Pelle, Kulturscio’k e Marco Gobetti, mentre alcune compagnie piemontesi ed altre provenienti da tutta Italia si incontrano in “E’(c)centrico”, la rassegna di arti performative caratterizzata dalla ricerca di linguaggi di innovazione artistica nei contesti di marginalità sociale in cui i diversi artisti operano: Diesis Teatrango (Arezzo), Olkos Teatro (Cuneo), Teatringestazione (Napoli), Cerchio di Gesso, Tekhné Teatro, Marte Costa.

Il coreografo Virgilio Sieni inaugura la sezione dei workshop: nel corso dell’anno seguiranno i laboratori diretti da Pierre Byland, Mareike Schnitker, Gerardo Mele, Paola Tortora. A Pierre Byland, prima allievo e poi insegnante della scuola parigina Jacques Lecoq, è sarà inoltre dedicata un’antologia di spettacoli comprendente quattro produzioni storiche ed una novità assoluta.
 

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  1. says: Omar Missini

    Lo Stalker teatro rappresenta una delle più cocenti delusioni della realtà teatrale torinese. Una grossa sala in periferia ( e che periferia, Vallette, da sempre una delle più dure) , di moderna concezione, dotata di una spazialità modilare, frammentata, poli-valente. L’equipe artistica è rappresentata da un gruppo di simpatici cinquantenni legati a dinamiche estetiche di concezione vintage, talvolta persino ridicole, poiché sorpassate ( i guanti gialli…) e un tipo di intervento di teatro nel sociale piuttosto limitato, dal respiro creativo corto, molto ispirato al concetto di istallazione. La “libera accademia d’arte dra(m)matica”, ha costituito, nel generale piattume dell’offerta torinese, un piccola candela, un idea interessante, presto abbandonata perché non sostenuta a livello istituzionale. La responsabilità peggiore di tutto ciò è anche imputabile al nucleo artistico Stalker, che come tutti i nuclei artistici torinesi subisce una pigrizia mentale, una mancanza di coraggio, una necessità comprensibile di coltivare il proprio orticello ( il vitto), tali per cui, l’occasione magica che una sala del genere potrebbe costituire in periferia si muta solo in una pallida luce a neon in esaurimento.