Menoventi e gli infiniti livelli di finzione

Consuelo Battiston e Alessandro Miele (photo: Andrea Macchia - flickr.com/photos/festivaldellecolline)
Consuelo Battiston e Alessandro Miele (photo: Andrea Macchia - flickr.com/photos/festivaldellecolline)
Consuelo Battiston e Alessandro Miele (photo: Andrea Macchia – flickr.com/photos/festivaldellecolline)

Usciamo colpevolmente in ritardo con questo resoconto de “L’uomo della sabbia” visto al Festival delle Colline Torinesi nel mese di giugno. Colpevolmente perchè si è trattato, senza ombra di dubbio, di uno fra i lavori più interessanti, non solo al festival torinese, ma di tutta la produzione contemporanea italiana dell’ultima stagione teatrale.

Recentissimi vincitori del Premio Hystrio come migliore giovane compagnia, Gianni Farina, Consuelo Battiston e Alessandro Miele (in scena anche Tamara BalducciTolja Djokovic, Francesco Ferri e Mauro Milone) compiono un vero e proprio salto di qualità, rispetto ai precedenti lavori, in termini di ambizioni, complessità e anche esiti raggiunti.

“L’uomo della sabbia”, ispirato all’omonimo racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, è – prima di tutto o dopo tutto – un gioco labirintico attraverso le “visioni” del suo protagonista: Nataniele. Un gioco fondato su una macchina scenica abile, che permette di operare sui terreni del manifesto e dell’occulto.
Lo schiudersi e il celarsi dello spazio per mezzo del sipario svela un susseguirsi continuo di momenti e visioni che, immerse in un’atmosfera di fanciullesca inquietudine e sempre a debita distanza da una razionale interpretazione, convergono in modo esemplare verso un efficace intrigo delle percezioni. Come cercare di attribuire contorni finiti all’incalcolabile gioco di riflessi prodotto da due specchi disposti l’uno di fronte all’altro.

Scene vissute e ripetute si arrovellano in un eterno ritorno del recitato, discorsi che si rincorrono, frasi reiterate e balbettii costruiti ad hoc attorno ad una drammaturgia che coglie a pretesto l’occasione di una festa a casa del professor Spallanzani, docente di fisica di Nataniele. Attraversiamo terreni in cui l’apparente cifra rappresentativa prelude invece all’emergere di più livelli di finzione, mettendo alla prova l’immaginazione e l’attenzione dello spettatore. E, banalmente, fa capolino la curiosità di sapere se determinate situazioni siano capitate per caso, per errore o per precisa scelta. La risposta esatta è l’ultima, naturalmente, ma te ne rendi conto solo dopo un po’, quando la finzione ha ormai decisamente imboccato derive estreme e lo spettatore, spiazzato e frastornato, può finalmente operare uno scarto mentale, abbandonare il proprio ruolo di automa consumatore di convenzionalità teatrali e lasciarsi travolgere da questa particolarissima fiaba nera (“L’uomo della sabbia va dai bambini che non vogliono dormire gettando loro sabbia negli occhi”).
A far da collante, in un certo senso, tra pubblico e scena, è Claudio, l’uomo con la banana, quasi primo spettatore destinato a provare in scena le stesse vibrazioni di sconcerto del pubblico in sala, e a traghettarlo così nei meandri di questo vertiginoso incubo, replica di tutte le repliche.

Ne “L’uomo della sabbia” è in gioco il libero arbitrio e la veridicità del reale. Una fuga dal verosimile che determina una ulteriore ed importante evoluzione, da parte del gruppo diretto da Gianni Farina, a favore di un distacco perentorio da qualunque omogeneità narrativa convenzionalmente detta. Uno spettacolo in cui aleggia odore di zolfo, temperato dalla comicità surreale di certe situazioni, che automaticamente rimanda a temi orwelliani e alla letteratura sci-fi, come già tempo fa ci aveva confermato Gianni in un’intervista nella passata edizione del Festival delle Colline. Insomma, un sovrapporsi di concetti e visioni che vanno a comporre un vero e proprio gioco enigmistico a cerchi concentrici, capriccioso rompicapo scenico a cui abbandonarsi per essere irrimediabilmente trascinati in una dimensione altra.

Per chi volesse conoscere da vicino l’ultima opera di una delle migliori realtà creative italiane contemporanee l’appuntamento è a Santarcangelo dal 13 al 16 luglio. Rassegnandovi a far la nostra stessa fine: inghiottiti dal buco nero dell’immaginazione.

L’UOMO DELLA SABBIACapriccio alla maniera di Hoffmann
di: Consuelo Battiston, Gianni Farina e Alessandro Miele
regia: Gianni Farina
musiche: Stefano De Ponti
costumi: Elisa Alberghi
foto di scena: Arianna Lodeserto
con: Tamara Balducci, Consuelo Battiston, Tolja Djokovic, Francesco Ferri, Alessandro Miele, Mauro Milone
produzione: Emilia Romagna Teatro Fondazione, Festival delle Colline – Torino, Programma Cultura dell’Unione Europea nell’ambito del Progetto Prospero, Menoventi
durata: 1h 13′
applausi del pubblico: 2′ 24″

Visto a Torino, Teatro Gobetti, il 9 giugno 2012
Festival delle Colline Torinesi



Leggi “L’uomo della sabbia” di E.T.A. Hoffmann su Scribd
Ascolta le musiche di Stefano De Ponti

0 replies on “Menoventi e gli infiniti livelli di finzione”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *