Gogmagog: una visione tragi-comica del presente e altri disastri

Sarebbe comico se non fosse tragico
Sarebbe comico se non fosse tragico
Sarebbe comico se non fosse tragico
La scena si apre su una desolazione di abiti, stracci e ritagli di giornali distesi sul pavimento, come elementi di un paesaggio annichilito ma dal forte impatto emotivo. Al centro, una valigia solitaria rafforza l’assenza e indica il viaggio, quello universale, degli uomini e della vita.

Basato su quattro atti unici (“La sagra della notte”, “La suonata e i tre signori o Come parlare di musica”, “L’A B C della vita”, “Una voce senza nessuno”) tutti di Jean Tardieu, poeta e drammaturgo d’avanguardia del teatro francese, “Sarebbe comico se non fosse tragico”, presentato in prima nazionale il 27 e 28 aprile al Teatro Studio di Scandicci (dopo un’anteprima a marzo a Prato), vede una nuova collaborazione tra la compagnia Gogmagog e la regia di Virginio Liberti.

La scelta dell’autore francese, a cui è stato lasciato poco spazio in Italia, è sicuramente considerevole per dar vita ad un connubio emblematico dei nostri tempi: l’apatia di una vita futile e borghese e il peso di una drammaticità che non fa che evidenziare i limiti della nostra percezione del mondo. Le tematiche delle origini, dell’incomunicabilità, della solitudine dell’essere umano ci appaiono iniettate di quell’angoscia metafisica e di quel pizzico di ironia sicuramente parte dell’universo dell’autore, e si dipanano in un’alternanza di ritmi dalla musicalità ben distinta. Il dramma si contrappone al comico, il nonsense diventa inquietudine, i dialoghi dei due personaggi maschili assumono la forma di una reiterazione divertente ed esasperante al tempo stesso. Rossana Gay, che incarna il ruolo drammatico, sembra contemplare, ipnotica, l’inevitabile fragilità dell’essere umano, mentre alle sue spalle Cristina Abati, bizzarra e inquietante, presagisce tempi di paura, di vuoto e di follia.    

Ma la scrittura scenica, che apre sicuramente una riflessione sulle tecniche teatrali e denota una ricerca personale negli elementi di astrattismo – fra cui spicca l’entrata in scena di un enorme cervo –  non arriva a colmare del tutto la necessità di assumere un ruolo innovativo e forse destabilizzante nell’affrontare alcune tematiche, quali quella dell’angoscia esistenziale, ormai usurate dalla retorica.
Lo spettacolo si rivela pertanto più interessante sul piano stilistico che contenutistico, lasciando qualche perplessità sul tipo di approccio al binomio esistenziale felicità-dolore.

Da sottolineare comunque la bravura degli attori, soprattutto delle già citate Cristina Abati e Rossana Gay, dotate di un’espressività magnetizzante.

Sarebbe comico se non fosse tragico

testi di Jean Tardieu: “La sagra della notte”, “La suonata e i tre signori o Come parlare di musica”, “L’A B C della vita”, “Una voce senza nessuno”
con: Cristina Abati, Rossana Gay, Carlo Salvador, Tommaso Taddei
costruzione per la scena: Cristiano Caria
regia: Virginio Liberti
con il contributo di: Teatro Metastasio Stabile della Toscana e Regione Toscana-Sistema Regionale dello Spettacolo
con la collaborazione di: Armunia/Festival Inequilibrio
durata: 1h
applausi del pubblico:  1’ 20’’

Visto a Scandicci (FI), Teatro Studio, il 28 aprile 2012


 

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