Still life. Sull’arte della precarietà teatrale

Still Life - 15febbraio
Still Life - 15febbraio
Still Life – 15febbraio (photo: Teatro I)
“Still life”, secondo episodio milanese del duo Valentina DianaLorenzo Fontana dopo il riuscito e recente “Servizio di pulizia o corpo sociale” è, più che uno spettacolo, un incontro.

«Troppo occupato per pulire il suo appartamento da solo? Affitti il nostro team di pulizia! per un’ora potrà restarsene tranquillo a casa sua, a bere e a godersi due attori al lavoro». Così si presentava “Servizio di pulizia o corpo sociale”, un innovativo spettacolo “da asporto”, nato dalla scrittura degli stessi attori sotto la guida della regista Claudia Hamm, di cui “Still life” è diretta conseguenza.

I due attori, si ipotizzano (o forse no) reduci dal successo ottenuto dal precedente spettacolo e da una ricca residenza che ha investito su di loro 25.000 euro. Contando le banconote che tengono nascoste tra scarpe e mutande, domandano a sé stessi e al pubblico che fare di questo denaro: “Hanno investito su di noi – racconta Valentina – ma noi cosa possiamo garantire?”.
Con indosso ancora il costume da domestici del precedente spettacolo, sottopongono i punti a loro favore: “Siamo una compagnia internazionale, la regista è di Berlino!”, i loro progetti e le loro incerte idee per il futuro.

Strategie di marketing, investimenti, swat analysis sono parole masticate dai protagonisti con aria interrogativa e sguardo perso, intenti a decifrare questa lingua sconosciuta e dal gusto quasi profetico. Passa tra le mani del pubblico, chiamato a partecipare a questo salotto economico gestionale, un business plan; si estraggono, sempre dalle tasche del pubblico, carte di credito; alcune somme e calcoli sui numeri di carta ed ecco risolvere l’enigma: il numero uscente servirà da conta per scoprire la lettera con cui cominciano le parole risolutrici nascoste in quella bibbia.
Ma il risultato è oscuro, ogni tentativo è stato fatto e bisogna passare al piano di scorta: una telefonata skype col guru del marketing.

Tra gag e assurdo navighiamo, attori e pubblico insieme, con grande umorismo e leggerezza nel mondo della mercificazione dell’arte e nella jungla attraverso cui le “giovani compagnie” devono passare. “Noi non siamo più tanto giovani, però ci hanno definito compagnia emergente” raccontano gli attori, “un modo carino per dire che non siamo ancora nessuno”.
E alle loro spalle, su di un improvvisato schermo, appare il grafico del ranking che segnala il valore, in tempo reale, che gli artisti hanno sul mercato.
Ha inizio una competizione, una gara alla stranezza per aumentare il gradimento del pubblico.

La formula usata dalla compagnia si propone di scardinante molti preconcetti teatrali del panorama italiano, tuttavia in “Still life” pecca un po’ di approssimazione. Si ha la sensazione di esser di fronte ad una bella idea, a numerose trovate, ma che manchi un filo trainante per il pubblico che, tra una gag e una riflessione, ogni tanto si allontana e raffredda.
Giochi semplici e una comunicazione quotidiana sono gli ingredienti di uno spettacolo che sa rompere gli schemi teatrali con semplicità e immediatezza. Il tutto appare volutamente improvvisato, dalla scena allestita in malomodo – con tanto di rana in terracotta rotta e fondale improvvisato – alla recitazione, anche se a tratti si ha la sensazione che improvvisato lo sia un po’ per davvero.
Un dialogo surreale ma assurdamente quotidiano e reale sul futuro e la precarietà del presente.
 
STILL LIFE
di Valentina Diana, Lorenzo Fontana, Claudia Hamm
ideazione e regia di Claudia Hamm
con Valentina Diana e Lorenzo Fontana
durata: 1h 10′
applausi del pubblico: 1′ 10”

Visto a Milano, Teatro i, il 15 ottobre 2012


 

0 replies on “Still life. Sull’arte della precarietà teatrale”
Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *