Civitanova Danza: la sopravvivenza della ricerca fa polemica

Neons (photo: Lores Philippe Weissbrodt)
Neons (photo: Lores Philippe Weissbrodt)
Neons (photo: Lores Philippe Weissbrodt)

Un caldo afoso, senza respiro, in cui tutto sembra pesante e rallentato, accoglie il primo dei due Festival nel Festival, la formula che ormai da alcuni anni caratterizza Civitanova Danza, una vera e propria maratona che coinvolge tutti i teatri della cittadina e non solo.

Il primo appuntamento è, per fortuna, nella sala raggelata dall’aria condizionata dell’Hotel Miramare per il focus che dà l’incipit alla giornata. Tema del dibattito “Danza e ricerca”. Invitati al tavolo i rossi capelli di Marinella Guatterini, il liscio caschetto nero di Francesca Pennini e la lunga chioma castana di Angela Fumarola: una critica, un’artista e una operatrice chiamate a confrontarsi su questo termine caduto un po’ in disuso, come ci fa notare per l’appunto la Guatterini, in un’epoca che fa della velocità la sua forza.
Perché la ricerca implica lentezza, tempo dedicato, non monetizzabile, un tempo che il mercato non sa come riconoscere, all’inseguimento com’è di una produzione che crei sempre “l’evento”. Non può però esistere coreografo che si dichiari davvero tale (ma anche questo termine è attualmente offuscato, evanescente) che non si sia confrontato con la ricerca, perchè “ricercare è necessario per iniziare percorsi artistici propri”, per “uscire da schemi dati” e lavorando, sperimentando, trovare soluzioni personali in cui riconoscersi e farsi riconoscere.

E’ necessario poi “resistere nella ricerca”, trovare il proprio filone di indagine e, all’interno di quello, declinare la propria possibilità: il Leone d’Oro conferito quest’anno dalla Biennale Danza di Venezia ad Anne Teresa de Keersmaeker ne è testimonianza.
La ricerca contempla quindi fallimenti, brutture, opere non riuscite, perchè è dagli errori che si impara, dalla cadute trasformate poi in opportunità di indagine.
In sostanza, nella ricerca gli errori sono in qualche modo tutelati, sempre che la ricerca sia onesta.

Il fluire di parole e concetti, giudizi e considerazioni, sguardi ampi rivolti al passato come al futuro che Marinella Guatterini ci regala, si rapprende nella lettura che Francesca Pennini fa del proprio intervento: la parola scritta racconta la metodologia che sta alla base del lavoro di ricerca di Collettivo Cinetico, la giovane compagnia che la Pennini dirige con Angelo Pedroni.
Ci vengono esposte le pratiche che portano alla creazione dei dispositivi performativi che caratterizzano gli spettacoli di Collettivo Cinetico, uno sguardo alla ricerca molto personale con istanze precise legate all’interazione con il pubblico come possibilità di creazione live all’interno di regole codificate.
L’intervento finisce con molte domande che chiudono il cerchio, dal momento che l’incipit era stato il paragonare la ricerca ad un punto interrogativo.

L’intervento di Angela Fumarola riporta tutti con i piedi per terra dopo i voli creativi e teorici dei precedenti discorsi. Operatrice culturale, direttore artistico, con Fabio Masi, del festival Inequilibrio per il settore danza, Fumarola vuole spiegare come sia possibile, attraverso vari strumenti come le residenze, permettere e facilitare i percorsi di ricerca.
Quando però arriva a definire gli operatori “sovversivi” per questo loro fare, a insorgere è Marinella Guatterini, con una indignazione che nasce dal riscontro di come siano in realtà le “mode” a dominare il mercato, e non certo uno sguardo accogliente e curioso verso i percorsi di ricerca.

Un intervento ancor più indignato è quello di Gilberto Santini, direttore di AMAT e per l’occasione moderatore del dibattito, che con parole dure spiega come il nuovo decreto con cui il Mibact ha di fatto riformato lo spettacolo dal vivo leghi le mani agli operatori, premiando la quantità a scapito della qualità, ma la “quantità non va di pari passo con la ricerca”.
Il tema del Fus è davvero caldo: in queste settimane gli animi si sono scaldati parecchio, e sta emergendo, nella scena italiana, una sorta di “tutti contro tutti” per la quantità di denaro – ricevuto o meno – dalle singole realtà, anche rispetto alle cifre del passato.

Il dibattito si accende anche in sala, toccando però altre sfumature: Alessandro Pontremoli, Silvia Poletti, Carmelo Antonio Zapparata e altri ‘addetti ai lavori’ elencano le difficoltà che incontra la danza nel territorio della ricerca, evidenziando come ci siano “troppe risposte a nessuna domanda” e “di come il corpo da solo non basti: c’è bisogno di discorsi che lo raccontino e ne raccontino la cultura che lo circonda”, soffermandosi anche su una modalità di fare critica che crea troppa autoreferenzialità anziché essere reale sguardo esterno.
Le chiacchiere proseguiranno nell’informalità dell’aperitivo; poi tutti via al Teatro Cecchetti per il primo dei tre spettacoli della serata.

“Neons – Never Ever, Oh! Noisy Shadows”, della Compagnie Phillippe Saire, racconta le difficoltà di un rapporto in cui ci si cerca, ci si lascia, ci si ama ma ci si fa anche del male. I due danzatori sono uomini ma il messaggio è universale, come unico è l’amore che lega due persone al di là del loro genere.
Neon spostati sulla scena dagli stessi danzatori segnano le bolle di luce aspra in cui si consumano gli incontri e gli scontri, diventando alle volte anche armi o tramiti di movimento che eludono il contatto dei corpi. Alcuni display sostituiscono le parole, restituendole e amplificandone il significato e la potenza nello scorrere indifferente delle lettere rosse: “Tutto è finito”, “Io sono un bastardo”.
Forse tutto è troppo evidente e raccontato perchè possa arrivare ad un livello poetico di commozione, e la macchinosità, a tratti, degli spostamenti dei neon e dei display contribuisce alla perdita dell’incantesimo che il buio e la crudezza delle luci tendono a creare.

Lo spettacolo di punta della serata ci attende al Teatro Rossini. La grande produzione del Ballet du Nord di Olivier Dubois, “Les mémoires d’un seigneur”, vede in scena il danzatore prediletto Sébastien Perrault attorniato da una trentina di uomini non professionisti selezionati tra le città di Bolzano e Civitanova Marche.
L’uomo solitario, il re, l’eroe, il saggio, la star del rock è attorniata da un’umanità che lo inneggia e contro cui combatte, che lo vuole sopraffare e sbranare, e che alla fine lo lascerà di nuovo solo.
E’ potente questa massa di corpi, delle più diverse forme ed età, stagliati nelle luci: si accatastano in grumi, corrono come forsennati da una quinta all’altra sfiorando il danzatore, che cerca di colpirli con un grande spadone menando fendenti che ricordano la lotta contro i mulini a vento di Don Chisciotte. Si affollano con ferocia intorno al tavolo su cui il re è salito per lacerarlo, farne brandelli, si placano sotto il grande tavolo, agglomerato di braccia, gambe, torsi che come i pensieri si attorcigliano per acquietarsi, echi che si allontanano.

La musica, affidata anche questa volta a François Caffenne, sottolinea le varie fasi dello spettacolo, martellante o sospesa, ritmata e ossessiva o calma e distesa, elemento importante nella creazione dell’atmosfera.
Tranne il prologo, che è tutto affidato a Perrault, è continua l’interazione tra il gruppo e il singolo, passando tra le tre epoche a cui è affidato lo svolgimento dello spettacolo: La Gloria, La Caduta, l’Addio. Ma il rapporto alle volte sembra non funzionare, si sente una sorta di sconnessione di forze, come fossero due parti sovrapposte ma non congiunte. Così come, in alcuni cambi scena, sembra non tutelato lo spostamento della massa, non esperito in una reale ricerca ma lasciato alla soluzione più immediata. Resta allora il dispiacere dell’appuntamento mancato, di qualcosa che avrebbe potuto essere ma non si è concretizzato del tutto, di un apice appena sfiorato.

Chiude la maratona “Fear Party”, prima assoluta della nuova produzione di Enzo Cosimi. Altra coppia in scena, non per raccontare il rapporto tra persone ma il rapporto con la paura, come si evince chiaramente dal titolo.
Se è vero che il coraggio è l’altra faccia della paura, è proprio quest’ultimo che emerge di più nello spettacolo, in una danza dura e sputata in faccia al pubblico, fredda, di resistenza, a volte quasi spietata, come nell’ultima parte, in cui uno dei due interpreti crea con il corpo un pertugio in cui l’altro cerca di entrare a viva forza per poi uscirne dall’altra parte spingendo, aggrappandosi, travolgendo il compagno.
Paura collettiva: rumori di aerei, secchi messi sopra la testa, stretti cubi dentro cui nascondersi, ma in tutto lo spettacolo non c’è la paura di chi trema, di chi si abbandona, di chi urla, di chi fugge. Non c’è però nemmeno il coraggio sereno di chi affronta a viso aperto i rischi, il pericolo, l’incertezza; è una violenza continua che alla fine affatica anche noi che guardiamo.

Neons – ever Ever, Oh! Noisy Shadows
ideazione, coreografia, testi: Phillippe Saire
coreografia in collaborazione con i danzatori: Philippe Chosson, Pep Garrigues
drammaturgo:Roberto Fratini Serafide
musica: Francesco Cilea, “Adriana Lecouvreur: Poveri Fiori” interpretata da Maria Callas
sound design: Stéphane Vecchione
costumi: Isa Boucharlat
direttore tecnico: Yann Serez (creazione), VIncent Scalbert (tour)
responsabile palco e video: Mickael Henrotqy Delaunay
grafica e foto: Philippe  Weissbrodt
registrazione video: Pierre-Yves Borgeaud
amministrazione e relazioni pubbliche: ValérieNiederoest
promozione & gestione tour: Gàbor Varga
contabilità: Regina Zwahlen
segreteria: Christel Welsch
assistente di produzione: Annabel Glauser
produzione realizzata con il sostegno di Ville de Lausanne, Canton de Vaud Pro Helvetia – Fondation Sisse pour la Culture, Fondation de Famille Sandoz, Sixt

durata: 40’
applausi del pubblico: 2’ 40”

Les Mémoires d’un seigneur
creazione: Olivier Dubois
assistente artistico: Cyril Accorsi
ripetitori: Karine Girard, Marir-Laure Caradec
interprete: Sébastien Perrault con la partecipazione di interpreti amatoriali
musica: François Caffenne
creazione luci: Patrick Riou
costumista: Chrystel Zingiro
parrucchiere, parrucche: Romain Marietti
direzione tecnica: Robert Pereira
responsabile luci: Emmanuel Gary
fonico: Jean-Philippe Borgogno
produzione: Ballet du Nord/CCN Roubaix Nord – Pas de Calais
coproduzione: Productiehuis Rotterdam – Rotterdamse Schouwburg
in collaborazione con Bolzano Danza
sostenitori: convention Institut Français & Métropole Européenne de Lille Institut Français du Liban, Pro Helvetia

durata: 57’
applausi del pubblico: 2’ 39”

Fear Party
regia, coregrafia, scene, costumi: Enzo Cosimi
collaborazione alla coreografia e interpreti: Paola Lattanzi, Pablo Tapia Leyton
musica: Chris Watson
disegno luci: Gianni Staropoli
organizzazione: Maria Paola Zedda
segreteria organizzativa: Flavia Passigli
produzione: Compagnia Enzo Cosimi, MIBACT
in collaborazione con AMAT
con il sostegno per le residenze di Kilowatt Festival, ACS Abruzzo Circuito Spettacolo, C.L.A.P. Spettacolodalvivo

durata: 53’
applausi: 1’ 40”

Visti a Civitanova Marche (MC), Civitanova Danza, il 18 luglio 2015

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