Collinarea 2015. A Lari tra Rito e partecipazione

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La Lolita di Zerogrammi|I rappresentanti delle sette compagnie di Rito (photo: Simona Fossi)
La Lolita di Zerogrammi
La Lolita di Zerogrammi

È un borgo piccolissimo Lari, dolcemente adagiato sulle colline toscane; un castello, alcune vie che avvolgono la rocca, tanti spazi dove ospitare spettacoli, concerti, performance. Ed è tutto il borgo di Lari ad esser protagonista di Collinarea, progetto di Scenica Frammenti in collaborazione con Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale – Pontedera / Fondazione Teatro della Toscana. Una grande festa “per” il teatro, concretizzatasi in una lunga settimana di programmazione, 30 spettacoli in tutto, laboratori, eventi.

A concludere la diciassettesima edizione di Collinarea lo spettacolo itinerante InArea “Rito”,  performance progettata da sette compagnie, Civilleri/Lo Sicco, Teatro dei Venti, Carrozzeria Orfeo, Leviedelfool, Ordine Sparso, Uthopia/Tra cielo e Terra, Scenica Frammenti, che per tutta la durata del festival hanno lavorato con i quaranta partecipanti al laboratorio “Rito”. Un evento che conferma la vocazione aggregativa e partecipativa di Collinarea, che abbiamo colto e assaporato sin dai primi momenti trascorsi a Lari, dove tra uno spettacolo e un incontro con gli spettatori protagonisti del percorso “Tutti Critici” – inserito quest’anno per cercare di capire quali siano i livelli di percezione e comprensione degli spettacoli proposti e attivare un dialogo costruttivo e vivo tra critici, addetti ai lavori e pubblico – capitava di vedere una schiera di ragazzi dar vita ad una coreografia collettiva, sporgendosi dal parapetto del Castello o correndo per le viuzze di Lari, rintracciando percorsi possibili.
Il centro di Lari come luogo speciale, insomma, dove non solo proporre un variegato programma e una polifonia di voci del panorama artistico italiano, ma in cui recuperare un rapporto autentico col teatro che si fa, come immaginato dal direttore artistico Loris Seghizzi, affiancato da Gabriele Benucci e Yari Mazza, e da tre anni col supporto di Roberto Bacci e Luca Dini, direttori del Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera della Fondazione Teatro della Toscana.
Più teste per un programma articolato, dove numerosi assoli hanno permesso di osservare le molteplici potenzialità, talvolta diametralmente differenti, della narrazione monologante.

Delicatezza, semplicità, capacità di evocare emozioni con poche pennellate di gesto e voce sono ad esempio le caratteristiche dello spettacolo di teatro ragazzi “La grande foresta di Francesco Niccolini alla regia e Luigi D’Elia, che ne è interprete, uno spettacolo apprezzato per la sua efficacia drammaturgica e per la capacità di appassionare, coinvolgere, parlando di lentezza, rispetto delle regole, ecologia, rapporto uomo – natura, utilizzando la forza della parola, talvolta solo sussurrata. La storia di un bambino e di suo nonno, di una foresta e delle regole che ne scandiscono il fluire, dei lupi e della caccia, e tutto intorno il mondo degli uomini che dimenticano troppo spesso che la natura deve essere rispettata. Questo spettacolo ce lo ricorda e insieme ci mostra come il teatro ragazzi, rifuggendo da etichette e target predefiniti, sia portatore di messaggi universali di fascino e suggestione.

Ancora un monologo, “Otto con”, di Gabriele Benucci: è la storia, tra riscatto e passione sportiva, di Cesare Milani, interpretato da Fabrizio Brandi. Il “con”, il timoniere degli Scarronzoni, la formazione livornese di canottaggio, composta da scaricatori di porto e manovali, che nel periodo fascista, contro ogni pronostico e senza rispecchiare l’immagine dei canottieri del tempo, ricchi e di buona famiglia, si classifica per ben due volte seconda alle Olimpiadi, nel ’32 e nel ’36.
Un racconto autentico, che rammenta come l’importante non sia solo partecipare ma provare a venir fuori da una condizione prestabilita.

“Socialmente”, di FrigoProduzioni (ideazione, regia e interpretazione di Francesco Alberici e Claudia Marsicano), è invece la fotografia sconnessa di una società vittima dei social.
Sulla scena un ragazzo e una ragazza vegetano sul divano, divorano programmi televisivi, cibo spazzatura, cantano e ballano come starlet venute fuori dal video, in un fluire drammaturgico lento e monotono che non regala particolari guizzi o soluzioni per un tema divenuto ormai quotidiano e forse troppo abusato.

Ancora teatro ragazzi con le colorate “Farfalle” della Compagnia Tpo, che hanno condotto il pubblico in un viaggio nel bosco, tra movimenti coreografici reiterati e un sapiente utilizzo della computer grafica a discapito della costruzione drammaturgica. Un regalo però per i piccoli spettatori, rimasti ammaliati dalle creazioni proposte.

La personale incursione nell’universo di “Lolita” di Silvia Battaglio, produzione Cie Zerogrammi, nasce dalla collaborazione con l’Odin Teatret.
Su un tappeto di mele rosse, le celebri parole di Nabokov prendono vita grazie ad un sapiente e ben orchestrato uso del corpo: ora bambina innocente, ora adolescente seduttiva e ammaliante, Lolita racconta di un’infanzia rubata, di un rapporto vittima e carnefice col patrigno Humbert che, come l’uomo nero delle favole, le ruba i sogni di bambina. Una narrazione a più voci, arricchita da scelte musicali interessanti – dalla Carmen di Bizet a “Like a Virgin” di Madonna – che talvolta però rischia di perdersi nella frammentarietà del discorso proposto, capace comunque di veicolare tutto il dramma di una storia al femminile che parla di una violenza sottile e profonda.

I rappresentanti delle sette compagnie di Rito (photo: Simona Fossi)
I rappresentanti delle sette compagnie di Rito (photo: Simona Fossi)

Ancora un monologo, “Fosco (storia de nu mattu)”, scritto, diretto e interpretato da Peppe Fonzo con musiche di Flavio Feleppa: un “cunto” tra musica e parole per narrare le vicende di un uomo ai margini di un paesino di provincia del sud Italia.
I dialetti si mescolano, alle parole fa da contrappunto la musica per creare momenti comici, drammatici, malinconici. È un’esistenza segnata dalle privazioni e dalla fatica quella di Fosco, e i gesti di Feleppa in scena, le sue espressioni, ne delineano i contorni. Ma arriva per tutti, o dovrebbe arrivare, il momento di alzare lo sguardo e accorgersi che c’è altro, come una luna magica e splendente. Una fiaba che strizza l’occhio alla narrazione musicale di Domenico Modugno e ad alcune novelle pirandelliane come “Ciaula scopre la luna”.

Tra gli spettacoli visti a Collinarea anche il nuovo lavoro della compagnia Civilleri/Lo Sicco, “Boxe. Attorno al quadrato”, una storia che parte dalla boxe per raccontare l’inerzia, la mediocrità e l’incapacità di un gruppo di persone (e della società contemporanea) che, attorno a questo sport, ha costruito la propria esistenza senza sapere però come riuscire a fare un passo in avanti.
A questi uomini e donne sull’orlo del fallimento viene in soccorso un giovane di belle speranze, capace di tirare di boxe e risollevare (forse) le sorti del gruppo in declino, una sorta di “eroe del nulla” per una favola nera dove a scene d’insieme ben gestite e curate nei movimenti si alternano però alcuni momenti meno incisivi ed efficaci.

In scena a Lari anche il Teatro dei Venti. Il gruppo modenese ha proposto un’anteprima del nuovo “Pentesilea”, atto unico, suggestivo e dal forte impatto visivo per due trampolieri, ovvero Achille, il più valoroso degli eroi greci, figura dalla virilità taurina, guerresca, e Pentesilea, regina delle Amazzoni, colei che ama la pace ma opera lo strazio, metà furia e metà grazia.

E di questa rassegna di metà estate sulle colline toscane, che vedrà stasera la sua serata conclusiva, ci portiamo via la ricchezza di scelte meno consuete, di compagnie per certi versi ancora da scoprire, di suggestioni da assaporare.

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