Le periferie urbane: è questo il terreno su cui Beppe Sala, sindaco uscente di Milano, si giocherà la riconferma a Palazzo Marino nelle amministrative del 3 e 4 ottobre.
Le periferie sono anche la nuova frontiera dell’arte. È il caso della zona a Nord di piazzale Loreto, dove per il terzo anno consecutivo si è svolto il Nolo Fringe Festival, organizzato dall’associazione culturale Bardha Mimòs. Il festival, che intende portare tra la gente «un nuovo modo di stare bene insieme, e ci vuole arte per farlo», intende sdoganare nella vita di quartiere «lo spirito di accoglienza e convivialità», per condividere «storie e sogni», favorire gli incontri tra persone, intrecciare «pezzi di vita». Un progetto ambizioso, ideato e curato da Davide Verazzani con la collaborazione di Ippolita Aprile, Giulia Brescia, Matteo Russo, Silvia Rudel e Maria Virzì.
Un progetto forse ancora acerbo da valutare nell’epoca Covid. Intanto NoLo Fringe Festival piace: ha beneficiato del contributo economico di quasi 200 sostenitori; ha intercettato una serie di partner, collaborazioni e sponsor.
Dal 4 al 12 settembre cento eventi hanno animato le serate di cinque quartieri milanesi: Benedetto Marcello, Casoretto, Adriano, Città Studi e appunto NoLo.
Siamo oltre la zona dello shopping di corso Buenos Aires. Qui termina la Stazione Centrale, i cui binari s’inerpicano sopra la città e s’irradiano per l’Italia e l’Europa. Per i custodi della memoria, piazzale Loreto è legato alla strage dei quindici partigiani trucidati dai fascisti nell’agosto del 1944: i loro nomi sono ricordati da una stele commemorativa. Nelle pagine nere dei libri aleggia invece la memoria di Mussolini, di Claretta Petacci e di altri diciannove gerarchi in camicia nera i cui cadaveri furono qui esposti e vilipesi nel tormentato aprile del ’45 in cui l’Italia riconquistò la libertà.
Il festival travalica la circonvallazione esterna, supera la via Gluck cara a Celentano, tocca Casoretto, dove il 18 marzo 1978 finiva a colpi di pistola la vita dei diciottenni Fausto e Iaio, assassinati vicino al centro sociale Leoncavallo che essi frequentavano e che a loro è dedicato, insieme al maestoso murale di via Mancinelli dove avvenne l’esecuzione ancora impunita.
Quella sera i due ragazzi stavano raggiungendo casa di Iaio in via Montenevoso, di fronte al covo delle Brigate Rosse dove sarebbe stato ritrovato il memoriale di Aldo Moro, rapito due giorni prima a Roma.
La Milano attuale è diversa. È multietnica, poco politicizzata, più attenta al sociale, capace di prescindere dagli opposti fanatismi.
Ci chiediamo che cosa resti delle inquietudini di quel passato sulle facce dei giovani che affollano gli eventi. L’aria di festa è trattenuta dalle mascherine. Il caldo non è più appiccicoso. Il rigurgito delle vacanze appena terminate non disperde il senso di leggerezza settembrino.
I luoghi di ritrovo del Fringe sono birrifici, chioschi, locali, cortili, cascine, enoteche, parchi, giardini, librerie, un anfiteatro scolastico, il chiostro di un’abbazia, il prato di una basilica. Sotto di noi scorre, tra le luci e zanzare sperdute, l’acqua della Martesana.
Un’atmosfera festaiola e assorta, gioiosa e pensante, marca i due spettacoli cui abbiamo assistito.
“The Show” di Sementerie Artistiche, testo di Manuela De Meo, regia Luigi D’Elia, è un monologo che vede in scena Elisa Denti. Siamo a Eastriver, una vecchia officina sul Naviglio della Martesana, ristrutturata da un’associazione sportiva attiva sul territorio da qualche anno. Adesso lo spazio è dedicato al turismo sociale, alla mobilità sostenibile, a sport, benessere, cultura e gastronomia.
Questo capannone-palestra dagli attaccapanni che assomigliano ai ganci di una macelleria ben si addice al wrestling, sport-spettacolo nel quale l’esibizione atletica si combina con quella teatrale. La protagonista è Adele, donna verso la mezza età un po’ in carne, che si reca in palestra per un mese d’allenamento. È il pegno da pagare a due amiche per una scommessa persa.
Adele pare una sorda smarrita dentro un film sonoro: si ritrova per caso e per inerzia tra spogliatoi, sacchi da box e corde di ring. Conosce pittoreschi energumeni con la canottiera slabbrata, donne giunoniche dai capelli ossigenati, avversarie con la faccia, la coda, il nome da cavallo. E invece il wrestling le apre un mondo. Tra puzza di piedi, personaggi improbabili e situazioni che paiono uscite dalla penna di Benni o Bukowski, assistiamo all’evoluzione di un personaggio inizialmente impacciato e guardingo, via via disinibito, deciso a cambiare vita e visione del mondo, capace di stupire se stesso e gli altri.
Le luci e i cambi d’abito orchestrati da D’Elia creano scenette sapide che divertono gli spettatori. Le musiche di contrappunto sottolineano il cambio di prospettive della protagonista, le cui movenze oscillano tra arti marziali e danza classica. La recitazione in piedi o su uno sgabello, le scarpe da tennis e quelle col tacco, una fascia elastica per i capelli segnano i passaggi di scena. Troviamo Adele ora sul ring ora in palestra, ora in una strada solitaria, ora al bar con le amiche davanti a un cocktail.
Non è facile far ridere con eleganza, senza esasperare i paradossi, senza ricorrere alla volgarità o a iperboli grottesche. Manuela De Meo ci riesce con questo testo agile, ben recitato, che è insieme rito iniziatico e percorso di autoanalisi.
Il ritratto di una generazione disincantata della periferia romana caratterizza invece “Apocalisse tascabile” di Niccolò Fettarappa Sandri, in scena e alla regia con Lorenzo Guerrieri, con la collaborazione di Carrozzeria N.o.t.
Lo spettacolo, vincitore di In-Box 2021 e di Direction Under 30 2020, è stato anche premiato dai critici della rivista Stratagemmi, mentre il premio del pubblico è andato al monologo “Le donne baciano meglio” di e con Barbara Moselli (regia Marco Taddei, produzione Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse).
Siamo ad ArteMadia, cornice verde tra case di ringhiera riconvertite e lo sferragliare dei treni sui vicini binari. ArteMadia è un’organizzazione no-profit dedicata ed eventi artistici (musica, murales, cibo, fotografie, teatro) allo scopo di creare condivisione.
Leggerezza, sagacia, psicologia dei consumi. “Apocalisse tascabile” è il ritratto di una generazione under 30 spenta e inibita, goffa e rassegnata, che cerca nell’autoironia una via di sopravvivenza. È una denuncia dei consumismi consolatori, dei centri commerciali come luoghi di pellegrinaggio, di una vita usa e getta dove le persone sono biglietti scaduti o codici a barre che sfuggono ai lettori barcode. Un carrello della spesa e peluche e pupazzi da strapazzare sono i pochi oggetti scenici di uno spettacolo pimpante, intelligente, ben interpretato. I due attori si presentano in maglietta, pantaloni alla zuava e calzettoni: è forse il rigurgito di una filigrana fascista ancora trasparente in certi sobborghi metropolitani. Siamo a Roma, in quella periferia che «se Pasolini fosse vivo, non perderebbe occasione di morirci di nuovo».
Questo show periferico, ipertrofico e frenetico è una sequela di nonsense che tirano in ballo tutti i prodotti più famosi. Nel carrello della spesa anche gli uomini sono ridotti a merci. A colpi di fidaty card proliferano i jingle pubblicitari, gli slogan e i trip della società individualista e consumista. Naufragano invece le aspettative dei giovani, anche laureati, in particolare quelli delle facoltà umanistiche. Virtosismi semantici e simpatici giochi di parole tra Andrea Rivera e Alessandro Bergonzoni condensano una comicità escatologica, che attinge da filosofia e teologia, infierendo sulla condizione alienante e sull’isolamento di una generazione asfissiata dall’assenza di prospettive.
Nessi, fili tesi, reti intrecciate per catturare qualche sogno residuo. Il bisogno irrisolto di relazioni. Le ipocondrie che ne scaturiscono, mentre si cerca un Dio a portata di mano. L’accento capitolino marca lo spettacolo. Fioccano le citazioni: da Steve Jobs a Dustin Hoffman, da Mary Poppins agli Abba, con esiti tafazziani che non vi spoileriamo.
Tanta carne al fuoco in uno spettacolo a tratti così incalzante da impedire allo spettatore di fermarsi su tutto. Ma la freschezza e la ricchezza culturale di questa giovane compagnia lasciano ottime sensazioni, e la certezza di un talento capace di intercettare le urgenze di una generazione Z stressata e insicura.
The Show
UN PROGETTO DI Elisa Denti e Manuela De Meo
CON Elisa Denti
TESTO DI Manuela De Meo
REGIA Luigi D’Elia
PRODUZIONE Sementerie Artistiche ed Elisa Denti
CON IL SOSTEGNO DI Festival Montagne Racconta e Associazione Culturale S.T.A.R.
durata: 60′
Apocalisse tascabile
DI Niccolò Fettarappa Sandri
CON Niccolò Fettarappa Sandri e Lorenzo Guerrieri
REGIA Niccolò Fettarappa Sandri e Lorenzo Guerrieri
CON LA COLLABORAZIONE DI Carrozzerie N.o.t
vincitore di In-Box 2021
vincitore di Direction Under 30 2020
durata: 1h 5′
Visti a Milano, Nolo Fringe Festival, l’8 e il 9 settembre 2021