Dall’Eurocommissario di Mugmetgoudentand alla Confraternita del Chianti, l’Europa per gioco

De Eurocommissaris (photo © Sanne Peper)|Play della Confraternita del Chianti
De Eurocommissaris (photo © Sanne Peper)|Play della Confraternita del Chianti

L’ipotesi di un’alternativa credibile all’Unione Europea. La ricerca di soluzioni, tra il serio e il faceto, ai difetti che riconosciamo alla nostra organizzazione sovranazionale. Un approccio graffiante alle complessità del Vecchio Continente, perché componga le forze centrifughe, si liberi del vecchiume frenante, diventi struttura più capace di affrontare i problemi dei singoli Stati membri.
Un’Europa capace di promuovere politiche inclusive e sostenibili, di veicolare lo sviluppo, di dialogare in modo assertivo con i colossi del pianeta, di dare impulso alla cooperazione e alla pace globale: a chi non piacerebbe?

Il festival Europa for dummies, di scena dal 5 al 17 novembre al Teatro Verdi di Milano dopo le tappe ad Amsterdam e a Târgu Mureș, in Romania, ha presentato lo sguardo sul nostro continente di cinque compagnie internazionali: la lettone Story Hub, la rumena Teatru 3G, la portoghese João Garcia Miguel, infine l’olandese Mugmetgoudentand e i padroni di casa di Confraternita del Chianti, che hanno chiuso il festival.
Le compagnie straniere hanno messo in scena ciascuna un monologo, in lingua nazionale sovratitolata. Hanno così animato quattro ritratti ben rifiniti di commissari europei: incapace e schizofrenica la lettone, arruffone e raffazzonatore il rumeno, visionario e utopista il portoghese, arguta e audace l’olandese. La Confraternita del Chianti ha invece optato per un gioco interattivo con il pubblico, fuori dai cliché del teatro convenzionale.
I risultati sono stati eterogenei. In tutti i monologhi proposti è mancato un approfondimento vero e proprio, fatta parziale eccezione per lo spettacolo olandese. Indubbiamente l’Europa è materia ostica e complessa da trattare. Né spetta al teatro proporre soluzioni. Europa for dummies riesce intanto nell’obiettivo di creare un punto di partenza. Mette in relazione esperienze e sguardi eterogenei. Porta questi sguardi in Paesi diversi e distanti tra loro. Il pubblico è chiamato allo sforzo – e alla sfida – di penetrare negli stili espressivi e nei meccanismi di esperienze artistiche particolari, che diventano occasione per approfondire quel tipo di teatro e la cultura nella quale è immerso. E poi è interessante carpire le peculiarità e la musicalità di lingue e accenti così diversi tra loro.

Si diceva dell’olandese Mugmetgoudentand. “De Eurocommissaris / L’Eurocommissario”, testo, regia e interpretazione di Joan Nederlof (regista associata Lineke Rijxman, scene di Christiaan Klasema) è uno spettacolo intraprendente, vigoroso e vitale. Sembra un commento audace sul funzionamento di una UE negli ultimi anni, forse al minimo della popolarità.
Il monologo presenta con arguzia l’Unione Europea, mostro dalle molte facce ma anche sistema rigido che non dà scampo. Nederlof mette in scena il flusso di pensieri della commissaria Charlotte Hajenius, personaggio immaginario.
In scena tre schermi video di varie dimensioni. L’attrice giostra dentro, fuori e attraverso di essi, anche con l’aiuto di una telecamera in presa diretta. Entra ed esce da se stessa. Personaggio e attrice interagiscono con l’aiuto di una parrucca esuberante, con una vistosa collana di perle, un sorriso tra l’ebete e l’isterico perennemente stampato sul viso. Joan e Charlotte dialogano con altre figure simboliche dell’Europa del passato e del presente, come Jean Monnet e Jacques Delors.
Lo spettacolo stigmatizza ridendo la pervasività dei social, il culto esasperato dell’apparenza, il mito della visibilità a tutti i costi. Comodamente seduta sul divano, senza nessun imbarazzo, Charlotte Hajenius studia i personaggi del passato. Osserva poi attentamente se stessa in televisione, per analizzare i punti critici dei suoi discorsi e diventare più credibile.
Joan/Charlotte rappresenta lo sdoppiamento schizofrenico tra autenticità e apparenza. Goffamente bloccata tra questi due estremi, l’attrice mostra sensibilità ed empatia quando interpreta sé; è invece cinicamente pragmatica quando impersona il commissario europeo, preoccupato solo di assecondare la pancia degli elettori e le fissazioni dell’opinione pubblica. Il nodo dello spettacolo sta anche nella dialettica e negli attriti fra interessi nazionali e obiettivi sovranazionali.
A tratti il monologo sembra annegare nella propria stessa complessità. E allora occorre qualche trovata geniale, qualche uscita sardonica, per rovesciare le perplessità dello spettatore in buonumore o nella risata fragorosa. Come quando l’eurocommissaria viene ripresa nella casa di villeggiatura in Italia della Nederlof, a suggellare la sodalità tra personaggio e interprete. O quando si evidenzia il potere demiurgico del teatro e si materializza sulla scena il personaggio di Angela Merkel, evocato diverse volte.
“De Eurocommissaris” è un rapido attraversamento di alcune tappe significative dell’Unione europea. È un percorso didattico, uno zibaldone geopolitico, una satira, un reportage. È una via d’uscita estrosa alle contraddizioni e alle pastoie provinciali che bloccano le nostre istituzioni, e impediscono ai cittadini di dare respiro internazionale al loro giudizio almeno quando votano come elettori europei. Uno spettacolo liberatorio, immaginifico, spiritoso, pur con un certo disordine drammaturgico e risposte improntate a una vaghezza pasticciata.

Play della Confraternita del Chianti
Play della Confraternita del Chianti

Serate teatrali piacevoli, non pretenziose, animate da un proposito spiritosamente idealistico, simpaticamente velleitario, sono anche le repliche di “Play”, della Confraternita del Chianti. La performance con Valeria Sara Costantin e Marco Pezza, ideata da Chiara Boscaro e Marco Di Stefano, dura un’ora precisa, con tanto di conto alla rovescia. L’Europa è rappresentata da una buffa testa fantoccio che campeggia sulla bandiera dell’Unione, cerchio di dodici stelle dorate su sfondo blu a rappresentare gli ideali di unità, solidarietà e armonia tra i popoli d’Europa.
Ma quanto conosciamo davvero questa istituzione? Quanto è facile costruire una proposta unitaria da presentare in Commissione a Bruxelles?
Un display al lato del palco avvia il countdown. Una voce fuoricampo illustra il senso della serata: dovremo elaborare tutti insieme, pubblico e artisti, una proposta di legge. Prima però dovremo mostrare di sapere almeno a grandi linee cosa significhi Europa. È una specie di test d’ingresso: sono domante ironiche, e sono accettabili risposte altrettanto ironiche. Dopodiché inizia il gioco vero e proprio. Ognuno di noi è dotato di tre cartelli colorati per votare e scegliere fra le proposte presentate dalla voce fuori campo e dall’accompagnamento gestuale dei due attori. Una sorta di Lis, ma anche per quelli che pensano di sentirci bene.
Alla fine sarà selezionata una proposta che sorprenderebbe gli assenti e lascia a bocca aperta i presenti. «È la democrazia, bellezza! E tu non ci puoi fare niente! Niente!». Parafrasare Humphrey Bogart in “L’ultima minaccia”, film del 1952 diretto da Richard Brooks, è il finale che ci viene in mente pensando a questa performance folle.
Riusciremo davvero, un giorno, a sentirci europei anziché troppo italiani, troppo francesi, troppo tedeschi o svedesi? Oppure, come diceva Paul Valery, «l’Europa diventerà quello che in realtà è, cioè un piccolo promontorio del continente asiatico»? Ai posteri l’ardua sentenza. Noi continuiamo a giocare. A sognare attraverso il teatro, ad immaginare un continente dove i confini non sono solo barriere, ma anche occasioni di scambio.
Prossime tappe di Europa for dummies il Teatro Iberico di Lisbona, dal 18 al 21 dicembre, e infine Riga, in Lettonia, nel mese di febbraio.

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