Grandi numeri e crisi. L’Italia dei festival per Sergio Ariotti e Isabella Lagattolla

Isabella Lagattolla
Isabella Lagattolla
Isabella Lagattolla (photo: © Diego Beltramo)

Anno nuovo e Italia alle prese con problemi di ristrettezze economiche, da affrontare anche attraverso i tagli al Fondo Unico per lo Spettacolo. Problema atavico, probabilmente, ma che nel prossimo biennio interesserà di certo moltissime realtà, dalle grandi alle piccole, minando in alcuni casi la sopravvivenza di stagioni, festival ed esperimenti interessanti.
Ma è possibile che parte del problema sia nel teatro stesso, nel suo cercare di “politicizzare” il proprio ruolo, di aggiungere sempre nuova carne al fuoco anche lì dove l’offerta non manca, come nel caso dei festival teatrali?

Se il 2009 sarà un’incognita per tutti, con le preoccupazioni circa le reali proporzioni della crisi, il 2008 è stato un anno che ha dato spunto per importanti riflessioni sulle dinamiche con cui il sistema dello spettacolo, nel nostro paese, si alimenta, si costruisce e propaga le sue maglie, in direzioni spesso disordinate o, quanto meno, non coordinate.

Se n’è avuto un esempio con il Festival di Napoli, neonata creatura dell’italica festivalità. All’ironia di chi dice che non se ne sentiva particolare bisogno, altri rispondono con l’evidente mancanza, da Roma in giù, di iniziative di standing nazionale e internazionale, che facciano percepire il sistema nazione come un unicum composto, come da secoli è sempre stato, di tanti campanili, intenti ad un primeggiare, ormai per fortuna senz’armi vere, per l’egemonia.

E se Roma, la sua sbrilluccicante estate, da Nicolini in poi, è stata l’apripista della grandeur degli anni Ottanta e Novanta, solo la cecità può non far vedere dinamiche ormai storicizzate, come il Festival delle Colline Torinesi, o il Mittelfest in Friuli. O come Vie in Emilia Romagna, che fa seguito all’estiva Sant’Arcangelo; l’Umbria con i festival storici, dal Due Mondi al più recente Terni, o Venezia con Biennali di ogni natura e la Lombardia con Mantova, Lecco, Pavia, Bergamo. Ma anche la Puglia, che fra tarante e notti magiche si introduce in questo sistema, insieme alla Toscana con i suoi mille esperimenti locali, e alla Sicilia con il teatro classico, accompagnata dalla Calabria di Castrovillari.
A ciascuno potrà venire in mente dell’altro, ma tutto questo si regge, senza particolare pianificazione a livello centrale, in gran parte su fondi pubblici, e in alcuni casi con sgraziate sovrapposizioni temporali, com’è successo l’anno scorso in modo eclatante proprio fra Napoli e Torino.

Con quest’intervista vi proponiamo il pensiero della direzione artistica del Festival delle Colline Torinesi, composta dal consolidato duo Sergio AriottiIsabella Lagattolla. Uno stimolo, forse, per avviare una riflessione un po’ più composita sul sistema paese, attraverso gli occhi di operatori esperti. In attesa della XIV edizione del festival, a Torino dal 5 al 28 giugno prossimi.

Per parte nostra una convinzione si sostanzia con sempre maggior forza: quella che, il nostro, è sempre più un paese di campanelli più che di campanili, e che, senza un po’ di attenzione, la crisi divorerà l’intero branco di pesci piccoli, invece che salvare almeno qualche specie rara, permettendo una pianificazione seria. Il primadonnismo, sotto le folate di vento gelido di crisi, lasci il posto, nella testa degli amministratori, al rispetto vero del sistema nazionale e internazionale della cultura come forma di evoluzione della civiltà umana, da tutelare partendo da piccole cose, come un banale sguardo al calendario. Basta poco, a volte.

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  1. says: erica

    interessante intervista con 2 operatori ke stimo molto, bellissimo sentirli parlare d ‘hamlet’s portraits’.
    io sono stata alla maratona, speriamo d ripetere l’esperienza presto… buonlavoro, erica