Bertozzi e Ciappina, Chi-Wei e Bosetti: fra suoni, riti, memorie e Terra

Simona Bertozzi (ph: Mihela Di Savino)
Simona Bertozzi (ph: Mihela Di Savino)

Per la XXIV edizione del festival Danae di Teatro delle Moire finale con la danza dei ricordi di Jennifer Rosa e la performance “pietrosa” di Raccagni e Stimoli

Ciò che resta di un incontro, di un dialogo, di un sodalizio artistico. Ciò che rimane di una natura in affanno, in cui anche gli animali di grossa taglia, come l’ippopotamo e il bufalo, sembrano destinati all’estinzione.
Un senso di giocosità e l’alchimia di un rapporto professionale e umano accompagna “Quel che resta”, effervescente coreografia di Simona Bertozzi in scena al Teatro Out Off di Milano con Marta Ciappina per il giro di boa di Danae, il festival di Teatro delle Moire la cui XXIV edizione è terminata lo scorso 6 novembre. Un’edizione costruita sull’enigma affascinante e a volte indecifrabile, sul senso del sacro e dell’agonismo, sul mito ricostruito e attualizzato.
Poesia, danza, visual art, suono, materia. Riflessione. Danae è esperienza sinestetica che non cerca risposte consolatorie, e prova a smaterializzare la linea che separa l’artista dallo spettatore. Questi viene introiettato nel processo poietico ed è portato a interrogarsi. È il senso non solo dei lavori portati in scena, ma anche dei momenti di confronto con gli artisti che corredano il festival, come la sezione “Laterale”, i laboratori “Extradanae” e l’ambiente virtuale “Danae InOnda”.
Seguendo Danae ormai dal 2015, e ripudiando un teatro non necessariamente “commerciale”, ma comunque «precotto, predigerito, raffreddato e morto» (la definizione è di Massimo Munaro), ci resta quel minimo disorientamento per non aver incrociato in questi anni il numero di critici e addetti ai lavori che il festival delle Moire meriterebbe.

“Quel che resta” si dispiega in un’atmosfera vaporosa, ovattata e stordente, che rapisce lo spettatore anche grazie ai paesaggi sonori di Roberto Passuti e alle luci disegnate da Giuseppe Filipponio. Simona Bertozzi crea con Marta Ciappina una danza leggera, eufonicamente spigolosa, armonicamente asimmetrica. Le performer sono una coppia di uccelli o insetti che si avvitano in percorsi circolari e onde sinusoidali. Il palco è ripartito in microterritori che avviano vari tipi di attraversamenti, generando visioni sempre diverse. Il leitmotiv è la gioia della condivisione, di volta in volta irruente, onirica, leggiadra, liberatoria. Le ali non ci sono, eppure le vediamo: trasparenti, incollate alle danzatrici. A volte Bertozzi e Ciappina ci appaiono intrecciate come radici sotterranee, a volte librate e flessibili come rami di giunco. Nasce un andirivieni di rotazioni e rivoluzioni. Le danzatrici sono vicendevolmente pianeta e satellite. Sono i mille giri dei giochi d’infanzia, tra attese, partenze, soste e ripartenze, creando dentro uno spazio ludico e onirico la premessa del contatto affettivo. Fino al sopraggiungere della quiescenza ibernante. Facendo a gara a citar canzoni. In attesa di una nenia che avvii il riposo. Prima di riprendere il gioco dell’amicizia e della coreografia, magari con l’aiuto di ramoscelli stretti tra le mani.

Danae è anche suono senza strumenti musicali. Basta giocare con le voci. È la sfida di Lin Chi-Wei e Alessandro Bosetti.
Il primo, artista taiwanese di stanza a Parigi, in “Talking Knots” (prima nazionale a Zona K) crea un laboratorio con 25 partecipanti disposti a spirale o in cerchio, che dipanano una lunga striscia di seta e danno corpo con la semplice oralità a un concerto polifonico che diventa vortice sonoro. L’input nasce da una serie di segni che i partecipanti vocalizzano, con una libertà interpretativa che è il presupposto della creazione e della condivisione. Segni da decodificare prima alla luce, poi al buio, in un rito collettivo dal sapore antico, che trasforma la piccola sala del quartiere milanese Isola in bottega con i suoi artigiani del suono, oppure nella ciurma di una barca che si incoraggia a navigare a colpi di pagaia.
Quello di Lin Chi-Wei è un concerto di corpi vivi, sempre nuovo e sorprendente.

Diversa è la procedura di Bosetti. In “Plane/Talea” egli raccoglie voci di sconosciuti, le registra, le mappa, le archivia. Le traduce in note, suoni, rumori. Le assembla e le ricompone in una sinfonia dagli echi jazz, con l’aiuto di speaker disseminati sullo spazio scenico dell’Out Off, con gli spettatori a gruppetti al centro. Stupisce come la voce riesca, con la drammaturgia improvvisata dal vivo, a giostrare dal canto individuale a un suono che sembra coro di uccelli, e rumori che riproducono sfarfallii, fruscii, attriti, centrifughe, cigolii, guaiti, oppure il ritmo dell’alfabeto Morse. La soggettività sganciata dal corpo è imbroglio di voci vivide, energia, campo magnetico che, come il dorodango giapponese, mira alla perfezione attraverso il lavorio levigato dall’abilità artigianale del compositore.

Talking Knots (ph: Michela Di Savino)
Talking Knots (ph: Michela Di Savino)

Una performance sonora è anche “Coming to matter” di Titta Cosetta Raccagni e Barbara Stimoli. Sulla scena al piano terra di Spazio Fattoria (Fabbrica del Vapore), un cumulo di sassi, di varia misura e vario taglio. Alcune pietre sono spigolose, altre levigate. Le due performer sono vestali di una parte d’universo inanimata. Con cura e lentezza, sollevano a una a una le pietre, e con passo felpato le adagiano sul tappeto microfonato del palco, riempiendo lo spazio scenico. Ogni pietra ha il suo suono, che muta a contatto con il suolo, ma anche per il semplice fatto di essere sollevata o di entrare in contatto con altre pietre. Sinfonia lapidea, dilatata dal suono live di Antonio Della Marina. Le luci eleganti di Enrico Peco creano un paesaggio lunare incantevole. Il palco si trasforma in un arcipelago di minuscoli iceberg, fino ad assurgere a una costellazione di corpi celesti. Lo strato pietroso diventa la casa delle due performer, che vi si rannicchiano sopra, adattando i loro corpi alle sinuosità della materia nuda con cui interagiscono.
La luce declina, lascia campo al buio assoluto, mentre decolla un suono sordo ovattato e sotterraneo come il rombo cupo della metropolitana. Riaffiora la luce, e scorgiamo il tronco nudo di due corpi trasformati essi stessi in pietra, sculture di bellezza levigata.
“Coming to matter” è rito sonoro, luce, silenzio e poetica della lentezza. È bellezza vitale di una natura inanimata. Raccagni e Stimoli condividono la cura per il mondo come imperativo per un’umanità che quanto più è autocentrata, tanto più corre il rischio di scomparire.

Qual era la hit musicale quando siete nati? E quando avete compiuto un anno? E la hit di quando avevate l’età per comprendere il significato di hit, ve la ricordate?
Interessante l’idea di Francesca Foscarini e del collettivo Jennifer Rosa con “Hit me” a Spazio Fattoria: danzare sulle canzoni di successo dei suoi compleanni. Quarant’anni di attraversamenti a tempo e ritmo di musica, per una performing art che è più spirituale e psicologica che fisica. Brani pop come “Venus” (Bananarama) e “Got My Mind Set On You” (George Harrison). E ancora, “Another day in Paradise” (Phil Collins) e “Bohemian Rhapsody” (Queen). E poi le hit del nuovo millennio: da “Lose Yourself” (Eminem) a “Poker Face” (Lady Gaga), fino a “Blinding Lights” (The Weeknd) passando per Rihanna e Adele.
Non è solo danza, ripresa con una telecamera in presa diretta, e proiettata su uno schermo che da lontano inquadra anche noi spettatori. Con il suo viso nudo, struccato, e una luce tenue e diffusa che unisce palco e platea, Foscarini interpreta i segni degli anni e le suggestioni delle epoche cui quelle canzoni sono collegate: ricordi, pensieri, proiezioni, sentimenti. Ciò che Francesca era, ciò che sognava di diventare, ciò che è adesso. Quello che aveva, o ciò che le mancava. La performer danza, corre, a volte gioca con le quinte e scompare dietro le tende.

La gioia di queste coreografie che sconfinano nel dancing dress e nella scultura non è mai né totale, né pienamente liberatoria. S’impone l’immagine fotografica, solida come pietra. Scorrono i fotogrammi di un tempo che fugge. Come sono fuggiti i corpi di alcuni degli interpreti di quei brani: Freddie Mercury, George Harrison, Whitney Houston, Dolores O’Riordan. Ognuno si ferma sui propri ricordi, sulle orme di un passato anch’esso dissolto. La musica impalpabile resta inalterata. L’arte di Francesca Foscarini, sospesa tra eterno ed effimero, meditata e improvvisata, agita Danae all’alba del suo primo quarto di secolo, ribadendo la centralità del corpo al servizio del sentimento.

Quel che resta
concept e coreografia Simona Bertozzi
danza Marta Ciappina, Simona Bertozzi
soundscape Roberto Passuti (con un estratto dal documentario Big Animals survival strategies)
light design Giuseppe Filipponio
musica Stravinsky: Diversions, Ray Chen, Timothy Young Divertimento: IV. Pas de deux, Coda Presto produzione Nexus 2021
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura, Regione Emilia Romagna, Comune di Bologna
con il sostegno di Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni e di Fondazione CR Firenze Residenze creative
nell’ambito di Residenze per artisti nei Territori a cura di Masque teatro, Artists in ResidenSì Bologna
in collaborazione con Dialoghi – Residenze delle Arti Performative a Villa Manin 2021, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, AlmaStudios Bologna

 

 

Talking Knots
progetto partecipativo di Lin Chi-Wei
con Lin Chi-Wei e i partecipanti al laboratorio
PRIMA NAZIONALE

 

 

Plane / Talea
di e con Alessandro Bosetti

 

 

Coming to matter
ideazione e regia Barbara Stimoli e Titta C. Raccagni
performer Barbara Stimoli, Titta C. Raccagni, Camilla Isola
suono live Antonio Della Marina
disegno luci Enrico Peco
produzione Nexus 2022
coproduzione Teatro delle Moire/ Danae Festival
con il sostegno alle residenze di theworkroom (Fattoria Vittadini/Fondazione Milano), Stazione di Topolò/PostajaTopolove, BASE Milano
in collaborazione con Dialoghi Residenze delle arti performative a Villa Manin a cura del CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia

 

 

Hit me!
concept e regia Chiara Bortoli, Francesca Raineri/Jennifer rosa
performer: Francesca Foscarini
alla consolle Chiara Bortoli
cura della tecnica Fiorenzo Zancan
coproduzione: Jennifer rosa Associazione Culturale Van
con il sostegno di Festival Danza In Rete/TCV Vicenza Voll, Vicenza

0 replies on “Bertozzi e Ciappina, Chi-Wei e Bosetti: fra suoni, riti, memorie e Terra”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *